La Corte interamericana condanna la Colombia per la mancata protezione delle popolazioni indigene U’wa

il: 24 Dicembre 2024

(di Christian De Gasperi) Il 20 dicembre, la Corte Interamericana dei Diritti Umani1 ha emesso una sentenza storica sul primo caso riguardante popolazioni indigene colombiane che ha raggiunto la Corte. La causa, condotta dal popolo U’wa, situato nel Nevado del Cocuy, mirava a salvaguardare il proprio territorio dalle attività petrolifere, minerarie e turistiche incentivate dallo Stato.

La Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) ha emesso il 20 dicembre una sentenza a favore del popolo U’wa ed ha condannato lo Stato per la mancata tutela di diversi diritti riguardanti l’opposizione degli indigeni alle attività petrolifere, minerarie e turistiche autorizzate nel loro territorio, che violavano la loro autonomia sancita dalla Costituzione. La Corte ha imposto alla Colombia un termine di un anno per adottare tutte le misure di protezione e recupero del resguardo2.

Si tratta della prima causa intentata da un popolo indigeno colombiano a questo tribunale internazionale. Fu presentata 26 anni fa dalla comunità U’wa, che vive nei pressi della Sierra Nevada del Cocuy ed in altre zone della parte orientale della Colombia, ed è composta da 34 comunità delle regioni colombiane Arauca, Casanare, Boyacá, Santander e Norte de Santander.

Javier Villamizar, presidente dell’Associazione delle Autorità e dei Consigli Tradizionali U’wa (Asouwas), ha dichiarato che per la sua cultura si tratta di una “sentenza millenaria” e che la risposta della comunità sarà quella di richiedere al più presto un tavolo tecnico con il governo nazionale, con tutte le agenzie governative che si occupano dei fatti relazionati nella causa o delle componenti della sentenza, e di elaborare un percorso metodologico per iniziare il processo di attuazione della sentenza della Corte.

In un comunicato stampa, Asouwas ha accolto con favore la sentenza e ha dichiarato che in un contesto globale di crisi climatica, questa sentenza sottolinea l’importanza della conoscenza ancestrale nella protezione di ecosistemi fragili e pone l’accento sul diritto dei popoli indigeni all’autodeterminazione di fronte a progetti che minacciano la loro esistenza. Riconosce inoltre il loro ruolo essenziale nella protezione dell’ambiente, evidenziando l’urgenza di ripensare lo sviluppo nel rispetto dei diritti umani, della giustizia ambientale e della sostenibilità.

Da anni gli U’wa chiedono il riconoscimento e il chiarimento dei titoli coloniali che la Corona spagnola ha concesso loro su queste terre3 e il rispetto della loro autonomia nelle decisioni che riguardano i loro resguardos4. Ciò include la sovranità sul Parco Nazionale del Cocuy e l’espulsione di infrastrutture come il giacimento di gas Gibraltar e l’oleodotto Caño Limón – Coveñas, che considerano una minaccia per la loro cultura, il loro territorio e il loro ambiente. Ora, con la recente decisione del tribunale internazionale, queste richieste dovranno essere gestite dallo Stato, garantendo l’interesse generale, ma anche le rivendicazioni particolari degli U’wa.

Tra le misure ordinate dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani, la Colombia deve adottare e concludere le azioni legislative, amministrative e notarili necessarie per realizzare la regolamentazione integrale della riserva degli U’wa u, intraprendere le azioni necessarie per chiarire i titoli coloniali degli indigeni e includere gli indigeni nella co-amministrazione della zona di sovrapposizione tra il Parche Naturale ed il territorio indigeno del Nevado del Cocuy. Il tribunale ha ordinato la realizzazione di un processo partecipativo per quanto riguarda i progetti petroliferi e minerari nel resguardo, e lo Stato deve garantire che quelli nelle aree adiacenti non generino impatti sulla vita culturale degli U’wa.

Il tribunale ha anche ordinato misure per mitigare i danni ambientali causati attentati dei gruppi armati sull’oleodotto Caño Limón – Coveñas, uno dei punti chiave della causa indigena.

