Nasce l’osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni

il: 11 Marzo 2014

Con un’iniziativa il 22 marzo a Roma, in occasione della giornata mondiale dell’acqua, presso la Fondazione LelioBasso e la presenza di Stefano Rodotà, parte l’Osservatorio popolare sull’acqua e i beni comuni. Oltre a Yaku e alla stessa Fondazione, promuovono l’osservatorio, tra gli altri, il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, l’Arci, e Attac. Uno spazio condiviso di analisi,  contenuti e nuove elaborazioni, partendo dall’acqua e la difesa dei beni comuni.

(scarica il programma dell’iniziativa)

Di seguito il documento di presentazione dell’Osservatorio elaborato in forma partecipata dalle organizzazioni promotrici:

Associazione “Acqua Bene Comune” ( forma giuridica del Forum italiano dei
movimenti per l’acqua) –  Fondazione Lelio Basso – Glam – Commissione Globalizzazione e Ambiente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
Arci, ASud, Attac Italia, Yaku Onlus.

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L’idea di creare un osservatorio sull’acqua e i beni comuni nasce dall’esperienza decennale del Forum italiano dei movimenti per l’acqua. Un’esperienza che ha prodotto saperi, competenze e forme di partecipazione che costituiscono uno straordinario patrimonio culturale, sociale e politico capace di denudare e sovvertire la vulgata neoliberista e di prospettare un’alternativa ai processi in corso di privatizzazione e finanziarizzazione dell’economia e della vita stessa su scala globale.

Il tema dell’acqua rappresenta infatti uno dei nodi strategici dell’attuale crisi del modello neoliberale: quello del controllo delle risorse in una fase di crisi strutturale insieme economico-finanziaria, sociale e ambientale. Un nodo che interroga l’intero pianeta e che, non a caso, è stato la chiave di volta di cambiamenti sostanziali di interi continenti, come insegna l’esperienza dei popoli dell’America Latina, dalle cui battaglie per l’acqua sono nati grandi movimenti popolari che hanno inciso anche sul quadro politico-istituzionale in direzione di processi di contrasto al pensiero unico del mercato.

Per le sue stesse caratteristiche di componente essenziale del corpo umano, necessario quindi alla sua sopravvivenza, l’acqua è un elemento di immediata chiarificazione del conflitto in corso, perché la sua mercificazione rende manifesta, più di ogni altra forma di privatizzazione, la sottrazione di diritti e la totale sudditanza della vita di fronte al profitto. Ma l’acqua non è solo un bene in sé: è anche un paradigma culturale e sociale. Non a caso, la battaglia contro la sua privatizzazione ha fatto irrompere nella società il nuovo tema dei beni comuni, ovvero di quei beni naturali necessari alla vita e di quei beni sociali necessari alla sua qualità e dignità, il cui accesso e universalità costituiscono la garanzia di diritti inalienabili e non sottoponibili alle leggi del mercato.

Il conflitto in atto si pone dunque di fronte a questo bivio: da una parte vi è il modello neoliberale che, per potersi perpetuare, ha la necessità di consegnare al mercato l’intera vita delle persone, mercificando e privatizzando tutti i beni e i servizi; dall’altra vi sono le mobilitazioni sociali che, attraverso la costruzione collettiva del nuovo paradigma dei beni comuni, praticano la sottrazione di questi beni e servizi al terreno della finanziarizzazione, rivendicandone la riappropriazione sociale.

In questo senso, la proposta di un osservatorio, pur avendo il suo baricentro sul tema dell’acqua, deve contemplare la progressiva estensione della propria attività all’intera tematica dei beni comuni, come strumento di analisi, documentazione e riflessione su questo nuovo paradigma e sulle potenzialità di trasformazione sociale che il suo dispiegamento implica.

Le battaglie a difesa dei beni comuni rappresentano infatti, ad oggi, sia un argine sul binario delle privatizzazione e della finanziarizzazione sia un laboratorio di saperi e pratiche in grado di delineare nuovi assetti economici e politico-istituzionali. La categoria dei beni comuni supera di fatto la dicotomia tra proprietà pubblica e privata, senza peraltro metterle sullo stesso piano, e prospetta una pratica di democrazia diretta e partecipativa da parte di chi vive i territori capace di trasformare questi ultimi da semplici porzioni geografiche da amministrare in spazi comuni densi di relazioni sociali e politiche.

