LA COLOMBIA DELLE DONNE
di Francesca Caprini
Sono molti anni che Yaku cammina territori latinoamericani di comunità e popolazioni in resistenza, diventando parte di un mosaico di storie, di pratiche collettive e di lotte per i diritti che hanno contribuito a far crescere spazi di imprescindibile importanza dove la reciprocità e l’interscambio sono stati la trama attorno a cui tessere fili colorati. Dalla Bolivia alla Colombia, dal 2003 ad oggi, uno dei ritmi che ha cadenzato i nostri passi è stato quello delle lotte femmine: lavorando e costruendo politicamente il nostro agire per la difesa dell’acqua come bene comune, l’intreccio con il protagonismo femminile e femminista dentro movimenti, organizzazioni, gruppi comunitari in difesa di territori, risorse e vita, e per la costruzione di nuovi paradigmi sociali ed ambientali di chiaro marco anticapitalista ed antiestrattvisita, è stato naturale e rigenerante. In Colombia, dove Yaku è presente dal 2012, uno dei percorsi più significativi – ancora in essere, che si nutre di continue iniziative, collaborazioni, attività – è quello che abbiamo chiamato “Mujeres Por la Paz”, donne per la Pace: un flusso potente ed internazionale che ha intercettato donne impegnate nella difesa dell’ambiente, dei territori e degli ecosistemi e che ha partecipato alla visibilità delle lotte femminili e femministe nei territori di conflitto. La “paz”, la pace di cui parliamo, è quella pacificazione che si fonda sulla giustizia sociale ed ambientale. Diritto ad una vita degna, come spesso abbiamo sentito reclamare nelle comunità contadine ricattate dal narcotraffico, o nei territori indigeni stuprati dalle multinazionali, o ancora attraversando i fiumi delle terre del pacifico colombiano, sulle cui rive vivono sfollati migliaia di colombiani afrodiscendenti in fuga dalla violenza dei paramilitarisimi, connessa con l’esercito o con schegge dissidenti delle guerriglie. O anche, diritto al “Buen Vivir”, concetto tutt’altro che semplice e snello, ben poco risolutivo nella traduzione di “vivere bene”, molto più incisivo nella sua accezione di orizzontalità, di giustizia, di cura. “La Colombia delle Donne” è un esercizio che entra in questa dimensione storica, politica, solidale: insieme alle donne delle comunità con cui Yaku collabora, vuole essere una fessura attraverso cui scorgere la luminosa potenza rivoluzionaria del contributo di genere al processo di pace colombiano e più in generale, al cambiamento globale in difesa della Madre Terra, e per i diritti di tutte e di tutti. In un Paese in guerra come è stata la Colombia per più di mezzo secolo, e che tenta testardamente di cambiare con costruzioni pazienti di memoria, di battaglie civili, di elaborazione di tanti, troppi lutti, il presente volume vuole contribuire al racconto corale di quello che le donne colombiane stanno riuscendo a fare, in costante dialogo con donne di altri territori, continenti, popolazioni, nazioni. Le storie che raccontiamo sono molto diverse fra loro, perché la diversità è uno dei valori fondanti della pace e del cambiamento. Ma sono anche molto simili, perché sempre c’è sorellanza, gentilezza, emozione e incredibile forza.
TERRITORI IN DIFESA DI – esperienze e percorsi a sostegno di persone difensore di diritti umani e ambientali
a cura di Maria Vasti
La presente pubblicazione “Territori in difesa di” si inserisce nel percorso di sostegno e di accompagnamento verso le persone difensore dei diritti umani ed ambientali che Yaku ha animato e contribuito a sviluppare dalla sua fondazione, ma con maggiore concretezza, dal 2016 ad oggi. In quell’anno infatti, insieme ad altre decine di associazioni, organizzazioni, enti ed Università italiane, nasce la rete In Difesa Di. Yaku ne diventa referente fra i principali, s’impegna a sostenere la scrittura della mozione Provinciale – numero 190 – e Comunale- numero 638 – sulla difesa delle e dei difensori dei diritti umani: la città di Trento diventa così la prima “Città in Difesa Di” d’Italia. In Trentino si forma nel 2018 il Nodo trentino In Difesa Di, che da allora promuove e sostiene iniziative, convegni e percorsi di formazione, sensibilizzazione ed accoglienza verso persone difensore sotto minaccia. “Territori in Difesa di” vuole essere il contributo che aiuta a fotografare alcune delle significative azioni sviluppate sul nostro territorio in questa direzione: descrivendo la prima iniziativa concreta e concertata di accoglienza verso due attivisti sotto minaccia, è un documento che significativamente valorizza la propensione ancora resistente della nostra terra, verso la solidarietà e la giustizia sociale ed ambientale. Vuole essere parte di quella spinta sociale verso l’assunzione collettiva di responsabilità e la costruzione di soluzioni, che attraversano i diritti, l’ambiente, le grandi sfide che il nostro tempo ci pone dinnanzi, e da cui, come Città In Difesa Di, non vogliamo sfuggire.
