Democrazia e montagna: il caso di Montagnoli in una tesi di Yaku

il: 1 Marzo 2014

Nelle Alpi e nel Complesso delle Dolomiti, un numero sempre maggiore di piste da sci è dotato di impianti di innevamento artificiale e già oggi alcuni comprensori sciistici sono in grado di innevare il 100% delle piste.

In origine, la neve prodotta artificialmente doveva servire ad attenuare alcune “debolezze” dell’innevamento naturale, soprattutto la sua imprevedibilità, ma ormai sempre più spesso l’innevamento naturale è visto come un’integrazione della neve artificiale e non viceversa. (Cipra, dicembre 2004) Gli inverni sempre più bizzarri, causa del cambiamento climatico crescente, chiedono una certa programmazione nell’innevamento delle piste e questo determina la necessità, per gran parte delle stazioni sciistiche, di investimenti per creare bacini di accumulo d’acqua da utilizzare in inverno. Nascono così i primi bacini naturali1 o pseudo naturali per prelevare l’acqua necessaria a garantire la copertura esatta delle piste sciabili, sempre più prese d’assalto da sciatori e amanti del turismo invernale.

Nella trattazione di questo elaborato si vuole analizzare la costruzione di un bacino di stoccaggio artificiale nell’area di Montagnoli per garantire l’innevamento della zona sciistiche di Madonna di Campiglio, zona denominata la “perla del Brenta” proprio per le sue caratteristiche naturali e paesaggistiche e riconosciuta insieme ad altri 8 sistemi dolomitici Patrimonio dell’Umanità nel 2009 dall’Unesco. L’area interessata per un 60 per cento è territorialmente pertinente al Comune di Ragoli e di conseguenza gestita dalla Comunità Le Regole Spinale Manez, per l’altro 40 per cento è protetta dal demanio del Parco Adamello Brenta. 

In particolare verrà presentato il caso Montagnoli, come caso di confitto ambientale che vede contrapporsi due concezioni differenti di sviluppo e di governo locale del territorio; da una parte troviamo la posizione forte e chiara della Società Funivie Madonna di Campiglio e delle Provincia Automa di Trento che vedono lo sviluppo turistico invernale come motore di crescita della Val Rendena e del territorio montano; dall’altra parte la posizione degli ambientalisti e dei vari comitati che si sono schierati contro l’invaso visto come sfruttamento eccessivo della montagna e dell’ambiente.
Inizialmente viene ricostruita la storia della creazione del bacino e le tappe fondamentali della vicenda nel loro sviluppo decisionale cronologico basando l’analisi su documenti ufficiali ( deliberazioni e mozioni comunali e provinciali) e di carattere tecnico ( progetto, varianti varie, studi di impatto ambientale), integrando quest’ultimi con un’analisi sociale degli attori che prendono parte al conflitto analizzandone i loro materiali divulgativi ( comunicati stampa, volantini, petizioni, media locali).
Concludendo si vuole sottolineare la mancata partecipazione dei cittadini alle decisioni e all’implementazione dell’opera. L’ascolto dei gruppi della società civile è confinato alle istanze previste dalle procedure formali e le decisioni vengono prese seguendo simbolicamente quella che in letteratura viene definita come SINDROME DAD: decisione-annuncio-difesa. (Bobbio, 2004 cap 5).

[SEGUE]