La riflessione sui processi di privatizzazione dell’acqua, di finanziarizzazione dei beni comuni, è quindi strettamente connessa a quella sulle forme e la qualità della democrazia. Emerge qui uno dei nodi sostanziali alla base del patto sociale novecentesco: chi decide su che cosa. Il processo degenerativo che ha visto il principio della rappresentanza declinarsi in delega e infine in sospensione della democrazia è uno dei punti focali delle battaglie per i beni comuni e un ulteriore ambito di analisi e ricerca dell’osservatorio.
1. LINEE D’INTERVENTO

a) Dall’acqua ai beni comuni ai servizi pubblici

I temi dell’acqua e dei beni comuni portano con sé una riflessione sui servizi pubblici che, storicamente, ne rappresentano le potenzialità di accesso e di garanzia universale.

I servizi pubblici, nati dalle rivendicazioni popolari e del movimento dei lavoratori nel contesto delle lotte sociali e politiche del Novecento, sono parte integrante di quello stato sociale che ha determinato per decenni l’originalità dell’esperienza europea. Originalità ormai da tempo sotto attacco delle politiche liberiste, che proprio sullo smantellamento dello stato sociale fondano il proprio tentativo di consegna dell’intera società nelle mani dei grandi capitali finanziari.

La proposta di osservatorio sull’acqua e i beni comuni comporta quindi necessariamente una nuova e approfondita analisi del welfare state, delle forme di gestione pubblica e partecipativa dei servizi pubblici e del modello dell’autogestione così come delineatesi nei movimenti sociali.

b) Nuove forme di partecipazione

L’esperienza del movimento per l’acqua ha consegnato alla società la centralità del tema e, al contempo, un laboratorio di partecipazione sociale e dal basso che ha costituito il fondamento della straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011.

All’interno di un quadro generale di progressiva perdita di funzione sociale da parte della politica, sia sul versante delle scelte strategiche sia sul versante della rappresentanza, il movimento per l’acqua è riuscito a costruire, attraverso l’autorganizzazione, un’esperienza nuova e originale fondata sulla partecipazione dal basso, sul metodo del consenso, sull’inclusione sociale. È all’interno di questa esperienza che sono maturati prodromi di riflessione sulla democrazia partecipativa, come elemento sostanziale di riappropriazione tanto dei beni che a tutti appartengono quanto dei luoghi della decisionalità collettiva.

“Si scrive acqua e si legge democrazia” è stato il fortunato slogan di quell’esperienza, che ha prodotto una forte riflessione sullo stesso concetto di “pubblico”, necessario per l’esclusione dei privati dalla gestione dei beni comuni, ma assolutamente insufficiente se non fondato sulla partecipazione dei lavoratori, dei cittadini e delle comunità locali alla loro gestione. In questo senso, riappropriazione sociale significa innanzitutto socializzazione delle conoscenze e dei saperi, come primo elemento di autodeterminazione delle persone e delle proprie comunità di riferimento.

Un osservatorio sull’acqua e i beni comuni deve di conseguenza rivolgere lo sguardo alle forme partecipative messe in atto nelle pratiche dei movimenti sociali, negli esperimenti a livello di enti locali, nella costruzione di vertenze territoriali, proponendosi il coinvolgimento di questi stessi movimenti nella sua realizzazione, perché non esiste una realtà oggettiva da indagare, ma una pluralità di esperienze collettive da conoscere, intrecciare, far camminare assieme.

c) Il contrasto alla finanziarizzazione

Globalizzazione e finanziarizzazione dell’economia sono i mantra del pensiero liberista, e portano con sé la liberalizzazione dei mercati finanziari, la delocalizzazione delle produzioni, nessun controllo sui movimenti dei capitali, la precarizzazione del lavoro e la privatizzazione del maggior numero di asset strategici (compresi acqua, salute, sapere, servizi di welfare, ambiente, ecc.) producendo così un peggioramento delle condizioni di vita di gran parte della popolazione mondiale e un’impressionante accelerazione del degrado ambientale.

Il ridursi del margine di profitto nei settori produttivi ha spinto gli imprenditori a riversare sempre maggiore capitale direttamente sui mercati finanziari, con l’illusione che il denaro potesse, ad infinitum, creare nuovo denaro. Ma le speculazioni, anche le più sofisticate, generano profitti fittizi e le bolle finanziarie sono destinate prima a sgonfiarsi e poi a scoppiare. L’attuale crisi globale è legata innanzitutto alla scarsità di asset finanziari su cui investire la mastodontica ricchezza privata accumulata; il tentativo dei grandi capitali finanziari è quello di rispondervi attraverso la creazione di nuovi mercati virtuali o reali. Nasce da qui il forte interesse per la privatizzazione dei beni comuni, per il debito pubblico come meccanismo di estrazione di ricchezza dalla collettività, per la finanziarizzazione della natura attraverso la green economy, per le grandi opere infrastrutturali in project financing.

