In Colombia lo sciopero agrario fa paura a destre e latifondisti

il: 16 Settembre 2013

Il Paro Agrario y Nacional, che ha caratterizzato l’agosto colombiano ed è stato revocato solo pochi giorni fa (esclusivamente per quanto riguarda i blocchi stradali), può rappresentare un passo importante sia a livello dei colloqui di pace in corso a L’Avana tra il governo e i guerriglieri delle Farc sia dal punto di vista politico: secondo Carlos Lozano Guillén, dirigente di spicco del Partito Comunista, in Colombia si stanno ponendo le basi per una grande alleanza di sinistra.

Durante lo sciopero nazionale che ha paralizzato la Colombia è emerso una volta di più il carattere antidemocratico del regime colombiano, che ha militarizzato pesantemente il conflitto agrario: la Mesa Nacional Agropecuaria y Nacional de Interlocución y Acuerdo (Mia) ha denunciato 660 casi di violazione dei diritti umani, 485 feriti, 12 contadini uccisi e 262 arresti arbitrari.
Un’ecatombe che ha finito per mettere in cattiva luce l’attuale governo colombiano, assieme alle rivelazioni di un esponente di spicco dei gruppi paramilitari che ha chiamato in causa l’ex presidente Uribe in qualità di vero e proprio comandante di alcune fazioni dei paras. Alberto Sierra, esponente di spicco del blocco paramilitare Cacique Pipintá, che ha ricevuto 14 condanne per aver commesso numerosi delitti, in un’intervista rilasciata a Telesur, ha chiamato direttamente in causa Álvaro Uribe, evidenziando come tenga ancora en su mente el fusil. Uribe, sostiene Serra, è uomo di guerra, non di pace, ed è convinto che se la guerriglia davvero smobiliterà, l’ex presidente colombiano si attiverà per far fuori tutti gli esponenti della sinistra del paese, come già accaduto negli anni ’80, quando le Farc cercarono di partecipare alla vita politica sotto le insegne del partito Unión Patriótica e furono sterminati.

E ancora, Uribe avrebbe diretto n prima persona il bloque Metro, che agiva a Medellín e, proprio tramite i paras, avrebbe indirizzato su se stesso almeno due milioni e mezzo di voti nelle elezioni presidenziali del 2002 minacciando di morte chi si fosse rifiutato di votarlo. La credibilità dello stato colombiano in questo momento è pari a zero, mentre la Cumbre Nacional Agraria y Popular in corso oggi a Bogotà si presenterà con delle richieste ineludibili al governo, in primo luogo la tutela dei diritti del campesinado, uno dei punti fondamentali dei colloqui di pace a L’Avana su cui stanno insistendo anche le Farc. I ventuno giorni di sciopero, per quanto abbiano avuto un costo altissimo per il movimento contadino colombiano, hanno rappresentato al tempo stesso una delle più imponenti manifestazioni di forza dei campesinos, che si sono guadagnati l’attenzione e il rispetto di un intero paese con l’occupazione delle strade ed una serie di mobilitazioni rese possibili grazie ad un alto livello di azione politica collettiva. Inoltre, dal paro agrario sono scaturite delle conquiste significative, a partire dagli investimenti che il governo dovrebbe stanziare a favore dell’economia contadina. Il presidente Juan Manuel Santos è stato costretto a convocare per oggi una riunione in tutta fretta in cui dovrebbe proporre un nuovo Pacto rural ai contadini nel segno di quanto hanno chiesto anche i delegati delle Farc nel corso dei negoziati di pace in svolgimento a L’Avana. Il risultato politico più evidente emerso dalla mobilitazione contadina è che l’intera società colombiana, una volta di più, si è resa conto della violenza poliziesca e ha sperimentato direttamente l’apparato repressivo dello stato: è per questo che i campesinos non mollano la presa e, indipendentemente dall’esito dell’incontro con Santos, stanno già preparando nuove azioni di lotta.

