Evo vince le elezioni. Una vittoria contro il capitalismo e il colonialismo?

il: 6 Novembre 2014

Le elezioni politiche in Bolivia si sono consumate lo scorso 12 ottobre con l’indiscutibile vittoria del Mas (movimiento al socialismo) di Evo Morales  con più del  61% dei voti. Il partito al governo “Strumento politico per la Sovranità dei Popoli  (MAS-IPSP)” in una giornata di tranquilla partecipazione massiva della cittadinanza, ha chiamato alla urne quasi il 90% degli elettori a cui si sono aggiunti per la prima volta i Boliviani presenti in altri Paesi tra i quali Morales ha vinto con il  72,29%.

Una vittoria che ha assicurato al Mas i 2/3 dell’Assemblea Legislativa Plurinazionale in un clima disteso e tutt’altro che polarizzato, il cui tema centrale del dibattito politico è stato il così detto “Processo di cambio”. Ma quale è il significato di questa tornata elettorale alla luce della lotta anticapitalista e anticoloniale iniziata con la lotta popolare boliviana?

Il contesto e gli attori in campo

Nel periodo pre elettorale è necessario sottolineare due aspetti particolari: da un lato il tentativo di creare un fronte comune di opposizione al Mas (unidad opositora); dall’altro, nella misura in cui il panorama elettorale si andava conformando, l’auto candidatura a deputati e senatori di tanti personaggi politici dell’opposizione e persino l’ipotesi di candidature presidenziali in coppia. In questa prima fase  differenti leaders dell’opposizione si sono pronunciati pubblicamente per l’unità dell’ opposizione ( nidad de la oposición) e, chi più chi meno, (une mismo discurso) ad anteporre un progetto comune agli interessi di partito o personali; inoltre alcuni leaders si sono auto proclamati  “candidati” in base ai vari ed effimeri accordi politici che hanno potuto stringere con diverse correnti dell’opposizione, accusando paradossalmente gli altri attori di dividere il fronte dell’opposizione divisa fondamentalmente in tre partiti:  Unidad Demócrata (UD), Partido Demócrata Cristiano (PDC) e il Movimiento Sin Miedo (MSM). A queste tre si è aggiunto successivamente il nuovo Partido Verde de Bolivia – Instrumento de la Ecología Política (PVB-IEP).

L’UD, guidato dall’impresario del cemento Samuel Doria Medina e da Ernesto Suárez ex Governatore del Dipartimento del Beni può definirsi come una proposta di destra per la classe imprenditoriale e latifondista (propuesta de derecha pro empresarial y pro latifundista). Doria Medina è stato ministro della Pianificazione territoriale e capo del Gabinetto economico (1991-1993) del Governo di Jaime Paz Zamora, privatizzando 32 imprese statali in relazione alle direttive di organismi internazionali e del Governo Statunitense, alimentando il modello neoliberale e i propri interessi personali.  (32 empresas estatales en relación a los designios de organismos internacionales y el gobierno de Estados Unidos) beneficiándose de él en el camino. Mentre  Ernesto Suárez, figlio dell’oligarchia latifondista, è un politico proveniente da Acción Demócrata Nacionalista (ADN) del dittatore Hugo Banzer, è stato Prefetto del Governo dittatoriale di Banzer nel 1997 e governatore eletto  per Poder Democrático Social (PODEMOS) una forza politica nata dalla stessa ADN tra il 2006 e il 2010.

Il PDC è espressione del binomio politico di Jorge Tuto Quiroga e Tomasa Yarhui la cui impronta di destra è legata al banzerismo e alla dittatura, che malgrado si esprima mediaticamente in forma sottile, rappresenta la proposta e l’opposizione più radicale di destra (propuesta y la oposición más radical de la derecha). Quiroga proviene dalle fila di ADN, è stato un burocrate del Governo di Jaime Paz (1989-1993), vicepresidente della Repubblica tra il 1993 e il 2001, assumendo la carica presidenziale nel 2001 fino al 2002 e prendendo le redini di ADN dopo la morte del dittatore Banzer. Tomasa Yarhui è stata dirigente contadina e consigliera dello scomparso Movimiento Bolivia Libre (MBL), una scissione del Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR) di Jaime Paz e di posizioni incerte che hanno finito per sostenere il sistema neoliberale. E’ stata inoltre Ministro per gli interessi Agricoli nel 2002 per il Governo di Quiroga e Senatrice supplente eletta tra le file di PODEMOS nel dipartimento di Chuquisaca nella gestione 2006-2010.

