Workshop su “restrizione degli spazi di agibilità della società civile, criminalizzazione delle ONG e attacco ai difensori dei diritti umani” 

il: 27 Ottobre 2017

a cura di In Difesa Di, per i Diritti Umani e chi li Difende e la partecipazione di Transnational Institute e Civil Society Europe

 

27 ottobre 2017, dalle 13.30 alle 18.00 presso CESV  via Liberiana 27, Roma

 

PROGRAMMA

 

 

14.00 inizio dei lavori

14.10  Introduzione, sul perché questo workshop ed obiettivi, il lavoro della rete in Difesa Di, e le scadenze del 2018 – Francesco Martone – IDD

Proiezione video Transnational Institute: https://www.youtube.com/watch?v=Ip4vAril47Q

 

14.30-15.30 La situazione della restrizione degli spazi di agibilità (shrinking spaces) nel mondo. Si può parlare di “shrinking spaces” o usare altri concetti? Come si restringono gli spazi? Chi li occupa? Quali le sfide per i movimenti e la società civile internazionale? –  Frank Barat e Ben Hayes – Transnational Institute

15.30-16.00 – domande/commenti dai partecipanti del Workshop

 

16.00-16.30 L’attacco alla società civile in Europa – Carlotta Besozzi, Civil Society Europe

 

16.30-17.00 Domande/commenti dai partecipanti del workshop

 

17.00-18.00 E l’Italia?

Sulla base delle informazioni acquisite e delle discussioni precedenti i partecipanti potranno condividere le loro esperienze dirette di “restringimento degli spazi di agibilità” di attacco ai difensori dei diritti umani nel paese, per permettere uno scambio di informazioni e per comprendere come possibilmente dar seguito a questo workshop.

18.00 conclusioni e next steps

 

 

 

Repressione, contrazione degli spazi di agibilità e difesa dei diritti umani, una sfida globale.

 

Nota a cura di Francesco Martone

 

In Difesa Di – Per i Diritti Umani e chi li Difende

 

Ottobre 2017

 

 

In un suo splendido editoriale sull’ultimo numero della rivista “liberal” statunitense Harper’s la scrittrice ed attivista Rebecca Solnit si cimenta con il tema dello spazio. Spazio fisico di agibilità, e spazio immateriale di compressione dei diritti. Tutto il potere, dice, “può essere inteso in termini di spazi. Spazi fisici, come anche le economie, le conversazioni, la politica – tutto può essere inteso come aree occupate inegualmente. Una mappa di questi territori costituirebbe una mappa del potere e dello status. Chi ha di più e chi ha di meno“, ed il“dominio dello spazio e del territorio da parte di chi ha potere può essere chiamato violenza strutturale”. La teoria basagliana definiva questa violenza strutturale come “crimine di pace”, altri la chiamano semplicemente, “necropolitica” termine coniato dal sociologo africano Achille Mbembe assieme a quello di “biopotere“. Spazi che si chiudono nella tenaglia tra “necropolitica” e “biopotere“. In gergo il termine usato è “shrinking space” un termine che però rischia di rielaborare un’urgenza ed un’emergenza politica globale in maniera asettica e per questo “depoliticizzata”. Chi è responsabile del restringimento di questi spazi di agibilità? Chi li occupa e popola quegli spazi? Solo quella che si può considerare secondo norma la società civile? In realtà anche la scelta delle terminologie ormai diventate ricorrenti anche tra fondazioni e agenzie di cooperazione, rischia – come sottolineato in un dossier del Transnational Institute – di invisibilizzare ancor di più quello che già di per sé è invisibile, chi quotidianamente lotta e resiste per i propri diritti e quelli della collettività.

