La Tunisia senz'acqua: le motivazioni di una crisi

il: 29 Aprile 2013

I tre quarti del territorio tunisino sono semi-aridi o aridi. Di conseguenza la Tunisia ha sempre dovuto fare i conti con risorse idriche limitate. La grave crisi dell’acqua di cui soffre attualmente il Paese è tuttavia dovuta a cause relativamente recenti : l’estendersi di un uso sbagliato dell’acqua, una gestione pubblica in parte carente del sistema idrico e della depurazione e una crescente difficoltà di finanziamento. I Paesi che si trovano in questa situazione sono facili bersagli delle imprese private straniere. Così i servizi idrici e igienico-sanitari di parecchie grandi città marocchine (Rabat, Casablanca…) sono stati privatizzati già diversi anni fa. E anche se Veolia ha dovuto lasciare il Marocco, la tendenza non va però nella direzione di un ritorno o rafforzamento della gestione pubblica dell’acqua. In Tunisia, dopo la caduta di Ben Alì, l’idea di privatizzare la produzione e distribuzione dell’acqua potabile (servizio svolto finora dalla SONEDE, azienda pubblica dipendente dal Ministero dell’Agricoltura) è stata discussa all’interno del nuovo governo. Le imprese idriche private come Veolia e Suez hanno esercitato una forte azione di lobbying verso i membri del governo e degli enti locali. Per il momento la privatizzazione non è passata, ma fino a quando? La Tunisia è molto attrattiva per le imprese private straniere, tenuto anche conto di una manodopera a basso prezzo e dell’assenza di tasse sui profitti. Il progetto di trasformare la Tunisia in un hub finanziario per il sud del Mediterraneo, alla stregua di quel che è stato fatto per l’isola Maurizius per l’oceano indiano, ne accresce l’attrattività.

Il cattivo uso dell’acqua

L’acqua usata male nei settori agricolo e turistico provoca una forte salinizzazione secondaria del suolo e delle acque.

La Tunisia ha disciplinato l’utilizzo agricolo dell’acqua proveniente dagli impianti di depurazione : ma nelle condizioni di alta evapotraspirazione che le sono proprie, un’irrigazione non controllata con acqua depurata già carica di sali e metalli pesanti, e con l’utilizzo di fanghi di depurazione non sufficientemente trattati, può solo degradare la qualità dei suoli e dell’acqua. Ora succede proprio questo. Prima della caduta di Ben Alì era stato discusso un progetto di produzione di biocarburanti in una zona semi-arida, nel quale sarebbero state utilizzate grandi quantità di acqua depurata carica di sali e metalli pesanti senza tener conto che la Tunisia non è autosufficiente sul piano agricolo e importa gran parte dei prodotti alimentari. In una situazione del genere, i laboratori del centro di biotecnologie di Borj Cedria e altre istituzioni sono alla ricerca di risorse fitogenetiche locali per identificare le piante (soprattutto foraggere) che richiedono poca acqua e possiedono una buona tolleranza alla salinità e altri stress indotti dalla salinità e/o dalla siccità ma lavorano anche alla messa a punto di tecniche biologiche promettenti per la dissalazione e il recupero dei terreni salinizzati.

Anche lo sviluppo del turismo all’occidentale nelle oasi del sud tunisino ha conseguenze disastrose sulle risorse idriche. Il consumo d’acqua degli alberghi di lusso nelle oasi inaridisce risorse che sono già scarse. La dispersione delle acque di scarico in ecosistemi molto particolari come sono le oasi, provoca la salinizzazione e la contaminazione dei suoli e delle acque con conseguenze drammatiche per gli agricoltori.

Sembra inoltre che in diverse regioni povere d’acqua, tra cui la regione di Keruan, sia stato avviato lo sfruttamento di gas da argille e l’acqua impiegata per la frantumazione idraulica proviene evidentemente dagli impianti di depurazione.

