EXPO fa male, in Trentino, a Milano e ovunque: 27 gennaio assemblea cittadina a Trento

il: 27 Gennaio 2015

 

EXPO fa male, in Trentino, a Milano e ovunque

Appello per la costituzione di un percorso trentino di opposizione al modello EXPO2015

 

Yomaira, colombiana afrodiscendente, campesinadesplazada, minacciata di morte dai paramilitari colombiani, un fratello ed il marito uccisi per essersi opposti all’accaparramento delle terre delle loro comunità, in queste settimane è in Europa con Enrique per spiegarci cosa sta succedendo laggiù, lontano dai nostri occhi e dalla nostra quotidianità. Racconta con semplicità e il volto segnato dal dolore, ma al tempo stesso dalla determinazione, quello che accade nel suo paese quando una comunità prova a ribellarsi contro le logiche del potere economico mondiale. “Siamo contadini, e siamo orgogliosi di esserlo. Quale tipo di sviluppo vogliamo? Vorremmo poter coltivare prodotti biodiversi e locali, sementi che i nostri padri hanno selezionato e tramandato a noi, senza l’utilizzo di prodotti chimici, per nutrire noi e le nostre famiglie e per vendere le eccedenze nel mercato locale. Ma questo non porta nessun beneficio al potere politico corrotto, che invece svende le nostre terre ad imprenditori per coltivarci, ad esempio, monocolture di palma da olio per il mercato europeo o statunitense. Se provi a resistere? Ti minacciano, ti uccidono, o ti fanno sparire. E quasi sempre rimangono impuniti.”

 

Da questa storia ad EXPO 2015 purtroppo il passo è breve, nonostante i 9.000 km di distanza fisica fra le due realtà. Se infatti EXPO sta cercando in tutti i modi di costruire intorno a sé un immaginario dell’evento “green”, che parla di sviluppo sostenibile, temi solidali ed equi come il cibo accessibile all’intera umanità, attirando e seducendo la città che lo ospita, è sufficiente andare poco più in là degli slogan per capire che la situazione è assai diversa: già solo i nomi delle corporationprotagoniste (Nestlè, Monsanto, Dupont, ecc.) e il tipo di agricoltura (industriale) che propongono, fanno chiaramente capire che EXPO pubblicizza e supporta quel tipo di sistema e potere globale che rende la vita difficile ai Yomaira e Enrique di tutto il mondo.

 

EXPO ha stretto una collaborazione anche con la Provincia Autonoma di Trento che durante i 6 mesi dell’evento avrà la sua parte di padiglione al costo di 1,5 milioni di euro. Per rinforzare l’ immaginario “green” di Expo, il 30 gennaio Trento si trasforma (citando il comunicato stampa) “per un giorno nella capitale della green economy”, con un convegno, patrocinato da EXPO 2015, dal titolo “Coltivare la sostenibilità – Le opportunità della green economy per la filiera agroalimentare trentina”. A detta di Cooperazione Trentina, organizzatrice del convegno, “EXPO porterà al territorio nazionale qualità, sostenibilità e innovazione”, aggiungendo che “da anni l’agricoltura trentina ha iniziato un discorso di sostenibilità sinonimo di lavorare per l’ambiente, di rispetto del territorio”. Ci chiediamo, quale sarebbe l’agricoltura sostenibile trentina alla quale si riferiscono, quella delle tre monocolture che stanno divorando il territorio, impoverendolo attraverso i fitofarmaci e pesticidi di sintesi e sono sempre più destinate all’export piuttosto che a soddisfare i bisogni alimentari delle comunità locali?

 

EXPO sta sperimentando un modello con forti implicazioni e ricadute sulla vita di ognuno di noi, che pregiudicherà la possibilità di autodeterminazione alimentare e territoriale. Questo modello minaccia il diritto alla terra, alla casa e al lavoro, il diritto ad (auto)determinare il territorio in cui viviamo, sottoponendoci a logiche speculative e finanziarie.