Siamo immersi dentro un processo di finanziarizzazione dell’economia, della società e dell’intera vita delle persone. Per questo un osservatorio popolare che si occupi di beni comuni deve al contempo porsi l’obiettivo di favorire i processi di ridefinizione e rilancio di una finanza pubblica e sociale, gestita in modo trasparente, democratico, partecipativo.

d) L’orizzonte europeo e internazionale

Per la natura stessa delle questioni poste dai movimenti per i beni comuni la costruzione di un piano europeo di confronto, di attivazione e alleanza non è rimandabile; difficile pensare di rispondere a dinamiche sociali ed economiche globali chiudendosi nelle proprie esperienze nazionali o territoriali. Per questo motivo il Forum italiano dei movimenti per l’acqua ha partecipato agli incontri svolti negli ultimi anni, dov’è emersa chiaramente la sinergia tra le battaglie in difesa dei beni comuni a livello internazionale.

Ed è proprio questo uno dei terreni da indagare, in cui costruire e riuscire a mettere in connessione realtà e lingue differenti; se le direttive della Commissione europea sono così pesanti nella loro applicazione è perché pesante è il sodalizio che a livello sovranazionale si è sviluppato da più di trent’anni.

Per questo siamo convinti che si debba costruire un osservatorio popolare sui beni comuni che abbia un orizzonte ampio, europeo e internazionale. Un percorso che possa creare anche importanti articolazioni con le esperienze ed elaborazioni collettive latinoamericane, che rappresentano un passo in avanti in difesa dei beni comuni nelle pratiche di gestione partecipata degli acquedotti comunitari e dei servizi sociali. In poche parole, costruire una cassetta degli attrezzi utile a un alternativa non solo possibile, ma necessaria.
2. STRUTTURA E ATTIVITÀ

Per dare corpo a queste linee di riflessione e azione l’osservatorio promuoverà la costituzione di un Centro di documentazione on-line e avvierà una serie di attività di ricerca e formative. In via preliminare è necessario ribadire che dovrà essere uno strumento condiviso, costruito attraverso la partecipazione diretta delle esperienze di movimento, capace cioè di costituire un luogo di osservazione, sostegno e valorizzazione delle battaglie per l’acqua e i beni comuni.

a) Centro di documentazione on-line

Il progetto dell’osservatorio prende le mosse dall’esperienza del movimento per l’acqua e dalla necessità di favorire una maggiore sedimentazione e valorizzazione delle conoscenze e competenze generate nel corso della sua storia. Non si tratta soltanto di offrire materiali informativi, pubblicazioni, studi e dossier tematici sull’acqua e la gestione del servizio idrico in Italia e a livello internazionale, ma anche di incoraggiare la conservazione della memoria del movimento, delle pratiche e delle abilità sviluppate, dei nessi concettuali progressivamente emersi, delle relazioni e alleanze delineate, in sostanza di favorire una consapevolezza di sé essenziale alla capacità di analisi e progettazione politica.

Il materiale a stampa gradualmente raccolto sarà organizzato e offerto alla consultazione tramite un catalogo digitale; la documentazione riunita o generata nel corso delle lotte per l’acqua (materiali sulla gestione dei servizi idrici locali, statistiche, delibere, verbali di riunioni, corrispondenze, documenti organizzativi, appelli, manifesti, volantini, fotografie, audio-video ecc.) sarà invece raccolta in un archivio digitale e offerta alla consultazione tramite una ricerca per ambiti geografici, tematici o cronologici. Sarà quindi possibile accedere al singolo documento senza smarrirne la contestualizzazione originale e cogliendone i nessi con altri documenti così come delineatesi nel tempo.

L’archivio in questione non dovrà avere necessariamente o esclusivamente una forma tradizionale, seguire cioè un’articolazione per “soggetto produttore” del “fondo archivistico” (in questo caso i vari comitati locali, la segreteria del Forum ecc.). La capacità di innovare i processi di acquisizione e diffusione di conoscenza è parte integrante di un progetto votato a favorire la costruzione di dispositivi partecipativi dal basso. Il primo progetto del Centro di documentazione sarà quindi la realizzazione di una mappa interattiva del servizio idrico in Italia, territorio per territorio, nelle sue evoluzioni nel tempo e sotto la pressione dei comitati locali prima e dopo il referendum. Ai documenti relativi alla storia prettamente sociale e politica dei comitati sarà possibile accedere attraverso percorsi di approfondimento tematici, cronologici o biografici (i “fondi” dei comitati, delle associazioni ecc.).