Si calcola che almeno sei miliardi di persone nel mondo vivano in paesi dove la libertà di opinione, associazione, iniziativa sociale e politica, la possibilità di organizzare campagne per i diritti civili, sociali, ambientali sono in tutto o in parte negate. Paesi nei quali le autorità governative varano leggi draconiane per mettere al bando organizzazioni nongovernative, o per restringerne progressivamente la capacità di azione. Dalle intimidazioni, alle campagne denigratorie e di diffamazione a mezzo stampa, all’imposizione di condizioni sempre più stringenti per la rendicontazione delle fonti di finanziamento, a complicate procedure burocratiche, ricorrendo poi in casi estremi all’arresto, ed alla condanna per attività criminali, terroristiche o in qualche maniera considerate contro l’interesse nazionale e la sicurezza, gli strumenti per restringere questi spazi di agibilità sono tanti, e spesso ricorrenti. In gergo si definisce “shrinking space” o “closing space” per la società civile e più in generale per le libertà civili e democratiche. E’un leitmotiv, che ormai in varia intensità attraversa la gran parte dei paesi nel mondo, anche in quelle che dovrebbero essere considerate “democrazie liberali”. Torsioni securitarie, retorica nazionalista, xenofoba, rafforzamento delle formazioni populiste di destra rappresentano oggi una minaccia senza precedenti per le organizzazioni della società civile anche nell’Unione Europea. Ne è la riprova un recente dossier preparato dall’organizzazione Civil Liberties Union for Europe, dal titolo “Participatory democracy under threat:Growing restrictions on the freedoms of NGOs in the EU” che sottolinea la gravità degli attacchi ripetuti alle organizzazioni della società cibile in vari paesi membri dell’Unione Europea. Secondo il dossier, la restrizione degli spazi di agibilità per le organizzazioni della società civile è spesso accompagnata da misure volte a limitare la libertà d’espressione e di stampa e ad assicurare l’autonomia e l’indipendenza del potere giudiziario. Le organizzazioni più colpite sono quelle che lavorano per assicurare le libertà ed i diritti civili, quelli delle minoranze, dei rifugiati e dei diritti LGBTI e delle donne. Il rapporto fa anche riferimento esplicito alle campagne di diffamazione e criminalizzazione delle organizzazioni che accolgono e prestano solidarietà ai migranti e rifugiati nel nostro paese stigmatizzando come pratica discriminatoria la creazione dell’albo delle ONG che operano per il salvataggio di migranti in mare. Ed anche di come tale campagna abbia alterato significativamente la percezione dell’opinione pubblica italiana verso l’operato delle ONG, pregiudicandone anche importanti fonti di autofinanziamento.

Questi dati allarmanti riflettono quanto riscontrato anche nel primo rapporto dell’Ufficio dell’OSCE per la Democrazia e i Diritti Umani, relativo alla situazione dei difensori dei diritti umani nei paesi OSCE, il primo mai prodotto. Un documento importante anche in vista della prossima presidenza italiana dell’OSCE nel 2018, occasione per rilanciare con forza un’iniziativa ampia della società civile italiana sui temi dei diritti umani, e della difesa dei difensori dei diritti umani. Orbene il rapporto OSCE per il 2014-2016, intitolato The Responsibility of States”: Protection of Human Rights Defenders in the OSCE Region (2014–2016)  denuncia l’aumento registrato negli ultimi tre anni degli attacchi ai difensori dei diritti umani  nei paesi membri OSCE da parte di attori statuali e non-statuali, in particolare – come anche sottolineato da Civil Liberties Union for Europe – contro chi difende i diritti delle donne, delle minoranze etniche ed i diritti LGBTI.  Se ciò non bastasse, secondo quanto denunciato da Global Witness e dal Guardian, che tiene una conta aggiornata degli attivisti ambientalisti ammazzati in ogni parte del mondo, il 2017 si avvia ad essere l’anno più sanguinoso di sempre, con 153 difensori della terra uccisi (dato aggiornato ai primi di ottobre) per essersi opposti a progetti di estrazione di risorse, agribusiness, grandi opere. La maggior parte dei difensori e difensore dei diritti umani uccisi nel mondo sono attivisti ambientalisti e difensori della terra, di questi la maggioranza rappresentanti di comunità indigene.

 

Ad aprile di quest’anno CIVICUS aveva reso noti i dati raccolti nel corso del 2016. La loro pubblicazione ha un titolo eloquente “People Power under Attack” (il potere del popolo sotto attacco).

Secondo CIVICUS,  solo il tre percento della popolazione mondiale vive in paesi dove lo spazio di agibilità ed iniziativa “civica” può considerarsi “aperto”. Sono ben 106 i paesi dove chi si mobilita pacificamente rischia la galera, la morte o la repressione. Dei 195 paesi monitorati da CIVICUS in 20 lo spazio di agibilità è chiuso, represso in 35, ristretto in 63, ed “aperto” in solo 26. Oltre sei miliardi di persone vivono in paesi dove l’agibilità politica e civica è chiusa, repressa o ostruita.