L’MSM è espressione del binomio politico costituito da Juan del Granado e Adriana Gil in pratica una proposta considerata di centro (propuesta de centro). Del Granado, proveniente dal MIR è guadagnato un certo prestigio per aver promosso il processo contro il dittatore Garzia Mesa. E’ stato due volte Sindaco di la Paz tra il 1999 e il 2010 alleato del Mas nei primi anni di Governo. Adriana Gil, originaria di Santa Cruz, in cui è stata eletta senatrice dal 2004 al 2009 nelle file del Mas, ha rotto con il partito di Evo Morales cercando alleanza con il l’ex Prefetto di Cochabamba Manfred Reyes Villa, politico dell’ultra destra e implicato con le dittature del passato. Adriana Gil grazie a tali accordi è stata eletta senatrice a Santa Cruz e si è distinta per le feroci e costanti critiche al Governo.

Il PVB il partito ecologista è rappresentato da Fernando Vargas e Margot Soria. Fernando Vargas è un indigeno proveniente dal Territorio Indígena Parque Nacional Isiboro Sécure (TIPNIS) che nel 2011 sarebbe stato aggredito nel 2011 dalle forze di polizia durante una manifestazione indigena contro la costruzione di una strada all’interno del TIPNIS. Margot Soria è un’assistente sociale che nel 2007 ha fondato il Partido Verde de Bolivia che ha sostenuto la protesta contro la strada del TIPNIS.

E infine il Mas ripropone il binomio Evo Morales e Álvaro García Linera, la cui strategia politica è tesa ad allargare la base elettorale includendo anche fasce sociali medio-alte e accettando anche candidature tra le file degli imprenditori e dell’oligarchia boliviana.

Secondo alcune stime potrebbe addirittura bajo la tesis de la necesidad de ampliar su base electoral, abrió sus filas para el ingresos de sectores opositores, dando, por ejemplo, la posibilidad de la candidatura de empresarios privados y otros sectores privilegiados, buscando crecer de su tope electoral, que según sus analistas llegaría al 65% de la votación. Su propuesta es la continuación de la base de su gestión con mejores condiciones en la explotación de los hidrocarburos con lo que llamó nacionalización y la distribución de los excedentes a través de bonos, sumando a esto la apuesta hacia el fomento al desarrollo de tecnología y a la generación de energía para la exportación.

Las elecciones tuvieron como centro, entre oficialistas y opositores, los siguientes aspectos:

  1. Las desigualdades en recursos y medios para la propaganda proselitista entre los binomios opositores y el binomio oficialista, pues Morales, en su calidad de presidente, continuó con su agenda de entrega de obras y discursos conmemorativos en diferentes puntos del país.
  2. Ataques constantes por parte de las candidaturas opositoras al gobierno de Morales.
  3. Acusaciones mediática, como la de Samuel Doria de que el gobierno preparaba un “gasolinazo” (el alza del precio de la gasolina y el diesel debido a que el Estado ya no la subvencione) o la del MAS contra Doria Medina de que busca reprivatizar las empresas nacionalizadas.
  4. El tema de la violencia contra las mujeres y las acusaciones y contraacusaciones entre todos los candidatos, sobre todo porque un audio ponía en evidencia que Doria Medina amenazó a la ex esposa de su entonces candidato en La Paz, Jaime Navarro, para que deje sin efecto un proceso legal que ella le inició al mismo por violencia en su contra, llegando a un punto de rechazo popular tal, que Navarro renunció a su candidatura a diputado “para no perjudicar a Samuel”.
  5. El debate entre PDC y UD de cuál es la opción de oposición más viable (y radical), lo que representó una mutua descalificación y acusaciones de propiciar la dispersión del voto opositor.
  6. La posible aprobación de la re elección de Evo Morales en la próxima gestión a través de una posible reforma a la Constitución.
  7. Crítica permanente de la oposición al Tribunal Supremo Electoral (TSE).

En todo caso, como muchos medios de comunicación señalaron, las previas electorales “fueron aburridas”, capaz sobresaliendo tan sólo los cierres de campaña del MAS que aglutinaron a miles de centenares de personas en diferentes departamentos.

Los números

En una jornada tranquila, como señalamos anteriormente, los resultados de las elecciones presidenciales fueron:

 

Cuadro: Resultados de las elecciones presidenciales 2014 al 99,82%

Organización Política

Resultados (%)

PDC

9,07

PVB-IEP

2,69

MSM

2,72

MAS-IPSP

61,04%

UD

24,49

Fuente: OEP

El MAS-IPSP ganó en 8 de los 9 departamentos de Bolivia; en Chuquisaca con el 63,38%, en La Paz con el 68,92%, en Cochabamba con el 66,67%, en Oruro con el 66,41%[1], en Potosí con el 69,49%, en Tarija con el 61,48%, en Santa Cruz con 49,01%[2], en Pando con 52,09%. Mientras que perdió en Beni con el 41,49% frente a Unidad Demócrata del empresario Samuel Doria Medina que ganó con el 51,44%.

