Un Audit,l'Azienda speciale partecipata: ecco l'acqua bene comune che vogliamo

il: 5 Giugno 2013

Lettera al giornale L’Adige del 6.6.13

Gentile Direttore

viste l’evoluzione dell’affaire New Co. per la gestione di acqua e rifiuti a Trento – di cui oggi pomeriggio in Consiglio Comunale forse l’ultima battuta – sentiamo la necessità di fare un breve ma sintetico chiarimento su quello che sono le nostre posizioni come movimenti cittadini per l’acqua bene comune. Questo per evitare strumentalizzazioni – che provengano da destra o da sinistra – e per approfondire con maggiore precisione le proposte che come Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua abbiamo messo in campo dal 2007 ad oggi: posizioni che troppo spesso vengono utilizzate e piegate per finalità che non ci appartengono, ma che altrettanto frequentemente arrivano poco alla gente, per il poco spazio che i dibattiti sui beni comuni riescono a conquistarsi nei media nazionali e locali.

  1. Da un punto di vista strettamente normativo, il referendum ha abrogato con il primo quesito l’art. 23 bis della Legge n. 133/2008, relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica, ovvero l’ultima normativa approvata dallo scorso Governo Berlusconi che sostanzialmente metteva definitivamente sul mercato le gestioni idriche che non avevano ancora proceduto ad affidamento, o avevano affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti dovevano improrogabilmente entro il dicembre 2011, trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%, mentre le società miste collocate in Borsa, per poter mantenere l’affidamento del servizio, avrebbero dovuto diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015. Il secondo quesito, come è noto chiedeva l’abrogazione del full cost recovery, ovvero la remunerazione del capitale. Vinto il referendum – abrogativo – il vulnus normativo ci rimanda alle norme del diritto europeo, che prevedono tutte e tre le possibilità di gestione: miste, pubbliche, private.

    Dunque, il primo punto che vogliamo chiarire è che non c’è stata nessuna obbligatorietà imposta dall’esito referendario, per lo scorporo della gestione dell’acqua a Trento e il conseguente acquisto dell’acquedotto. Da un punto di vista politico però, è innegabile la necessità di una risposta concreta che tolga l’acqua dal mercato: lo hanno detto 27 milioni di persone in Italia ed11.000 in Trentino. Ecco perchè, se da una parte togliere un servizio come quello idrico dalle mani dei privati è sicuramente un passo in avanti, dall’altra ricadere in una Spa, benchè a capitale pubblico, non è una risposta che va nella direzione indicata dal voto del 12 e 13 giugno 2011 che chiedeva il superamento dell’orizzonte delle società per azioni. La nostra richiesta, come comitati dell’acqua, è stata quella della creazione di un’Azienda Speciale, perchè ente di diritto pubblico, che prevede la reimmissione dei profitti nella collettività e ci tutela dalla possibilità di svendite di quote a privati. Si diceva, sotto campagna referendaria: “oltre la dicotomia pubblico – privato: vogliamo un nuovo pubblico, partecipato”. Accanto all’azienda speciale, proponiamo la creazione di meccanismi di partecipazione ai processi di gestione, da parte dei cittadini e dei lavoratori.

  2. Ripubblicizzazione: come? La posizione dei comitati referendari rimanda alla Legge di iniziativa popolare, promossa nel 2007 da più di 400.000 persone, rimasta lettera morta per due anni, ora decaduta. Le indicazioni in essa contenute rimangono però valide, e verranno riprese in una pubblica assemblea a Montecitorio a Roma il prossimo 12 giugno, dove insieme a Stefano Rodotà verrà costituito un gruppo interparlamentare che riproponga la legge d’iniziativa sulla ripubblicizzazione del SII in Italia.

    Territorio per territorio, le situazioni sono poi molto eterogenee: si passa da situazioni più semplici, come la Arin Spa di Napoli, In House trasformata in Azienda Speciale proprio grazie al referendum, a situazioni più complesse, dove esiste il socio privato. Trento, con l’attuale Spa Dolomiti Reti – in mano pubblica al 60, 6%, il resto ai privati – è una di queste. Come Forum dei movimenti per l’Acqua abbiamo tentato di costruire un panorama di riferimento per la ripubblicizzazione – che va sicuramente costruita anche attraverso risorse pubbliche – proponendo un Fondo Nazionale per la ripubblicizzazione del Servizio Idrico che attraverso la Cassa Depositi e Prestiti – si calcola con il prelevamento di un miliardo di euro una tantum – permetterebbe la riacquisizione delle quote oggi cedute ai privati.

    Lo strano caso del Trentino però rimane in una cortina fumosa, in cui si parla di 37 milioni di euro per acquisire nuovamente l’acquedotto cittadino, malauguratamente ceduto ai privati anni fa, ma di cui non si spiega né l’origine di questa cifra, né da che parte verrebbero le finanze e quanto inciderebbero sulle spalle della collettività. Il rischio ora, viste le fortissime polemiche scatenate dalle opposizioni in Consiglio comunale, è che si butti via l’acqua sporca con il bambino: ovvero che per i discorsi strumentali di Lega e Pdl si receda completamente dalla via dell’uscita del privato dalla gestione idrica, e si rimanga con una Spa mista dove fra banche, A2A e Isa non ci facciamo mancare niente.

    Per capire quanto, come e se pagare a Dolomiti Energia del denaro per ripubblicizzare – veramente – il nostro aqcuedotto, la nostra proposta sarebbe quella di creare un percorso chiaro e partecipato, attraverso ad esempio un audit, uno strumento politico di autorganizzazione che afferma l’idea che tutti i cittadini e tutte le cittadine sono in grado di occuparsi del proprio futuro anche affrontando consapevolmente le tematiche economiche. Esperienze del genere sono state portate avanti con successo in America latina a partire dagli anni ’70, con l’audit ufficiale in Ecuador e l’iniziativa di un audit cittadino in Brasile. Ma anche a Parigi, il 14 gennaio 2012, quando è stata organizzata la prima giornata di attività avente come destinatari i comitati locali. Erano attese una cinquantina di persone; ne sono arrivate più di 120. Ad inizio marzo 2012, si sono già creati più di 110 collettivi locali. In Belgio le associazioni Attac e Cadtm – in prima linea nell’impegno per l’annullamento del debito illegittimo – hanno presentato un ricorso legale al Consiglio di Stato per annullare gli aiuti da 54 miliardi di euro deliberati dal governo transitorio – da oltre un anno – a favore della banca Dexia (già fallita una volta e salvata dallo Stato e ora di nuovo a rischio fallimento). Infine in Grecia, dove un Comitato è stato insediato circa un anno fa e una vera e propria campagna ha accompagnato le mobilitazioni degli ultimi mesi.

Francesca Caprini

Associazione Yaku

Comitato Acqua Bene Comune di Trento