 

I dati di CIVICUS rivelano con chiarezza la responsabilità degli apparati di stato nell’assalto sistematico a chi, individui o movimenti, critichi l’autorità, svolga attività di monitoraggio dei diritti umani, o rivendichi i proprio diritti sociali ed economici. Il più recente rapporto sullo stato della società civile nel mondo sempre a cura di CIVICUS, va oltre ed identifica nella crescita del populismo e dell’estremismo sciovinista una delle cause dell’aumento della sfiducia verso la società civile, pretesto per attacchi allo spazio di agibilità civica.

 

Per quanto riguarda l’Italia, la recente campagna di criminalizzazione delle organizzazioni non governative e della società civile che fanno soccorso in mare, o solidarietà con migranti e rifugiati potrebbe non essere un caso isolato bensì  la manifestazione estrema  di un “trend” che si è insinuato in maniera insidiosa anche nel nostro paese. Dalla criminalizzazione ed intimidazione verso comitati e movimenti per la protezione dell’ambiente e del territorio (ad esempio No TAV o No TAP), o di alle minacce a giornalisti o avvocati da parte della criminalità organizzata o la proposta di legge per la criminalizzazione della campagna BDS e di chi la sostiene, anche nel nostro paese iniziano a palesarsi i sintomi di una dinamica preoccupante. Sempre secondo CIVICUS, nel nostro paese nella prima metà del 2016 le principali libertà civili di associazione, riunione ed espressioni sono generalmente rispettate, ma sussistono alcune problematiche. Dalla discrezionalità nelle operazioni di ordine pubblico, all’uso eccessivo della forza in occasione di proteste di piazza. Occasionalmente difensori e difensore dei diritti umani soffrono minacce e intimidazioni. Anche il rapporto sulla situazione dei difensori dei diritti umani nei paesi OSCE riporta alcuni casi relativi all’Italia tra cui le denunce di un’organizzazione di donne ROM e sottolinea anche i rischi per la libertà di associazione rappresentati dall’attuale legislazione sulle manifestazioni di piazza, e l’obbligo di notifica preventiva. Preoccupa a tal riguardo l’assenza in Italia (a differenza della grande maggioranza dei paesi OSCE) di un’Autorità nazionale indipendente per i diritti umani, come richiesto da importanti risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Dopo anni ed anni di discussioni e dibattiti parlamentari, si era giunti ad una possibile mediazione che avrebbe permesso di approvare un disegno di legge per istituire l’Autorità, ipotesi “congelata” assieme ad altre importanti iniziative legislative sui temi dei diritti civili.

 

Per tutto questo oggi proteggere i difensori della terra, dell’ambiente, dei diritti umani è un compito urgente, una sfida essenziale anche per la politica e per il settore privato, oltre che per la società civile nel nostro paese. Il prossimo anno l’Italia presiederà l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) che attribuisce grande rilevanza al tema dei difensori dei diritti umani nei suoi paesi membri, tra cui vanno annoverati seppur con modalità diverse, paesi come la Turchia, l’Egitto, la Polonia, o l’Ungheria. E non solo, il 2018 marcherà il 20esimo anniversario della Dichiarazione ONU sui Difensori dei Diritti Umani occasione imperdibile per rilanciare con forza il tema della difesa dei difensori dei diritti umani e della tutela degli spazi di agibilità “civica” chiedendo al governo, al Parlamento ed agli enti locali uno sforzo collettivo per questa importante campagna di civiltà politica e sociale.

 

 

 

Materiali di approfondimento

 

Transnational Institute: “On shrinking space: a framing paper” (traduzione in Italiano disponibile a breve)

https://www.tni.org/files/publication-downloads/on_shrinking_space_2.pdf

 

Global Witness, The Guardian:  https://www.theguardian.com/environment/2017/oct/11/2017-deadliest-on-record-for-land-defenders-mining-logging

 

Rapporto OSCE per il 2014-2016, The Responsibility of States”: Protection of Human Rights Defenders in the OSCE Region (2014–2016) http://www.osce.org/odihr/341366

 

Civil Liberties Union for Europe, “Participatory democracy under threat:Growing restrictions on the freedoms of NGOs in the EU” https://www.liberties.eu/en/news/participatory-democracy-under-threat-summary/12755

 

Civicus Monitor, “People power under attack”: http://www.civicus.org/images/People_Power_Under_Attack_Findings_from_the_CIVICUS_Monitor.pdf

 

Civicus, “State of Civil Society in the world, 2017” http://www.civicus.org/index.php/state-of-civil-society-report-2017

 

 

 

 

 

 

 

 

Area degli allegati

Visualizza anteprima video YouTube Rethinking shrinking space

Rethinking shrinking space