Con estos datos, podemos ver algunas diferencias con el anterior proceso electoral:

Cuadro: Votación del MAS-IPSP en 2009 y 2014

Departamento

2009 (%)

2014 (%)

Diferencia

Chuquisaca

56,05

63,38

7,33

La Paz

80,28

68,92

-11,36

Cochabamba

68,82

66,67

-2,15

Oruro

79,46

66,41

-13,05

Potosí

78,32

69,49

-8,83

Tarija

51,09

61,48

10,39

Santa Cruz

40,91

49,01

8,1

Beni

37,66

41,49

3,83

Pando

44,51

52,09

7,58

Fuente: Elaboración propia en base a datos del TSE

Por otro lado, dentro de las circunscripciones especiales compuestas por naciones y pueblos indígena-originario-campesinos se tuvieron los siguientes resultados

Cuadro: Votación 2014 del MAS-IPSP Circunscripciones especiales

Circunscripción especial

2014 (%)

La Paz

77,40

Cochabamba

87,78

Oruro

43,85

Tarija

81,73

Santa Cruz

66,31

Beni

68,92

Pando

70

Fuente: Elaboración propia en base a datos del TSE

En 2014, el MAS-IPSP alcanza el 61,04%, mientras en 2009 llegó al 64,22% esto a nivel Bolivia y el voto en el exterior. El ausentismo en 2009 fue del 5,45% y en 2014 fue del 11,23%.

El PVB y el MSM, al lograr tan sólo el 2,72% y el 2,69% respectivamente, incluso al 99,82% del conteo, no lograrían alcanzar el 3%, lo que, por un lado, se exigiría para mantener su personería jurídica y representaría su desaparición legal y, por otro lado, según la Ley de Régimen Electoral en su artículo 59, la pérdida de dos escaños parlamentarios conseguidos a través de la fórmula que designa diputaciones plurinacionales.

De esta manera, el MAS tendría 25 senadores de un total de 36 y aproximadamente, dependiendo de la resoluciones del TSE, 86 diputados de un total de 130, es decir, tomando los 2/3 de la Asamblea Legislativa Plurinacional y con la posibilidad de adquirir los escaños del MSM y el PVB por su pérdida de personalidad jurídica, alcanzando a 88 diputaciones que le darían los 2/3 en ambas cámaras del legislativo.

No está demás mencionar que con este escenario las mujeres conseguirían, por primera vez en la historia de Bolivia, el 50% de los curules.

Anécdotas y significados de las elecciones

Temprano en las elecciones, por lo menos en Cochabamba, UD a través de Arturo Murillo, candidato a primer senador en Cochabamba comenzaron denuncias por un malentendido para la certificación de delegados en las diferentes mesas de sufragio. Así, salieron algunas denuncias, que al pasar los días se demostraron como falsas.

Con los resultados, el MAS festejó su victoria con los resultados “a boca de urna” en una especie de victoria amarga debido a que sus expectativas electorales de más del 70% estuvieron lejanas de ser alcanzadas. También fue duro el golpe para el MAS en cuanto las diferencias del llamado “voto cruzado” que representó un gran apoyo al candidato presidencial, pero otra elección a la hora de elegir al candidato uninominal, lo que favoreció a la oposición con varios escaños parlamentarios.

Todo este marco apunta que la tesis de ampliación de la base electoral del MAS estaba equivocada y que la forma “masa electoral” no es lo mismo que la de movimiento social y es precisamente en ese sentido, que el proceso de cambio tuvo respaldo frente a las afrentas de los sectores de derecha. Esta característica es una diferencia con el proceso del nacionalismo revolucionario que pudo amasar a la masa obrera y campesina en su momento. De ahí, que el MAS haya bajado su apoyo en departamentos que hacían el grueso del bloque social revolucionario, mientras subió en aquellos departamentos en donde la derecha tuvo mejor raigambre.

Es de mención, que en las circunscripciones pertenecientes al TIPNIS, el MAS tuvo apoyo entre el 70 y el 80%, develando que las comunidades indígenas abortaron por completo las posiciones radicaloides impulsadas por externos durante las marchas en contra de la carretera. Sin embargo, se deja traslucir que gran parte de la votación del PVB y del MSM provinieron del caudal de votación del MAS que no aprobara su apertura a representantes de sectores empresariales y de derecha.

Por otro lado, el gran perdedor de las elecciones se tiene al MSM, que en la más escueta de sus proyecciones buscaba tener presencia por lo menos en el departamento de La Paz y que ahora, seguramente, perderá su personalidad jurídica por no alcanzar al mínimo de 3% de votación.

