«In Colombia si sta consumando un genocidio»

il: 20 Novembre 2019

di Francesca Caprini per Il Manifesto

E’ come una scossa tellurica quella che sta attraversando l’America latina in questi mesi, ed ha un ritmo indigeno.

Lo dimostra la giornata del 21 novembre, che sarà Paro Nacional in Colombia, promosso in primis dal CRIC – il Consiglio Regionale Indigeno del Cauca – all’indomani dell’eccidio di otto Nasa lo scorso 29 ottobre, fra cui la giovane governatrice Cristina Bautista, autorità ancestrale Neehwe’sx del territorio indigeno Tacueyó. Lo sciopero nazionale nato sull’onda dell’indignazione indigena, è oggi appoggiato da quasi tutti i settori sociali colombiani.

Ed anche la Bolivia – dopo Venezuela, Honduras, Ecuador e Cile – è in fermento, con i cocaleros che chiamano ad uno sciopero indefinito dopo la cacciata del Primer Mandatario Evo Morales dopo le elezioni del 20 ottobre, e l’instaurazione di un governo ad interim con la senatrice di destra Jeanine Áñez.  Gli ultimi giorni di proteste hanno causato 23 morti – centinaia i feriti e gli arrestati. L’esercito ha represso con violenza i manifestanti, contando sull’appoggio della mandataria che si è affrettata ad emanare il Decreto 4078 con il quale ha esonerato le forze armate da eventuali conseguenze penali. Un atto non da poco per una presidenta che nel suo discorso di insediamento aveva agitato la Bibbia e la carità cristiana, contro la wiphala degli indigeni. Ma è proprio la wiphala – la bandiera multicolore del Tahuantisuyo, l’antico impero incaico – ad averle risposto, minacciando di bloccare il Paese insieme a studenti, operai e movimenti femministi. 

Complesso anche quello che accade in Colombia, straziata da un conflitto interno che non ha smussato i suoi picchi di violenza con lo sdoganamento degli Accordi di Pace fra governo e Farc nel 2016 ma anzi, sta conoscendo una nuova epoca di efferata violenza che vede nel continuo assassinio di leaders indigeni uno dei tasselli principali.

Ce lo racconta bene Aura Tegria, sindaca neoeletta di Cubarà – capoluogo della regione di Boyacà – ed esponente del Popolo indigeno U’wa. L’avevamo incontrata tempo fa nel resguardo del suo popolo, ai confini col Venezuela. Già allora era la prima donna U’wa ad essere diventata avvocatessa, e come tale appoggiava la resistenza della sua gente. Lei è una delle due indigene diventate sindaco nelle ultime amministrative della Colombia, lo scorso ottobre. Un evento straordinario, così come l’elezione nella stessa tornata di Claudia Lopez a sindaca di Bogotà: prima donna a governare una capitale latinoamericana, ecologista e dichiaratamente lesbica: “Nel nostro Paese si sta consumando un genocidio indigeno – ci racconta Aura – noi proteggiamo la Madre Terra, e vogliamo il rispetto degli accordi di pace, che il Governo Duque non ha mai appoggiato. Il conflitto si è complicato, con nuovi cartelli del narcotraffico, neoparamilitarismo e la ripresa delle armi da parte di alcuni settori delle FARC. Noi siamo in mezzo, abitiamo terre ricche di risorse ma promuoviamo la pace e la sacralità della Natura: per questo i popoli indigeni in Colombia vengono criminalizzati, insultati, uccisi”. 

E gli U’wa lo sanno bene: all’inizio del millennio, è diventata famosa la loro battaglia contro la multinazionale petrolifera Oxi, che in spregio alla Costituzione voleva appropriarsi delle loro riserve petrolifere – per gli U’wa, il sangue della terra. Per mesi si opposero pacificamente all’entrata dei macchinari e dell’esercito, ma vinsero – al duro prezzo di decine di morti: “La situazione è sempre difficle: nuovi pozzi, gasdotti e l’oleodotto del Caño Limón, minacciano ancora l’integrità del nostro territorio. Come la maggior parte dei popoli originari soffriamo la povertà, non abbiamo accesso a salute e degna educazione, perché privatizzate. L’unica presenza che il Governo prevede è quella della militarizzazione”.

Le organizzazioni per i diritti umani hanno lanciato nei giorni scorsi un grido d’allarme: dei 700 e più leaders comunitari ed ex combattenti assassinati dalla fine dei negoziati di pace ad oggi, 200 sono indigeni. Ecco perché Aura è orgogliosa della sua elezione, sa che la posta in gioco è alta:  Essere sindaca è un passo in avanti per il mio popolo, ma soprattutto per noi donne: essere lideresa è un onore, ma è anche pericoloso. Non solo per il conflitto, ma per il machismo e i pregiudizi che dobbiamo superare. Ed ecco perché il Paro di domani è importante: sappiamo che gran parte del Paese è stufo del Governo Duque, che non tiene in conto dei bisogni reali. Ed è un governo bugiardo”. Aura si riferisce ai 15 i ragazzini ammazzati durante un bombardamento dell’esercito colombiano contro postazioni della guerriglia, a fine agosto: la notizia ha provocato le dimissioni del ministro della difesa Guillermo Botero, e ha scioccato il Paese.  “Il 21N  anche per i 15 bambini uccisi”, si legge su uno striscione appeso su un cavalcavia di Bogotà. 

Lo sciopero di domani in Colombia – così come in Bolivia – sottolinea il momento cruciale che sta vivendo l’America latina, attraversata dalla recrudescenza di governi di destra e dalle conseguente implementazione di politiche economiche neoliberista e spoliazione delle risorse, contro cui sembra ergersi – ancora una volta – la voce indigena.