La mappatura partecipativa del servizio idrico

La Mappatura Partecipativa(o Sistema di Informazione Geografica Partecipativa – SIGP) nasce dalla combinazione di due metodologie:la Diagnosi RuralePartecipativa (DRP) ela Ricerca AzionePartecipativa (IAP), un gruppo di focus e metodi che permette alla popolazione locale di condividere e analizzare le sue conoscenze in merito alle proprie condizioni di vita al fine di pianificare interventi e agire. Un buon uso dei SIGP richiede un coinvolgimento nel processo decisionale di lunga durata e dipende dalla combinazione di abilità tecniche degli “esperti” (o facilitatori) e conoscenza locale. Mettendo il controllo dell’accesso e dell’uso delle informazioni spaziali nelle mani di coloro che generano le informazioni stesse, i SIGP possono avere un profondo impatto sul rafforzamento del potere comunitario, l’innovazione e la trasformazione sociale.

Nel nostro caso, ai comitati locali sarà chiesto di raccogliere e archiviare informazioni riguardanti il proprio servizio idrico integrato; i dati raccolti in un database saranno quindi trasportati, per la visualizzazione, su una mappa interattiva. Gli stessi attivisti dell’acqua si troveranno così a “raccontare” il delinearsi dell’attuale situazione del servizio idrico in Italia, con le iniquità e incompatibilità che legittimano la nostra battaglia, e ad essere al contempo direttamente partecipi della costruzione dell’osservatorio.
b) Attività di ricerca

L’osservatorio promuoverà attività di ricerca attraverso l’analisi e lo studio di casi significativi che mettano in evidenza i processi in corso, sistematizzando e valorizzando le esperienze prese in esame.

Un ulteriore strumento interessante nel lavoro di ricerca può essere rappresentato dalla realizzazione di mappature delle realtà che su questi temi si muovono per descriverne la composizione sociale e politica e collegare le tematiche, a partire per esempio dalle esperienze dei comitati dell’acqua italiani e di altri paesi.

Ad oggi sono stati individuati tre terreni di ricerca.

  • La gestione privatistica delle SpA a totale capitale pubblico

Uno dei fronti sui quali il movimento per l’acqua è impegnato è quello della ripubblicizzazione del servizio idrico a livello territoriale. Ad oggi, la maggioranza delle gestioni in essere è costituita da SpA a totale capitale pubblico, in contrasto alle quali il movimento per l’acqua propone la trasformazione in aziende speciali di diritto pubblico. Affinché le vertenze in atto non si trasformino in dibattiti tecnicistici sulla forma societaria, occorre innanzitutto rispondere alla domanda: perchéla SpAa totale capitale pubblico non funziona? Risposta che va declinata a livello teorico, ma che va corroborata soprattutto dalla prassi concreta, attraverso l’analisi dell’esperienza sul campo.

Il primo filone di lavoro dell’osservatorio potrebbe quindi svilupparsi attraverso il coinvolgimento diretto dei comitati territoriali nel produrre un’indagine concreta su comela SpAa totale capitale pubblico abbia comportato una gestione di fatto privatistica del servizio idrico e di quali siano stati gli effetti concreti per la risorsa, per i lavoratori addetti, per gli abitanti del territorio e per la democrazia locale.

Un’indagine che può essere fatta a tutto campo o muovendo da alcuni casi-simbolo, a partire da quei territori nei quali la vertenza è aperta e in campo.

  • L’acqua in mano alla finanza: le multiutility collocate in Borsa

Le multiutility collocate in Borsa gestiscono una fetta consistente del servizio idrico di questo paese: da Iren ad A2A, da Hera ad Acea, si tratta di gestioni che procedono per fusione successiva, inglobando i servizi pubblici di interi territori – acqua, energia, rifiuti – in una gestione progressivamente sempre più lontana dai territori e direttamente dominata dall’andamento dei titoli di Borsa.

