Colombia – Comunicato sulla protesta per la difesa della vita, del territorio, della democrazia, della giustizia e della pace

il: 3 Aprile 2019

Dallo scenario di convivenza e dialogo situato nel resguardo indigeno della Mercedes, settore del Pital, territorio ancestrale Sa’th Tama Kiwe, municipio di Caldono, dipartimento del Cauca, come popoli indigeni, organizzazioni sociali, processi popolari, sindacalisti, cittadini e studenti universitari allertiamo tutti riguardo alla violenza che si potrebbe sprigionare da parte dello stato colombiano contro la nostra protesta nel sud occidente.

Il presidente della Colombia ha dichiarato che non dialogherà con noi fin quando continueremo ad organizzare azioni ed occupazioni nella via Panamericana, giustificando la sua scelta appellandosi al fatto che stiamo ledendo alcuni diritti di altre persone e di interi settori, per esempio quello alla mobilità.

Questa argomentazione nega però il nostro diritto alla mobilitazione sociale ed ignorano completamente i motivi che ci spingono ad organizzare queste lotte come ultima istanza davanti alla ignominia dello Stato. Dall’altra parte, i settori minoritari che però posseggono un gran potere economico, politico e mediatico invocano la violenza di Stato per reprimerci.

La nostra gente è composta di comunità indigene e contadine: Consejo Regional Indígena del Cauca CRIC, Consejo Regional Indígena de Caldas CRIDEC, Consejo Regional Indígena del Huila CRIHU, Comité de Integración del Macizo colombiano CIMA y Proceso de Unidad Popular del Suroccidente Colombiano PUPSOC

Ci identifica: la grave situazione della violazione dei diritti umani (essendo il dipartimento del Cauca il numero uno per numero di leader sociali uccisi), l’accumulo degli accordi firmati che non sono stati rispettati, l’emergenza economica, sociale, culturale e ambientale, la situazione di impasse della nostra capacità di concertazione con il governo, l’inosservanza della nostra proposta all’interno del Piano Nazionale di Sviluppo 2018-2020 e la negazione e l’attacco delle nostre opinioni sin dal modello di sviluppo minerario e energetico, il quale minaccia i nostri territori e la nostra sopravvivenza.

Come comunità abbiamo deciso di organizzare atti di protesta sulla via Panamericana in quanto unica opzione per tentare di aprire il dialogo con il presidente della Repubblica. Sin dall’elezione del presidente Ivan Duque abbiamo sollecitato il dialogo con lui, ma non abbiamo ottenuto nulla. Lo abbiamo visto riunirsi con i partiti politici, con le grandi corporazioni economiche, con la comunità internazionale, si è intromesso negli affari del vicino Venezuela come ha partecipato a diversi gruppi di lavoro. Noi rimaniamo ancora oggi senza un segnale, senza un cenno del su interesse verso la nostra richiesta di incontro.

Da ciò possiamo solo trarre che siamo parte della popolazione non inclusa nel suo modello di società e di sviluppo, che apparteniamo ad una regione abbandonata e marginalizzata dello Stato, utile solo per quanto concerne l’estrattivismo minerario ed energetico, dentro al quale come popolazione siamo solo un problema, una seccatura.

I seguenti punti sintetizzano i diversi tentativi che abbiamo fatto per poter dialogare con il presidente Ivan Duque:

  1. Il giorno 9 agosto 2018, due giorni dopo l’insediamento del presidente Duque, come popoli indigeni del paese siamo stati convocati presso il palazzo di Nariño. Il presidente espose le sue politiche riguardanti gli indigeni, senza però creare un dialogo politico. Il Consiglio Regionale Indigeno del Cauca ha partecipato all’incontro, portando al presidente una lettera, con la quale lo si invitava ufficialmente ad un incontro nel settembre 2018 a Monterilla, nel territorio Sat Tama Kiwe. Non si è ancora ricevuta nessuna risposta.
  2. Nel 2019, precisamente in data 22 febbraio, come organizzazioni partecipanti a questa pratica di lotta collettiva e sociale abbiamo convocato il presidente Ivan Duque per dialogare e discutere riguardo i nostri processi organizzativi. L’appuntamento era fissato per il 12 marzo nel territorio di Sat Tama Kiwe, zona della Mercedes, municipio di Caldono. La risposta che abbiamo ricevuto è stata l’invito ad un’altra riunione nel palazzo di Nariño, due ore di discussione incluso il pranzo, alla quale abbiamo deciso di non partecipare perché non coinvolgeva le nostre autorità indigene, le organizzazioni sociali e l’intera comunità.
  3. Nel contesto di questa protesta ancestrale, ci è stata richiesta, da parte di funzionari governativi ed a nome del presidente della Repubblica, un’agenda di lavoro per il dialogo, documento che abbiamo inviato il passato 13 di marzo, con tutti i temi politici a noi cari, le nostre rivendicazioni, sottoscritto da tutte le parti in causa.
  4. Parallelamente a questa proposta del governo, come autorità indigene e organizzazioni sociali abbiamo continuato ad insistere sul nostro invito per la concertazione con il governo, però questa nostra volontà non è mai stata citata.