Infine, lo Stato deve fare un atto di riconoscimento della responsabilità per gli impatti che gli indigeni hanno subito per decenni, e deve anche creare un fondo di sviluppo comunitario per riparare i danni alla vita comunitaria dei membri del popolo U’wa.

Una lotta lunga più di due decenni

Il conflitto è iniziato nel 1994, quando la multinazionale Occidental Petroleum Corporation (OXY) ha ottenuto dal governo colombiano una licenza ambientale per l’esplorazione petrolifera nel blocco di Samoré, oggi noto come Gibraltar.

Gli U’wa hanno rifiutato il progetto fin dall’inizio, adducendo impatti negativi sul loro territorio e sulla loro cultura. Tuttavia, nonostante una sentenza della Corte costituzionale che ordinava una consultazione preventiva5, il Consiglio di Stato ha permesso alla OXY di continuare le esplorazioni. Ciò ha spinto la comunità a cercare giustizia a livello internazionale, rivolgendosi al sistema interamericano dei diritti umani nel 1998.

La denuncia è stata accolta dalla Commissione Interamericana per i Diritti Umani6 nel 2015, 17 anni dopo la sua presentazione, e nel 2019 ha concluso che i diritti degli U’wa alle garanzie giudiziarie e alla proprietà collettiva erano stati violati. La Commissione ha deferito il caso alla Corte della CIDH, che ha deliberato nel 2024 e ha infine emesso la sua sentenza.

La presenza di infrastrutture come l’oleodotto Caño Limón – Coveñas ha generato tensioni nella regione. Questo progetto, gestito da Ecopetrol fin dagli anni ’80, è stato oggetto di oltre 1.500 attacchi da parte di gruppi armati illegali come l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). Gli U’wa hanno denunciato l’impatto di questi attacchi, tra cui quello del 2014 che ha provocato feriti e sfollati all’interno della comunità e la contaminazione delle fonti d’acqua.

Gli U’wa considerano il petrolio “il sangue della terra” e che la sua estrazione mette in pericolo la vita stessa. Tra le loro richieste c’è anche l’eliminazione dell’impianto di gas di Gibraltar, che dal 2008 rifornisce diverse città colombiane come Bucaramanga e Cúcuta, ma che per loro rappresenta un’offesa alla loro concezione del mondo.

Nel 2014, il governo del presidente Juan Manuel Santos7 ha ripreso il dialogo con gli U’wa, creando una tavola rotonda che ha cercato di chiarire i titoli coloniali, risanare il resguardo e valutare gli impatti dei progetti estrattivi nella regione. Tuttavia, gli accordi raggiunti non sono stati pienamente realizzati e la comunità ha mantenuto la sua ferma posizione contro le attività estrattive nel suo territorio.

Il caso U’wa, difeso da organizzazioni come EarthRights International (ERI) e il Collettivo di Avvocati José Alvear Restrepo (Cajar)8, ha messo in luce le tensioni tra i diritti collettivi dei popoli indigeni e gli interessi economici dello Stato. Sebbene il Governo abbia sempre sostenuto che le risorse del sottosuolo appartengono alla nazione e sono essenziali per milioni di cittadini, per gli U’wa la protezione del loro territorio è un diritto fondamentale e non negoziabile, ora riconosciuto dalla Corte Internazionale.

Nel febbraio del 2023 Yaku, che dal 2004 accompagna il popolo U’wa, insieme ad una troup audiovisiva si è recata nei territori ancestrale del popolo indigeno U’wa per testimoniare con un documentario la loro lotta per difendere la Madre Terra dall’estrattivismo e dallo sfruttamento di multinazionale del petroli e minerarie.

Inoltre Yaku ha pubblicato anche un libro di cui una parte è un mini dizionario spagnolo-italiano-u’wa

Fonti:

El Espectador, Redaccion judicial, 20 de diciembre de 2024,

1 La Corte interamericana dei diritti umani è un tribunale internazionale, a carattere regionale, volto alla tutela dei diritti umani, con sede a San José in Costa Rica.