Le multiutilty collocate in Borsa sono la più diretta esperienza di finanziarizzazione dell’acqua e dei beni comuni e di asservimento della democrazia locale ai diktat degli azionisti. Su questo fronte, le battaglie del movimento per l’acqua hanno raggiunto risultati soprattutto sul versante della sottrazione, ovvero dell’ottenere la fuoriuscita di alcuni territori ed enti locali dai colossi finanziari delle multiutility.

È ancora a un livello embrionale la battaglia contro le multiutility finanziarizzate in quanto tali, sia per la complessità delle stesse, sia per la necessità di un’analisi che tenga conto di cosa oggi significhino i processi di finanziarizzazione nella gestione dei beni comuni e dei servizi pubblici locali.

Proprio per rendere più strutturale e meno specifica o episodica questa battaglia, il secondo filone di ricerca su cui l’osservatorio potrebbe impegnare le proprie energie è quello dell’indagine concreta sulle multiutility collocate in Borsa, mettendo in campo, da una parte, il sapere dei comitati territoriali sugli effetti concreti nella gestione dei servizi, e dall’altra lo studio dei processi finanziari che li sottendono, in particolare relativamente alla sottrazione di ricchezza, sapere sociale e democrazia che comportano.

Questo filone potrebbe inoltre rappresentare un aggancio concreto con gli altri movimenti e vertenze sui beni comuni.

  • La lunga marcia della democrazia partecipativa

L’esperienza del movimento per l’acqua si è da sempre basata su due elementi fondamentali: la partecipazione dal basso, orizzontale e inclusiva come pratica concreta della propria azione, e la rivendicazione di una democrazia radicale, basata su un nuovo modello di pubblico e sulla gestione partecipativa del servizio idrico integrato.

Non v’è dubbio che questo sia uno dei nodi fondamentali non solo per ciò che concerne l’acqua e i beni comuni, bensì per l’intero assetto della società al tempo della crisi. Tuttavia, entrambi i lati della questione – pratica partecipativa nell’esperienza di movimento e democrazia partecipativa nella gestione dei beni comuni – necessitano di un forte approfondimento, teorico ed esperienziale, che consenta una estensione della consapevolezza su quanto si è prodotto e su quanto c’è ancora da esplorare e praticare.

Gli attivisti, proprio perché quotidianamente immersi nelle vertenze in atto, spesso non riescono a produrre sedimentazione delle esperienze praticate, soprattutto quelle relative alla produzione di partecipazione diretta al proprio interno e nel proprio territorio di riferimento. Anche sul versante della rivendicazione di democrazia partecipativa, spesso non si va oltre l’enunciazione, con il rischio di intraprendere come soluzione la strada del modello tecnicistico e ingegneristico della partecipazione studiata a tavolino.

Un terzo filone di ricerca dell’osservatorio potrebbe dunque essere quello che da una parte aiuta i comitati territoriali a produrre inchiesta sulla propria esperienza di partecipazione dal basso e dall’altra produce un’indagine sulle esperienze, embrionali o in atto, di gestione partecipativa dei beni comuni e dei servizi pubblici locali, al fine di favorire un’analisi e una riflessione più compiute che rafforzino la rivendicazione di una nuova democrazia territoriale e di prossimità.

Un quarto percorso dovrebbe invece favorire l’interscambio di esperienze con soggetti e organizzazioni di altri paesi, le cui esperienze per la gestione partecipata dei beni comuni possano essere utili spunti di elaborazione per i nostri movimenti. In particolare potrebbe essere utile costruire un cammino comune con il Dipartimento andino dell’acqua dell’Università San Simon di Cochabamba, che ha contribuito alla scrittura della nuova Costituzione boliviana e alla stesura della Ley de agua, in applicazione del principio costituzionale “Acqua Bene Comune”.

Riteniamo inoltre interessante costruire percorsi di interscambio con alcune esperienze comunitarie per la gestione partecipata degli acquedotti in Colombia, che rappresentano argini virtuosi ai processi di privatizzazione in atto in uno dei paesi più violenti al mondo.

c) Percorsi formativi

L’osservatorio dedicherà parte delle proprie attività anche al settore della formazione, con il triplice scopo di favorire la divulgazione dei temi sopra indicati, socializzare i saperi e le competenze, proporre analisi e approfondimenti che aumentino la consapevolezza diffusa.

In questa direzione si prevede l’organizzazione di seminari tematici, di laboratori formativi, di convegni ed eventi, nonché la produzione di materiali cartacei e  digitali che contribuiscano al confronto comune e all’orientamento dell’azione collettiva nelle realtà territoriali e dentro la società..