Nel caso del Consejo Regional Indigena del Cauca (CRIC) si fa affidamento ad un meccanismo di concertazione con il governo nazionale, il quale dovrebbe consistere in un approccio con la Comision Mixta creata grazie al decreto 1811 del 2017, il quale definisce le politiche pubbliche degli indigeni nel parlamento del Cauca e conta di due strumenti: il Piano annuale di investimento ed il Piano quadriennale.

Il piano quadriennale 2019-2022 doveva essere programmato a marzo del 2018. In sette mesi di governo Duque non si è potuta tenere nessuna concertazione a riguardo, nonostante le infinite riunioni tecniche avvenute fra le istituzioni ed il CRIC, sia a Bogotà come a Popayan. Questo ne ha impedito l’inclusione all’interno del Piano Nazionale di Sviluppo.

Il febbraio passato è realizzata una sessione della Comision Mixta, la quale ha sviluppato un’agenda creata a causa della mancanza di un accordo fra le parti. Gli uffici del governo hanno commentato la situazione affermando di non potere fare nessun bilancio fino a quando non ci sarà un Piano Nazionale di Sviluppo (PNS), generando così un circolo vizioso: non si include realmente il piano quadriennale all’interno del PNS perché non è stato concordato, ma allo stesso tempo non si può combinare un accordo di piano quadriennale perché non c’è un Piano Nazionale di Sviluppo.

C’è da sottolineare come le principali componenti del piano quadriennale presentato dai popoli indigeni del CRIC si riferiscono ad accordi già firmati dal governo precedente su temi quali terra e territorio, educazione, salute, comunicazione e diritti umani, i quali si sarebbero dovuti compiere all’interno dell’attuale quadriennio e che persistono incompiuti.

  1. Il piano di investimento 2017-2018 si è deciso a Monterilla, però la sua osservanza è stata inferiore al 40%.
  2. Il Piano di Sviluppo 2019 non è stato deciso in quanto necessiterebbe di un Piano quadriennale 2019-2022 che non è stato ancora attuato. Per questo, quest’anno non abbiamo a disposizione un Plan de Inversion.

A causa dell’incapacità istituzionale dello Stato, o della sua volontà di non adempire ai suoi doveri, il decreto 1811 diventa nella pratica una norma di abbellimento, un monumento all’inganno verso i popoli indigeni.

  • Nel caso delle comunità contadine, durante il presente governo del presidente Duque, non è stato possibile citare la “mesa campesina Cauca” per una totale mancanza di interesse e invito da parte delle istituzioni nazionali responsabili. Questo ha significato non solo l’assenza di dialogo e concertazione con l’attuale governo, ma anche che i progetti e i bilanci di investimento già approvati precedentemente rimangono bloccati in un limbo, generando sfiducia nelle comunità, non solo verso il governo nazionale ma anche verso i nostri stessi processi organizzativi.
  • Durante l’ultimo trimestre dello scorso anno e all’inizio del 2019, come Mesa Campesina Cauca, abbiamo partecipato a tutte le iniziative di dialogo e costruzione del Plan Nacional de Desarollo. All’interno di questi spazi abbiamo proposto il “Patto per l’uguaglianza rurale ed il benessere della popolazione contadina”, il quale è stato valutato positivamente dal Consejo Nacional de Planeacion (CNP) che ne chiede l’inserimento.
  • In occasione del vertice del Cauca, tenutosi nel novembre 2018, è stato presentato davanti al Ministro per l’ambiente ed al Viceministro degli interni il “Pacto por el Cauca”, con lo scopo di essere inserito all’interno del “Pacto por las Regiones”.

Nessuna delle iniziative proposte dal tavolo campesino è stata inclusa all’interno del Piano Nazionale di Sviluppo, dimostrando ancora una volta che i mandati partecipativi della Costituzione e la legge sono solamente utili alla legittimazione delle iniziative e dei modelli decisi e scritti dalle grandi corporazioni del nostro paese.

Seguendo il punto di vista dell’urbanistica nazionale, ci ritroviamo all’interno di diverse categorie come, per esempio, quella di Colombia rurale, di produttori del campo o di impresari rurali, andando così a cancellare nel tempo la nostra essenza di cultura differenziata e di soggetto di diritto attraverso l’uso di categorie meramente economiche.  

  • