Dall’Italia alla Colombia, donne per una pace bene comune

il: 16 Gennaio 2019
E’ in corso da oltre un anno; è stato fino ad oggi intenso, sorprendente, necessario. Ed ora è alla sua fase finale: è il progetto di interscambio “Donne per una Pace Bene Comune fra Italia e Colombia”, che dal novembre del 2017 ha voluto costruire un percorso fatto di connessioni, formazione ed incontri fra donne ed attiviste colombiane e trentine, e che oggi – dopo che a maggio tre attiviste colombiane sono state protagoniste di una serie di incontri a Roma e in Trentino – vede una delegazione  arrivare in Colombia. 

“Donne per una pace bene comune fra Italia e Colombia” è un progetto promosso da Yaku e appoggiato dalla Provincia Autonoma di Trento. E’ stato sviluppato insieme al Centro per la Cooperazione Internazionale e conta collaborazioni con il Centro Studi Difesa Civile, l’Università di Trento – Dipartimento di Sociologia, la rete In Difesa Di, i comuni di Tenna, Caldonazzo e Calceranica, la Casa Internazionale delle Donne di Roma e quella di Rovereto, numerose scuole trentine. Ed ha visto una proficua collaborazione con l’OltrEconomia Festival, che la scorsa edizione ha ospitato le tre attiviste colombiane in una partecipata conferenza dedicata alla connesione fra estrattivismo ed ecofemminismo.

L’idea del progetto nasce dalla necessità storica e politica di leggere con una visione di genere le lotte sociali in difesa dell’ambiente e dei beni comuni che nel mondo stanno registrando il protagonismo di movimenti femminili e femministi e di organizzazioni di donne. In America latina in particolare – dove Yaku lavora da anni con le comunità indigene, afrodiscendenti e contadine – sono le donne ad essere in prima linea per difendere l’acqua, la terra, la vita. E in Colombia, dove le attività della Onlus trentina si concentrano maggiormente, il processo di pace in corso prevede esplicitamente l’appoggio economico e politico alle donne, protagoniste della ricostruzione della pace nel Paese. Ecco perchè un interscambio che mettesse in connessione ciò che sta succedendo in diverse parti del mondo, rispondeva ai requisiti non solo di processi di reciprocità e solidarietà, ma anche di condivisione di visioni ed esperienze di un fenomeno sociale, politico e culturale che sta crescendo sotto i nostri occhi. E che vede nella lotta contro la violenza di genere, nella difesa delle risorse e nella necessità di un cambio paradigmatico delle economie e delle politiche per una giustizia sociale ed ambientale, i suoi fulcri più importanti.

Il percorso di interscambio fra donne colombiane e trentine si è concretizzato in una ricca offerta formativa, sviluppata con il Centro per la Cooperazione Internazionale di Trento e la proficua collaborazione con l’Assessorato alle Pari Opportunità e il Servizio Solidarietà Internazionale. Attraverso un bando è stata aperta a una trentina di persone la formazione e la partecipazione alle iniziative pubbliche, con ospiti internazionali, studiose/i, attiviste/i; da queste trenta, sono state selezionate due ragazze che per merito e curriculum hanno totalizzato il punteggio migliore.

Le due ragazze selezionate sono Michela Lonardi e Marzia Deflorian.

Laureata in Economia e scienze sociali con una tesi sul fenomeno del land grabbing, ora studia Human Rights and Multi-level Governance presso l’Università di Padova . Appassionata di diritti umani, politica internazionale e cooperazione solidale, ha frequentato il corso in Genere e cooperazione internazionale promosso dal CCI in preparazione alla partenza. Interessata in particolar modo alla situazione colombiana, ai diritti delle donne e delle comunità indigene, partirà con YAKU per la sua prima esperienza di cooperazione internazionale.

Leggi il contributo di Michela.

Marzia Deflorian, laureata presso l’università di Bologna nei corsi di Antropologia e Scienze internazionali e diplomatiche ha già preso parte a diversi progetti in Italia e all’estero, dal Kurdistan turco al Messico, dalla Palestina al Nord Africa. Specializzata nelle questioni di genere ha scritto la tesi di laurea triennale sulla situazione delle donne nel Rojava, ha svolto un tirocinio presso l’ufficio de igualdad del Comune spagnolo di Pobra do Caraminal e partecipato a diversi corsi di approfondimento sul ruolo del gender e delle donne nella cooperazione internazionale. Ha inoltre concluso da pochi mesi uno stage di tre mesi presso l’Ambasciata d’Italia a Città del Messico e svolto attività di ricerca in California presso la San Josè State University, approfondendo il tema del comportamento di voto della comunità latina negli anni Duemila, con particolare attenzione rivolta alla componente femminile. 

Leggi il contributo di Marzia.

“Donne per una pace bene comune fra Italia e Colombia” ha dato avvio ad un tessitura di contatti, esperienze e testimonianze per costruire resistenza, consapevolezza, ma anche nuovi rapporti ed amicizia interpersonali.

QUI  E QUI ALCUNI DEGLI INCONTRI DI FORMAZIONE NEL 2018

La conferenza internazionale “Donne In Difesa Di” , organizzata da Yaku il 24 novembre del 2017 al Centro per la Cooperazione Internazionale per omaggiare la giornata internazionale contro la violenza di genere, aveva come ospite d’eccezione l’attivista ed ingegnere ambientale Tatiana Roa Avendano, presidente dell’associazione  ambientalista colombiana Censat Agua Viva, e il portavoce della rete In Difesa Di Francesco Martone: Tatiana ha denunciato con forza la spirale di violenza che in Colombia sta falcidiando centinaia di leaderessas comunitarie: l’attivismo delle donne si pone in netto contrasto con le politiche estrattiviste e la cultura patriarcale e machista in cui affonda le radici la violenza. L’appello è stato raccolto dalla rete In Difesa Di, di cui Yaku fa parte, e che da due anni si è organizzata in una piattaforma di azione e difesa per coloro che nel mondo lottano per la difesa dei diritti umani ed ambientali. Il progetto di interscambio dunque, vuole anche contribuire alla denuncia e alla lotta globale che vede le ed i difensori dei diritti umani ed ambientali, sempre più nel mirino di minacce, violenze ed assassinii mirati.

Nel maggio del 2018, tre donne colombiane – attiviste, contadine, afrodiscendenti, esponenti in varia maniera di percorsi di resistenza ed auto organizzazione femminile delle comunità colombiane – ci hanno fatto visita, incontrando le ragazze iscritte al percorso di interscambio, ma partecipando anche a molti incontri pubblici.

QUI LE INTERVISTE DI GLOBAL PROJECT ALLE TRE OSPITI COLOMBIANE, JULIANA CHAPARRO DELLA COMMISSIONE DI GIUSTIZIA E PACE COLOMBIA, NIDIRIA RUIZ DELL’ASSOCIAZIONE FEMMINILE AINì DEL BAJO NAJA E MAGOLA RANDA, DELLE DONNE COCALERE DEL PUTUMAYO, COLOMBIA

LABORATORIO AMERICA LATINA

Nonostante la spoliazione e l’aggressione ai territori sia una costante nella storia della colonizzazione in America latina, negli ultimi anni i progetti estrattivisti sono cresciuti enormemente in tutto il continente per opera delle politiche neoliberiste. Nelle ultime decadi, la massiccia presenza delle donne e del loro ruolo da protagoniste nella difesa del territorio ha guadagnato visibilità proporzionalmente a quanto si è acuito il processo di espropriazione. Le loro voci  rivelano l’impatto che le attività estrattiviste producono nelle relazioni di genere e nella vita delle donne.