CITTA’ IN DIFESA DI – sostenere e proteggere a livello locale i diritti umani e chi li difende
a cura della Rete in Difesa Di per i Diritti Umani e chi li Difende
Redatto da Selene Greco, Aprile 2021
Dal 2016, anno della sua nascita, la rete In Difesa Di (IDD), composta da oltre 40 organizzazioni italiane, lavora a sostegno di chi difende i diritti umani in Italia e in diverse aree del mondo. Essa agisce su diversi piani, dalla sensibilizzazione, all’advocacy istituzionale e, sin dalle origini, ha focalizzato la propria azione verso la costruzione di una rete di Città Rifugio in Italia, attraverso programmi promossi dagli enti locali mirati alla protezione attiva dei Difensori e delle Difensore dei Diritti Umani. Come si vedrà nei capitoli successivi, negli ultimi anni, grazie al contributo della rete, diversi programmi di questo genere sono stati attivati nel nostro paese, alcuni dei quali ormai consolidati, altri in fase di sviluppo iniziale.
Il presente Discussion Paper è uno dei risultati di tale progetto, ed è rivolto agli enti locali italiani affinché possano avere un quadro delle varie iniziative di sostegno ai Difensori e alle Difensore in corso in Italia e all’estero, nella prospettiva di un loro possibile coinvolgimento attivo.
DIFENDERE CHI DIFENDE – forme e modelli di protezione delle difensore e difensori dei diritti umani
a cura della Rete In Difesa Di per i Diritti Umani e chi li Difende
Redatto da Stefano Filippini Maggio 2021
La figura del difensore dei diritti umani è riconosciuta dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Difensori dei diritti umani del 1999, la quale sancisce i diritti di ogni individuo di lottare pacificamente per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale ed internazionale1 . La Dichiarazione non concerne solamente il lavoro degli Human Rights Defenders, ma anche i doveri degli stati; difatti, le entità statali sono obbligate a garantire la promozione, l’implementazione e la protezione di tutti i diritti umani., oltre che a garantire i diritti di tutte quelle persone minacciate come conseguenza del loro diritto di difesa e promozione dei diritti umani garantito dalla Dichiarazione stessa. Secondo il report annuale di Front Line Defenders2 , almeno 331 difensori e difensore dei diritti umani sono stati uccisi a causa del loro lavoro nel 2020. Il 69% dei casi riguarda attivisti per i diritti della terra, dell’ambiente e dei popoli indigeni. La Colombia da sola conta 177 omicidi, il 53% del totale dei casi riportati. L’impunità è stata la norma, mentre nella maggior parte dei casi gli omicidi sono stati preceduti da aggressive campagne di diffamazione online e offline con l’obiettivo di screditare il lavoro dei difensori e difensore dei diritti umani. In ogni regione del mondo, l’arresto e la detenzione hanno continuato a rappresentare le più comuni violazioni utilizzate per danneggiare o bloccare il lavoro dei difensori e delle difensore. Oltre alla legislazione sempre più restrittiva introdotta come risposta alla pandemia, varie altre leggi pensate per limitare il lavoro e la sicurezza dei difensori dei diritti umani e della società civile sono state approvate nello stesso contesto. L’avvento della pandemia di Covid-19 non ha solo rappresentato nuove minacce e pericoli per il lavoro dei difensori e difensore dei diritti umani, ma anche nuove responsabilità nei confronti delle proprie comunità. Difatti, dove i governi nazionali sono stati assenti o hanno sottovalutato gli effetti distruttivi del Covid-19. i difensori e le difensore hanno ricoperto un ruolo di educazione alle regole base per prevenire la contrazione del virus. Nonostante ciò, i governi nazionali non hanno incluso i difensori e le difensore nei “lavoratori essenziali”, ed hanno continuato ad essere puniti e perseguitati per la loro attività. Allo stesso modo, vari paesi hanno deciso di rilasciare una parte rilevante dei loro detenuti in carcere, come conseguenza della facile circolazione del virus in questo ambiente. Nonostante ciò, i difensori e difensore dei diritti umani non sono stati rilasciati, continuando a scontare la loro pena in prigione.