La derecha, por su lado, en la suma de la votación de UD y el PDC, alcanzó a un 33,56% que también puede ver como un bloque social, lo que es preocupante frente a un proceso que debería profundizarse.

Entre otros aspectos, el incumplimiento del TSE de entregar los resultados al 70% de las actas computadas el mismo día de la elección en horas de la noche y su entrega provisoria de los mismos una semana después, luego de varias observaciones, el reconocimiento de fallos, entre ellos el del sistema computacional, el “error de imprenta” en la papeleta en donde se puso plurinominal en vez de plurinacional, etc. permitieron a los partidos de oposición salir a la palestra pública a buscar argumentos para sus denuncias, llegando a definir el proceso como fraude, lo que claramente responde a buscar protagonismo en los medios de comunicación, ya que muchas de esas denuncias fueron descartadas y de que el propio proceso del voto y escrutinio hacen casi imposible manipular los resultados.

Es de mención que en este proceso las fuerzas de oposición, incluidos el PVB y el MSM que se habían autodenominado progresistas y de izquierda, terminaran unidos y preparando acciones conjuntas.

En este marco, ¿corresponde seguir asumiendo que la victoria lectoral ha significado un avance al proceso de cambio? ¿Otra Bolivia es posible? ¿El tiempo del pachakuti ha concluido? Esbocemos algunas hipótesis.

Los horizontes posibles y deseables

La forma movimiento social se ha sobrepuesto a la forma partido y la forma masa electoral, lo que es un aliento para seguir pensando que la decisión individual y colectiva de gran parte de la sociedad boliviana quiere un cambio y construir un horizonte diferente. Empero, esto se contradice cuando desde el propio MAS se imponen las miradas electoralistas, sin entender que la democracia liberal, es un medio y no un fin y que la democracia popular, comunitaria y “de las calles”, como diría un compañero, es la que debe prevalecer frente a la delegación y la representación, es decir, el “poder hacer”. Sería dañino que el MAS no lea la derrota electorera de este proceso.

Con todo, los movimientos sociales son los directos responsables de esta dónde puede avanzar el proceso, pues su capacidad de movilización, de discusión y definición de horizontes tienen antecedentes de victoria.

El ingreso de representantes de la empresa privada y otros a la Asamblea Legislativa, puede representar un peligro controlable en la medida que el impulso de las propuestas desarrolladas en procesos de debate y consenso hagan pie en el Ejecutivo y éste imponga, como lo hizo anteriormente, una dinámica que no permita las desviaciones. Esto en razón de que al parecer, la oposición podría perder cualquier protagonismo en la Asamblea debido a su reducida y aún sin norte representación parlamentaria.

A ello se suma que no hay un líder de oposición, pues los partidos opositores tienen su apoyo de manera regional y local, pero más debilitada que en la anterior gestión, así, como pasó antes, el peor enemigo del MAS puede ser el MAS.

También es necesario que sobre la agenda de los movimientos sociales queden para el debate y la acción permanentes la necesidad de construir una sociedad no capitalista, construir pues, el socialismo comunitario. Esta tarea debe ser la que incomode al conformismo y la comodidad del gobierno, pues, la raíz de la opresión, del subdesarrollo e incluso del colonialismo, se encuentra en el capitalismo, en la racionalidad valor-mercantilista, en la negación del trabajo y en la disposición que hace la globalización del capitalismo en nuestro país y en nuestra región.

En este camino es necesario discutir el tipo de desarrollo que se quiere, lejano, por supuesto, del antihumano ultrismo medio ambiental pro imperialista, pero también ajeno al desarrollo del festín capitalista del consumismo banal de los llamados países del primer mundo.

Por último, en resumen, éstas elecciones marcan más o menos las pautas de que se tienen dos bloques; uno minoritario, pero con vitalidad y, otro, mayoritario, indígena, campesino, originario, obrero y de las clases medias progresitas, dispuesto a defender el proceso. Con esto, es evidente que en la medida que las circunstancias lo permitan, existirán momentos de polarización que podrán resolverse por la vía electoral o el de la movilización.

Esta historia por escribir será posible en la medida en que, como decía Benjamín, los movimientos sociales entiendan que “el sujeto del conocimiento histórico es la misma cl

 


[1] Dato oficial provisorio debido a que 5 mesas de sufragio no se llevaron a cabo las elecciones debido a que fueron anuladas, no gravitando en los resultados al tratarse sólo del 0,35%. Las elecciones se repetirían el 26 de octubre.

[2] Con un dato oficial provisorio debido a que debe repetirse (el 26 de octubre) la elección en 44 mesas de sufragio debido a que fueron quemadas, sin embargo, a nivel departamental sólo representan el 0,64% de la votación.