In Colombia Enel sfolla con la violenza decine di contadini per la diga del Quimbo.

il: 10 Novembre 2013

Enel mostra di nuovo i muscoli contro la resistenza delle comunità colpite dal progetto della diga di El Quimbo nel Huila, in Colombia. Il 7 novembre decine di contadini sono stati allontanati con la forza dalle loro case dalle forze di sicurezza private di Emgesa (Endesa-Enel) e dai nuclei antisommossa dell’ESMAD. Ma il braccio di ferro tra Enel e Assoquimbo – che riunisce le comunità colpite dalla costruzione della diga  –continua in un intreccio di mobilitazioni, cause legali, ricorsi alla Commissione interamericana dei diritti umani.Intanto in Italia dopo i “tumulti” di ottobre i movimenti s’incontrano a Roma per decidere le nuove mobilitazioni.

Un segnale di forza muscolare, quello di Enel che attraverso lo sfollamento forzato ha riconquistato alcune terre nelle comunità di Santiago, Palacios, Majo e Jagualito, del municipio di Garzón strappandole dalle mani dei contadini che a loro volta le avevano recuperate nei mesi scorsi.

Un segnale di debolezza quello di Enel che si sente accerchiata, sia sul fronte legale, che dalle numerose mobilitazioni iniziate il 12 ottobre e che sia in sud america come in europa contestano e si battono contro questo modello di sfruttamento, energetico, sociale e ambientale.

Su fronte legale Assoquimbo sta unificando le cause dei singoli contadini sollevate contro Enel per danni ambientali, economici, sociali e per violazione dei diritti umani.

Sul fronte italiano è in corso di valutazione la possibilità di una causa contro Enel per danni ambientali e sociali.

Sul fronte internazionale lo scorso 31 ottobre è stato presentata da Assoquimbo con la collaborazione della Commissione intereclesiale di Justicia y Paz una denuncia pressola Commissioneinteramericana dei diritti umani per chiedere l’interruzione di 6 progetti per la costruzione di altrettante megadighe in Colombia, tra cui quella del Quimbo per violazione dei diritti umani. Per questo sono state anche richieste precise misure cautelari per le comunità del Quimbo.

Un ombrello giuridico, se confermato dalla sentenza della Commissione prevista nell’arco di qualche mese, che darebbe una bella boccata di ossigeno e protezione alle continue mobilitazioni per la riappropriazione delle terre nella zona e linfa vitale ai percorsi di resistenza internazionali, in particolare nel nostro Paese, non solo per chi si batte contro il modello energetico di sfruttamento ambientale e sociale di Enel.

I movimenti che hanno animato in Italia le mobilitazioni del 12 ottobre contro le nuove e le vecchie logiche del colonialismo, in parallelo alla manifestazione per la liberazione del Quimbo a cui ha partecipato anche una delegazione italiana e internazionale, hanno aperto la settimana di lotta che ha trovato il suo culmine nelle ampie manifestazioni del 18 e 19 ottobre a Roma. Un tumulto e un fermento confermato anche dall’assemblea del 9 e10 novembre organizzata alla Sapienza di Roma in cui i movimenti che hanno lanciato la manifestazione del 19 ottobre si sono ritrovati per continuare a tessere le fila di un percorso, dalla Val di susa alle tante piazze italiane, che si riconosce in una lotta comune (per il reddito di cittadinanza, la riappropriazione dei beni comuni e degli spazi di democrazia, contro la finanziarizzazione della natura, l’Europa dell’austerity, le politiche neoliberali delle banche e degli istituti finanziari) ma che non si lascia rappresentare e che trova nell’autonomia e nel riconoscimento delle differenti pratiche di lotta e resistenza, senza distinzione di buoni e cattivi, la sua energia e continuità.

Quindi già i prossimi appuntamenti il 16 novembre in Val di Susa e a Napoli