DONNE IN DIFESA DI – una guida
a cura di Yaku
Più di altri progetti di cooperazione internazionale che come Yaku abbiamo intrapreso in vari Paesi latinoamericani, “Donne In Difesa – Colombia” è stato un percorso che ha messo con forza in discussione le nostre precedenti convinzioni.
Progetto pensato ed elaborato nell’alveo della rete “In Difesa Di, per i diritti e per chi li difende” – una piattaforma di più di quaranta organizzazioni impegnate nella difesa delle persone difensore minacciate per il proprio attivismo – Donne In Difesa Di ha coinvolto per tre anni circa 800 donne colombiane appartenenti a comunità indigene, contadine ed afrodiscendenti in resistenza. E ha contribuito all’integrità di tre attiviste che stavano vivendo una vita di minacce e paure, per il loro attivismo e visibilità politica.
Ci siamo messi in gioco, assieme ai nostri partner locali della Commissione Interecclesiale Justicia y Paz Colombia. E abbiamo capito quanto il panorama della geopolitica dell’accaparramento contro difensore e difensori di diritti umani stava cambiando, di pari passo con l’avanzata delle strategie iperestrattiviste nei territori più ricchi di risorse, e quindi più esposte a dinamiche di spoliazione e di conquista.
E’ stato necessario prendere atto che quanto avevamo appreso e studiato sui sistemi di protezione sviluppati da istituzioni e Ong in difesa di donne difensore dei diritti umani ed ambientali, era inadatto ad un contesto complicato come quello colombiano.
I protocolli che prevedevano l’allontanamento di attiviste, leader comunitarie, difensore ambientali, luchadoras per la vita e la dignità, dai propri territori e la loro temporanea dislocazione in cittadine europee, non erano più sufficienti. E spesso, la reazione di queste donne coraggiose sotto minaccia nell’essere allontanate dai propri gruppi, dalla famiglia, dai territori d’origine, è stata quella di sentirsi sicuramente più sicure, ma meno utili alla loro causa.
La presente guida è dunque una piccola pubblicazione che prova a contribuire alla descrizione dei panorami di lotta e resistenza delle donne nei territori in conflitto
LA VISIONE DELL’ACQUA – un libro sulle lotte in difesa dell’acqua e dei beni comuni
con l’introduzione del grande scrittore Eduardo Galeano
prodotto da Yaku
Cosa lega la visione dell’acqua delle popolazioni indigene dell’Altopiano boliviano ai canti del popolo U’wa in Colombia, alle mobilitazioni in Italia contro la privatizzazione dell’acqua e alla difesa dei ghiacciai delle Dolomiti? Questo libro cerca di rintracciare il filo “blu” che unisce diversi percorsi e mobilitazioni in difesa dell’acqua, il dato comune che lega esperienze apparentemente così distanti tra loro. È possibile un discorso comune, una visione dell’acqua e del rapporto uomo-natura in grado di costruire un nuovo legame sociale e nuove pratiche di convivenza in cui possano riconoscersi attori e movimenti coinvolti nelle lotte contro le privatizzazioni? Un cammino condiviso che lega la difesa della sovranità popolare alla ricerca di nuovi significati del vivere comune e di una ridefinizione del rapporto tra popoli e territori.
Nell’anno 2000, la privatizzazione dell’acqua in Bolivia arrivò a offrire uno spettacolo degno del Guinness dei primati. Nella regione boliviana di Cochabamba l’acqua fu privatizzata, compresa l’acqua della pioggia. Ci fu allora un’insurrezione popolare, e la sommossa cacciò dal paese l’impresa californiana che aveva avuto l’acqua in regalo, con pioggia e tutto, e aveva portato le tariffe alle stelle. A Cochabamba scorse il sangue, però la dignità popolare recuperò, lottando, il più indispensabile dei beni di questo mondo. Quello fu un segnale d’allarme per tutti, da tutte le parti. Per questa strada, dove andremo a finire? Cosa pretenderanno, adesso, i padroni del potere universale? Vorranno imporci la privatizzazione dell’aria? Ci sarà da pagare per avere il diritto di respirare? Non ci sono limiti alle assurdità pretese dal sistema dominante? Quattro anni dopo la sommossa popolare di Cochabamba, nell’anno 2004, in Uruguay si tenne un referendum sull’acqua: affare di pochi o diritto di tutti?”