 

La più incisiva, se sarà realizzata, è quella che riguarda la proclamazione di una serie di consulte popolari che si esprimano per l’annullamento del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti e comprenda l’adozione di una politica agraria che sollevi dalla povertà i dodici milioni di contadini colombiani mettendoli nelle condizioni di poter accedere a quelle terre finora usurpati dai grandi proprietari terrieri, anche grazie a manovre giuridiche compiacenti. La convinzione prevalente, anche se forse troppo ottimista, è quella di una destra sulla difensiva e piuttosto debole, un punto, quest’ultimo, augurabile, ma vero solo fino ad un certo punto. Il movimento contadino prosegue sulla linea delle rivendicazioni per le quali si batte fin dall’inizio dello sciopero agrario,cominciato lo scorso 19 agosto: stop alle politiche neoliberiste applicate in ambito agricolo, appoggio statale ai piccoli produttori (sotto il punto di vista delle infrastrutture, dei crediti e dell’assistenza tecnica) e difesa della sovranità alimentare, attualmente svenduta alle multinazionali tramite il Tlc. La risposta di Santos, che ha una tale faccia tosta da voler passare alla storia come il presidente della pacificazione nazionale, è stata muscolare: più volte il presidente colombiano ha ribadito che “il cosiddetto sciopero agrario nazionale non esiste”. La mobilitazione era così “inesistente” che Palacio Nariño ha inviato le truppe speciali dell’esercito, la cui azione è stata caratterizzata da una violenza sproporzionata. I video che circolano grazie ai mezzi di comunicazione alternativa testimoniano i furti dei militari, la distruzione delle case dei manifestanti, addirittura appartenenti all’esercito che orinavano sul cibo dei campesinos.

Il popolo colombiano è stato umiliato e schiacciato dal suo stesso stato, tanto che il vescovo Luis Augusto Castro ha definito la politica governativa come un “tradimento della patria”. La repressione dello stato ha goduto dell’appoggio dei grandi media di comunicazione, che hanno delegittimato quotidianamente lo sciopero: El Caracol, El Tiempo, El Colombiano ed El País hanno preso apertamente posizione contro il paro nacional, mentre i principali dipartimenti del paese (Tolima, Valle del Cauca, Cundinamarca, Putumayo, Santander e altri) sono stati posti sotto assedio su decisione del ministro della Difesa Juan Carlos Pinzón. È in questo contesto che è stato arrestato Huber Ballesteros, dirigente della Marcha Patriótica, l’organizzazione vicina alle Farc sorta su impulso delle forze di sinistra e della società civile per dare voce al desiderio di pace dei colombiani, mentre lo scorso 26 agosto è caduto sotto le pallottole dell’Esmad Juan Camilo León Acosta durante una delle marce di protesta in cui la polizia non ha risparmiato nemmeno donne, anziani e bambini colpendoli brutalmente. Sono stati presi di mira anche i mezzi di controinformazione e i giornalisti indipendenti: alcuni collaboratori della Red de Medios Alternativos y Populares de Colombia (Remap) sono stati picchiati dalla polizia, mentre i periodistas di Prensa Rural, Contagio Radio, Desde Abajo e Red de Prensa Alternativa del Suroccidente Colombiano hanno subito ripetute minacce.

Le rivendicazioni dei campesinos sono essenzialmente di carattere politico e, nonostante la risposta dello stato sia stata durissima, cresce la convinzione che sia giunta l’ora di una grande alleanza di sinistra e che el tiempo está a favor de los pequeños, de los desnudod, de los olvidados. In occasione dell’assemblea del Partito Comunista Carlos Lozano Guillén, direttore del settimanale Voz, ha parlato del dialogo con le altre forze democratiche del paese, dal Polo Democrático al Congreso de los Pueblos, passando per dirigenti di grande valore e onestà intellettuale come Piedad Córdoba e Iván Cepeda Castro.

Note:
Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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