 

Expo per molte aziende è greenwashing (piuttosto che “green“): la possibilità di ripulirsi la reputazione abusando dell’immaginario di sostenibilità creato dal potente marketing dell’evento

 

Expo è cemento: oltre 1700 ettari di terreni agricoli cementificati fra Expo e opere connesse

 

Expo è precarietà: con la scusa dell’evento è stata ampliata la possibilità di usare contratti precari in Lombardia fino ad aprile del 2016, in accordo con Cgil-Cisl-Uil (protocollo sindacale d’intesa per Expo2015). Aveva promesso 70 mila posti di lavoro ma ad ora si parla di non più di 5.000 persone assunte temporaneamente. In compenso sono stati reclutati oltre 18.000 volontari che lavoreranno gratis (per una SPA, non per un’associazione di volontariato!) con la sola ricompensa di vedersi aggiunta una riga sul loro curriculum.

 

Expo è debito per le generazioni future: un evento che costerà 1,3 miliardi di euro che arriveranno a 10 miliardi con le nuove autostrade e opere collegate. Soldi pubblici sottratti a tutti noi per un’operazione in cui a guadagnarci saranno i privati, senza contare tutti i soldi bruciati in tangenti. Finora sono state arrestate una ventina di persone per corruzione e appalti truccati.

 

Expo è sospensione della democrazia: è evidente la necessità organizzativa del grande evento di operare in un contesto straordinario, in cui l’amministrazione ordinaria è limitata e gli strumenti democratici sospesi. Lo stato d’eccezione imposto dal commissariamento è diventato così un modus operandi che ha reso Expo2015 il dispositivo più insidioso lasciato in eredità all’intero Paese e codificato con l’introduzione del decreto SbloccaItalia.

 

L’INIZIATIVA SEGUE QUELLA DEL 24 GENNAIO INDETTA A LIVELLO NAIZONALE DA GENUINO CLANDESTINO

Siamo “quelli di Genuino Clandestino”, una rete di comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare e contro la distruzione dei nostri ambienti di vita. Ci adoperiamo da sempre con le nostre pratiche per rafforzare le alleanze tra i movimenti rurali e quelli urbani, per riconnettere città e campagna, per superare le categorie di produttore
e consumatore, per riconvertire i nostri territori basandoci su autorganizzazione, solidarietà, cooperazione e cura della terra.
Siamo i piccoli produttori di cibo che sfamano il mondo per davvero, e non possiamo quindi rimanere indifferenti mentre la narrativa tossica di Expo 2015 _”Nutrire il pianeta – Energia per la vita”_, si impone pervasiva sui nostri territori. Tentando di appropriarsi delle nostre pratiche, di cooptare il nostro linguaggio, di comprare il consenso e la connivenza di tanti, il modello Expo 2015 si impone e devasta, estrae profitti per pochi dai nostri territori, minaccia il diritto alla terra, alla casa e al lavoro, compromette il diritto ad autodeterminarci e determinare il territorio in cui viviamo sottraendoci alle logiche speculative e finanziarie.

Il modello Expo trova alleati solidi nella filosofia del “buono, pulito e giusto” di Slow Food, nel marketing narrativo dell’eccellenza della tradizione italiana di Eataly, nella retorica della sostenibilità di Coop Italia. Il modello Expo concretizza appieno le sue pratiche di cooptazione tramite Expo dei Popoli, una tra le più deprecabili operazioni di marketing sociale, a cui si sono prestate numerose Ong, associazioni, reti della società civile italiana e internazionale, con la giustificazione di voler valorizzare l’opportunità che Expo rappresenta, ma in realtà nella spesso vana speranza di raschiare qualche spicciolo.
Ben nascosto dietro la retorica della sostenibilità, del diritto al cibo per tutte e tutti, della difesa di un cibo buono e sano, il vero fatto politico di Expo 2015 è rappresentato invece dalle più di 70 multinazionali partner di Expo 2015. C’è spazio per tutti, per nomi noti come Monsanto, la multinazionale dei semi più contestata dai piccoli contadini di tutto il mondo, o per Nestlè che con la sua piazza tematica sull’acqua nega in essenza l’acqua bene comune o addirittura per Mc Donald’s che nutre il pianeta col pollo fritto; e c’è spazio anche per nomi meno noti come Mekorot, l’azienda idrica di Israele che, sottraendo illegalmente acqua dalle falde palestinesi si è macchiata di
gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani.

