Yasunì, Il parco delle speranze che in Ecuador ora rischia la fine

il: 8 Settembre 2013

Il parco nazionale Yasunì Itt (Ishpingo-Tambococha-Tiputini), polmone verde del pianeta riconosciuto dall’Unesco come l’area più ricca dal punto di vista, rischia la fine della sua integrità dopo che il presidente Rafale Correa ha deciso di riaprire  le porte allo sfruttamento petrolifero
L’indignazione del mondo per questa partita persa nella tutela delle foreste, della biodiversità e dei popoli indigeni.della biodiversità.

Il Parque Nacional Yasuní dell’Amazzonia ecuadoriana è una delle zone con maggiore biodiversità del pianeta. Diverse comunità indigene hanno al suo interno i loro territori ancestrali e sono lì che alcuni degli ultimi gruppi indigeni vivono in totale isolamento. Anche l’UNESCO lo riconosce come patrimonio dell’umanità per la sua importanza biologica e culturale unica al mondo.

 L’iniziativa di Correa minaccia direttamente tutto questo: un milione di barili di petrolio estratti dal cuore del parco mettono a repentaglio la sopravvivenza di uomini ed ambiente naturale in maniera irreversibile. E tutto questo, solo per dare altrui cinque giorni di consumo di petrolio mondiale…

Il presidente ecuadoriano di fatto si rimangia la parola: si era impegnato per non estrarre più petrolio nello Yasunì, in cambio di aiuti internazionali. Una mossa rivoluzionaria, promossa soprattutto da Accion Ecologica, storica associazione ambientalista ecuadoregna.

Correa ha invece deciso di riavviare lo sfruttamento petrolifero di un’area inclusa nello Yasunì Itt: colpa dei Paesi ricchi che, secondo il presidente dell’Ecuador, non hanno sostenuto la creazione d’un fondo che doveva raccogliere, in 12 anni, la metà degli oltre 7 miliardi di dollari che il Paese avrebbe invece intascato sfruttando i giacimenti che si trovano nel sottosuolo dello Yasunì. La nuova Costituzione dell’Ecuador, infatti, per la prima volta riconosceva i diritti fondamentali della Pacha Mama, la Madre Terra, e in base a questa politica il Paese aveva deciso di difendere il polmone verde dallo sfruttamento petrolifero, con beneficio per la salute del Pianeta intero, e per questo chiedeva aiuto ai governi di tutto il mondo


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Nel 2011, infatti, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp) aveva stabilito un fondo fiduciario per gestire le donazioni al progetto ma, ad oggi, sono stati raccolti solo 13 milioni dei 3,6 miliardi di dollari richiesti. La cosa, quindi, non si è realizzata nella misura prevista e ora l’Ecuador fa un passo indietro.

Inversione di rotta non incontra il favore della Germania: “Il governo della Repubblica Federale di Germania si rammarica per l’inizio dell’estrazione di petrolio nel Parco Nazionale Yasunì ed è convinto che ciò che accade nella riserva della biosfera sia una responsabilità dell’Ecuador”, ha dichiarato Munch.

Firma anche tu la dichiarazione per salvare lo Yasunì