Gestione pubblica dell’acqua e servizi igienico sanitari carenti

La SONEDE (Société Nationale d’Exploitation de Distribution des Eaux) dichiara un tasso di allacciamenti del 100% per l’acqua potabile nelle zone urbane e del 94% in quelle rurali. In realtà la percentuale dei collegamenti con SONEDE in zone rurali è del 47%, il resto corrisponde a collegamenti collettivi ad opera dei Gruppi di Sviluppo Agricolo (GDA).

Sembra che la qualità dell’acqua sia mediocre ed è fortemente clorata, fatto rivelatore di una mancanza di fiducia sull’efficacia del processo di potabilizzazione e sul buono stato delle infrastrutture. La corte dei conti tunisina ha recentemente affermato che l’acqua potabile prodotta da SONEDE rispetta solo il 30% dei requisiti di qualità. Per esempio: la salinità supera i 2 g/l in diverse regioni quando il tetto massimo è di 1,5 g/l. In compenso il consumo d’acqua in bottiglia è in continua crescita malgrado i prezzi elevati.

Le bollette dell’acqua, aumentate di recente, sono considerate troppo care dalla gran parte della popolazione.

In una zona rurale dove esistono molte sorgenti, i pozzi scavati dagli abitanti sono stati riempiti di calcestruzzo da parte dei servizi pubblici col pretesto della mancanza di controlli sulla qualità dell’acqua. Agli abitanti non è rimasto che attingere l’acqua inquinata da un fiume vicino.

Nel corso del Forum Sociale Mondiale i tunisini hanno denunciato molti casi di clientelismo e di corruzione per l’accesso all’acqua. All’epoca di Ben Alì, certi notabili legati al regime non pagavano l’acqua e altri grandi imprenditori agricoli si procuravano l’acqua con trivellazioni illegali. Pratiche che continuano con il nuovo regime e che sono ancor più scandalose in presenza di tanti piccoli coltivatori così indebitati da non poter nemmeno pagare più l’acqua per l’irrigazione dei loro campi (vedi il caso dei contadini di Mornag, Ben Arous).

Crescenti difficoltà di finanziamento

La SONEDE è in passivo da diversi anni e ha dovuto aumentare le tariffe. Motiva il suo deficit con diverse ragioni: il blocco delle tariffe dal 2005 al 2011; l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti chimici utilizzati per il trattamento delle acque e i prestiti giunti a scadenza concessi a suo tempo per gli investimenti nei progetti di dissalazione realizzati negli anni ‘90.

Il passivo di SONEDE comporta difficoltà nel finanziare la manutenzione e lo sviluppo delle reti e la messa a norma degli impianti di depurazione. Queste sono le condizioni in cui si sviluppano i partenariati pubblico-privato con le disastrose conseguenze per gli utenti che ben conosciamo in ogni parte del mondo. Poco prima della caduta di Ben Ali, la concessione di un progetto di costruzione e gestione per 20 anni, di un impianto di dissalazione dell’acqua di mare sull’isola di Djerba era stata attribuita al « Groupe Princesse El Materi Holding” e all’impresa spagnola « Befesa Medio Ambiente company ». Suez che fa parte dell’elenco ufficiale dei partners di SONEDE aveva allora denunciato l’opacità della gara. Il gruppo “Princesse El Matteri » appartiene al genero di Ben Alì, e il contratto è stato poi rescisso. Ora la SONEDE è alla ricerca di un nuovo finanziamento per questo progetto che potrebbe di nuovo concretizzarsi in un PPP.

Il rischio della privatizzazione

L’instabilità politica, la crisi economica e l’indebitamento dello Stato paralizzano attualmente le politiche pubbliche, tra cui quella dell’acqua.

L’accordo con il FMI metterà in campo la privatizzazione della SONEDE al di là del PPP. La concessione di prestiti da parte del FMI è sempre condizionata alla privatizzazione dei servizi pubblici.

http://www.fame2012.org/it/2013/04/15/considerazioni-crisi-acqua-tunisia/