Da sud a nord le vene dell’America Latina continuano a sanguinare. Progetti estrattivisti, minerari, idrocarburiferi o agroindustriali si moltiplicano lungo tutto il continente latinoamericano ad opera di aziende transnazionali alle quali si sono aggiunte, negli ultimi anni, imprese statali. Se c’è una cosa nella quale convergono i governi neoliberisti e progressisiti della regione, è nel consolidamento di un modello di neo – sviluppo la cui base è l’estrattivismo. L’altra faccia di questo processo di estrazione e esportazione su grande scala è il fenomeno di sottrazione accellerata del territorio e dei diritti delle popolazioni locali colpite.

Nonostante le donne siano state presenti nei processi di resistenza socio – ambientale contro i progetti estrattivisti, le loro dinamiche di lotta non sempre sono state visibilizzate in modo adeguato. In ogni caso, nelle ultime decadi, la massiccia presenza delle donne e del loro ruolo da protagosniste nella difesa del territorio ha guadagnato visibilità proporzionalmente a quanto si è acuito il processo di espropriazione.

Le loro voci che provengono da una pluralità di approcci e posizioni, rivelano l’impatto che le attività estrattiviste producono nelle relazioni di genere e nella vita delle donne. Alcune si ritrovano nel femminismo popolare e comunitario, altre partono dall’ecofemminismo e molte non si riconoscono come femministe in forma esplicita. Però, tutte loro, partendo dalla loro diversità, condividono l’orizzonte verso una lotta post – estrattivista, che libera dal colonialismo, antipatriarcale, e si legittimano all’interno della resistenza. Il loro apporto principale: portare alla luce i vincoli di prossimità tra estrattivismo e patriarcato. Per altro, il modello estrattivista comporta la militarizzazione dei territori, e le donne si trovano a dover fare i conti con la violenza in modo specifico, per la loro condizione di genere. Questo include, in molti casi, aggressioni fisiche e sessuali da parte delle forze di sicurezza pubbliche e private. Secondo questa prospettiva, sia la terra che il corpo della donna sono considerati come territori sacrificabili. A partire da questo parallelismo, i movimenti femministi contro i progetti estrattivisti hanno costruito un nuovo immaginario politico e di lotta che si concentra nel corpo delle donne come il primo territorio da difendere. Il recupero del territorio – corpo come primo passo indissociabile nella difesa territorio – e della terra. Una reinterpretazione nella quale il concetto di sovranità e autodeterminazione dei territori si amplia e si vincola ai corpi delle donne.

La penetrazione dell’industria estrattivista nei territori espropria e disarticola le economie locali. Rompe con le modalità precedenti di riproduzione sociale della vita, che si orientano nuovamente in funzione della presenza centrale della compagnia. Questo processo istituisce nelle comunità un’economia produttiva altamente maschlizzata, accentuando la divisione sessista del lavoro. Le restanti economie non egemoniche – l’economia popolare, per esempio – che fino a questo momento hanno avuto un certo peso nelle relazioni comunitarie, assumono un ruolo marginale. In un contesto dove i ruoli tradizionali di genero sono profondamente radicati e dove il sostentamento della vita si trova subordinato alle dinamiche di accumulazione dell’attività estrattivista, gli impatti socio – ambientali come l’inquinamento delle sorgenti d’acqua o l’aumento delle malattie, incrementano notevolmente il carico di lavoro domestico e di attenzione quotidiana, appannaggio delle donne.

QUI L’ARTICOLO DE IL TRENTINO

INTERSCAMBIO E CONOSCENZA

Ecco perchè diventa quantomai importante cominciare a condividere visioni ed azioni fra donne, movimenti e studentesse/i di ogni parte del mondo: “Il progetto Donne per la Pace Bene Comune fra Italia e Colombia” da oggi fino al 6 di febbraio vedrà Marzia e Michela partecipare agli incontri di organizzazioni femminili comunitarie nelle regioni del Cauca, del Putumayo e del Bajo Naya.

QUI IL PROGETTO COMPLETO