Istituita con la Convenzione Americana dei Diritti Umani del 1969, la Corte è competente a conoscere dei ricorsi presentati dalla Commissione interamericana dei diritti umani e da individui contro gli Stati responsabili di violazioni dei diritti fondamentali. Gli Stati sottoposti alla giurisdizione della Corte sono solo gli Stati del continente americano che abbiano ratificato la Convenzione americana dei diritti umani, entrata in vigore il 18 luglio 1978.

Al momento hanno ratificato la Convenzione venticinque Stati americani: Argentina, Barbados, Bolivia, Brasile, Colombia, Costa Rica, Cile, Dominica, Ecuador, El Salvador, Granada, Guatemala, Haiti, Honduras, Giamaica, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Suriname, Trinidad e Tobago, Uruguay e Venezuela. Trinidad e Tobago ha denunciato la Convenzione il 25 maggio 1998.

2 Territorio indigeno riconosciuto formalmente dallo Stato e gestito in piena autonomia.

3 Per assurdo che possa sembrare, i la Corona spagnola, con l’estrema arroganza che caratterizza tutti i colonizzatori, riconobbero dei territori ai popoli che originariamente popolavano questi territori d’oltremare ed a questi titoli molti popoli originari si richiamano di fronte allo Stato colombiano che ha ridotto ulteriormente i loro territori per favorire ulteriormente l’espoliazione del suolo e sottosuolo.

4 Territori che lo Stato colombiano riconosce ai popoli originari. Come detto sono inferiori in molti casi ai territori riconosciuti dalla stessa Corona Spagnola che occupò unilateralmente gran parte dell’America Latina, frutto di lotte sanguinose con lo Stato colombiano e costantemente sotto attacco militare e giuridico da parte dello stesso Stato, multinazionali e gruppi armati irregolari finanziati spesso dalle stesse multinazionali per “liberare” i territori da questi occupanti e favorirne lo sfruttamento economico.

5 La consultazione preventiva è il diritto fondamentale dei popoli indigeni e di altri gruppi etnici di poter decidere le misure (legislative e amministrative) o la realizzazione di progetti, opere o attività all’interno dei loro territori, cercando così di proteggere la loro integrità culturale, sociale ed economica e di garantire il diritto alla partecipazione. La consultazione preventiva si basa sul diritto dei popoli di decidere le proprie priorità per il processo di sviluppo, nella misura in cui questo influisce sulla loro vita, sulle loro credenze, sulle loro istituzioni e sul loro benessere spirituale e sulle terre che occupano o utilizzano in altro modo, e di controllare, per quanto possibile, il proprio sviluppo economico, sociale e culturale. Inoltre, il diritto di questi popoli di partecipare alla formulazione, all’attuazione e alla valutazione dei piani e dei programmi di sviluppo nazionali e regionali che possono riguardarli direttamente (articolo 7 della Convenzione ILO 169). Fue stabilita dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro nella Convenzione n.169 dell’Organizzazione internazionale per il lavoro (ILO) sui diritti dei popoli indigeni e tribali ed è uno strumento internazionale giuridicamente vincolante adottato il 27 giugno 1989 ed entrato in vigore il 5 settembre 1991. Ad oggi è stata ratificata soltanto da 24 Paesi: Argentina, Bolivia, Brasile, Repubblica Centrafricana, Cile, Colombia, Costa Rica, Danimarca, Repubblica Dominicana, Ecuador, Fiji, Germania, Guatemala, Honduras, Lussemburgo, Messico, Nepal, Paesi Bassi, Nicaragua, Norvegia, Paraguay, Peru, Spagna e Venezuela. Dopo aver ratificato la Convenzione, gli Stati hanno un anno per preparare un’adeguata legislazione, politiche e programmi in linea con questo documento. Gli Stati parte, inoltre, sono soggetti a periodiche supervisioni da parte dell’ILO circa lo stato di implementazione della Convenzione.

6 La Commissione interamericana è un organo dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), creata nel 1959 allo scopo di promuovere il rispetto dei diritti umani in tutti gli Stati membri e di servire come organo consultivo dell’Organizzazione.

7 Premio Nobel per la Pace nel 2016 per le negoziazioni con la guerriglia.

8 https://www.colectivodeabogados.org/, un’organizzazione di avvocati dedicati a promuovere cause per violazioni ai diritti umani promosse dallo Stato colombiano.