SCARICA LIBRO E GIOCO EXPOPOLIS

Il modello Expo concretizza con fermezza quell’attacco alle nostre società sferzato dalle imprese transnazionali. Esso trova la sua legittimità politica e normativa nei programmi di deregolamentazione in corso come il Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (TTIP), che mirano a eliminare barriere normative che limitino i profitti potenzialmente realizzabili dalle imprese multinazionali, aggirando normative di protezione ambientale, di tutela dei diritti dei lavoratori, di protezione della sicurezza alimentare (incluse le restrizioni per gli OGM) e di regolamentazione sull’uso di sostanze chimiche tossiche.
Di fronte a tutto questo e alle insidie che esso nasconde rivendichiamo con le nostre pratiche la ferma opposizione ai progetti/eventi/iniziative lanciate da EXPO2015 e, in coerenza con questo, al tentativo rappresentato dal TTIP di consegnare ai promotori di questo modello il nostro futuro ed i nostri territori.

Il pianeta si nutre da solo

No EXPO – No TTIP

ulteriori info su ribelli.net

Siamo “quelli di Genuino Clandestino”, una rete di comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare e contro la distruzione dei nostri ambienti di vita. Ci adoperiamo da sempre con le nostre pratiche per rafforzare le alleanze tra i movimenti rurali e quelli urbani, per riconnettere città e campagna, per superare le categorie di produttore

e consumatore, per riconvertire i nostri territori basandoci su autorganizzazione, solidarietà, cooperazione e cura della terra.

Siamo i piccoli produttori di cibo che sfamano il mondo per davvero, e non possiamo quindi rimanere indifferenti mentre la narrativa tossica di Expo 2015 _”Nutrire il pianeta – Energia per la vita”_, si impone pervasiva sui nostri territori. Tentando di appropriarsi delle nostre pratiche, di cooptare il nostro linguaggio, di comprare il consenso e la connivenza di tanti, il modello Expo 2015 si impone e devasta, estrae profitti per pochi dai nostri territori, minaccia il diritto alla terra, alla casa e al lavoro, compromette il diritto ad autodeterminarci e determinare il territorio in cui viviamo sottraendoci alle logiche speculative e finanziarie.

Il modello Expo trova alleati solidi nella filosofia del “buono, pulito e giusto” di Slow Food, nel marketing narrativo dell’eccellenza della tradizione italiana di Eataly, nella retorica della sostenibilità di Coop Italia. Il modello Expo concretizza appieno le sue pratiche di cooptazione tramite Expo dei Popoli, una tra le più deprecabili operazioni di marketing sociale, a cui si sono prestate numerose Ong, associazioni, reti della società civile italiana e internazionale, con la giustificazione di voler valorizzare l’opportunità che Expo rappresenta, ma in realtà nella spesso vana speranza di raschiare qualche spicciolo.

Ben nascosto dietro la retorica della sostenibilità, del diritto al cibo per tutte e tutti, della difesa di un cibo buono e sano, il vero fatto politico di Expo 2015 è rappresentato invece dalle più di 70 multinazionali partner di Expo 2015. C’è spazio per tutti, per nomi noti come Monsanto, la multinazionale dei semi più contestata dai piccoli contadini di tutto il mondo, o per Nestlè che con la sua piazza tematica sull’acqua nega in essenza l’acqua bene comune o addirittura per Mc Donald’s che nutre il pianeta col pollo fritto; e c’è spazio anche per nomi meno noti come Mekorot, l’azienda idrica di Israele che, sottraendo illegalmente acqua dalle falde palestinesi si è macchiata di

gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani.

Il modello Expo concretizza con fermezza quell’attacco alle nostre società sferzato dalle imprese transnazionali. Esso trova la sua legittimità politica e normativa nei programmi di deregolamentazione in corso come il Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (TTIP), che mirano a eliminare barriere normative che limitino i profitti potenzialmente realizzabili dalle imprese multinazionali, aggirando normative di protezione ambientale, di tutela dei diritti dei lavoratori, di protezione della sicurezza alimentare (incluse le restrizioni per gli OGM) e di regolamentazione sull’uso di sostanze chimiche tossiche.

Di fronte a tutto questo e alle insidie che esso nasconde rivendichiamo con le nostre pratiche la ferma opposizione ai progetti/eventi/iniziative lanciate da EXPO2015 e, in coerenza con questo, al tentativo rappresentato dal TTIP di consegnare ai promotori di questo modello il nostro futuro ed i nostri territori.

Il pianeta si nutre da solo

No EXPO – No TTIP

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