La guerre delle miniere in Perù – l'articolo di Zibechi

il: 2 Aprile 2013

Quando il vortice degli avvenimenti locali e globali tende a trasformare la quotidianità in caos, rendendo opachi i cammini, la resistenza di coloro che stanno in basso è il miglior nord per non perderci nella turbolenza. Queste resistenze permettono di capire sia le strategie delle classi dominanti sia i preziosi apprendimenti dei settori popolari, indigeni e contadini, rurali e urbani, e il modo in cui essi stanno cercando di correggere gli errori del passato e come stanno orientando la nave dei processi emancipatori.

I guardiani delle lagune, le ronde campesine, i fronti di difesa provinciali e dipartimentali e i comandi unitari di lotta sono alcune delle espressioni organizzative di questi movimenti. Gli scioperi locali, le consultazioni comunali, i blocchi stradali per impedire l’attività delle transnazionali minerarie, le marce e gli scontri diretti con le forze di polizia ed i militari, sono le forme di lotta impiegate dalle comunità e dalle popolazioni nella difesa della vita contro i progetti di morte delle imprese e dei governi.

Gli “stati di eccezione” e la militarizzazione di varie province fra il dicembre 2011 e il settembre 2012 si sono conclusi con 17 morti, come riferisce l’Asociación Pro Derechos Humanos (Aprodeh). Il governo di Ollanta Humala applica il Decreto 1095 messo in vigore dal precedente governo di Alan García che autorizza l’intervento delle forze armate nel controllo dell’ordine pubblico e identifica come gruppi ostili coloro che protestano, mentre le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di repressione vengono giudicate da tribunali militari.

I tribunali modificano le giurisdizioni dei processi contro i manifestanti, trasferendo i giudizi in altre province dove i familiari hanno grandi difficoltà a recarsi. Le grandi imprese minerarie come Yanacocha e Antamina realizzano accordi con lo Stato per impiegare effettivi di polizia in lavori di sicurezza privata, mostrando quale è il ruolo degli stati in questo periodo di accumulazione per rapina, distruzione e guerra. Nel distretto di Kañaris, nella nordica sierra de Lambayeque, in un solo giorno, il 25 gennaio, la polizia ha ferito 24 campesinos durante un blocco stradale per evitare che la canadese Candente Copper prosegua col suo progetto di sfruttare tre giacimenti di rame.

Le strategie repressive dall’alto si combinano con politiche sociali che nelle regioni in conflitto vengono chiamate Mesas de Desarrollo (Tavoli per lo sviluppo) a carico del Ministero dell’Energia e delle Miniere. Fino ad oggi esse sono state attivate nei dipartimenti di Apurímac, Cusco e Lambayeque dove esistono progetti minerari con lo scopo di portare la presenza dello Stato e migliorare la qualità della vita della popolazione e generare sviluppo e lavoro, secondo quanto ha dichiarato il viceministro di questo servizio, Guillermo Shinno (Agencia Andina, 22 gennaio 2013). Ma il vero obbiettivo di questi programmi sociali, che non sono esclusivi dei governi progressisti è, per bocca di Shinno, di evitare che questi elementi radicali continuino a ostacolare gli investimenti e lo sviluppo del paese.

e che i conflitti sociali legati a queste attività si sono trasformati in conflitti politici consistenti. L’informativa conclude che la strategia dello Stato per affrontare i conflitti locali non è cambiata molto: l’ipotesi principale che lo stato impiega e con cui cerca di spiegare i conflitti è quella del complotto, vale a dire che tutti i conflitti deriverebbero dalle stesse cause e causerebbero identiche strategie antiminerarie (cooperaccion.org.pe, 17 dicembre 2012).

Dopo oltre un anno di resistenza al progetto aurifero Conga, il centro della protesta si è trasferito nel distretto di San Juan de Kañaris, nel dipartimento nord di Lambayeque, la cui superficie è stata concessa per il 96% ad attività minerarie. Kañaris ha 15mila abitanti in 38 agglomerati, due terzi dei quali parlano solo quechua. Il 30 settembre la popolazione ha organizzato una consultazione degli abitanti nella quale il 95% della comunità ha rifiutato i progetti minerari e il 20 gennaio ha organizzato uno sciopero regionale con l’appoggio del Comando unitario di lotta di Lambayeque.

Quattro elementi da tenere in conto.

Il primo è che la consultazione si è trasformata in metodo di lotta, ma non ha alcuna relazione con il sistema elettorale: cerca di mostrare la coesione comunitaria contro le attività minerarie, non è un meccanismo statale ma comunitario e popolare attraverso il quale si consolidano posizioni e alleanze.

Il secondo è la comparsa di nuove forme di azione quali quelle che sono incarnate dai guardiani delle lagune, strettamente legate alle ronde campesine, che a turno si accampano a 4mile metri di altezza sfidando i venti e il freddo, la repressione delle imprese. Per proteggere le fonti dell’acqua e della vita.

Il terzo è che questi movimenti territoriali stanno formando una classe di dirigenti giovani, con forte presenza femminile, forte legame comunitario e solido controllo delle basi.

Infine, come nota Hugo Blanco, i gruppi locali hanno il vantaggio di essere più rappresentativi delle lotte reali e costituiscono i passi iniziali per un ri-aggruppamento dal basso. Quello che il sistema politico qualifica come frammentazione e localismo incapaci di modificare i rapporti di forza è un modo di eludere la burocratizzazione e la cooptazione proprie delle grandi strutture organizzative, perché quelli in basso chiedono di controllare sempre di più i propri dirigenti.

Il coordinamento si costruisce nelle lotte, in occasione delle quali si aprono spazi di interconnessione per potenziare le azioni, che subito si dissolvono per non farle appropriare da estranei. Sono alcune delle lezioni apprese dai quelli-che-stanno-in-basso-in-movimento nelle ultime decadi, per garantire la coesione comunitaria, senza la quale non vi saranno cambiamenti.

mininotiziario dell’America latina a cura di Aldo Zanchetta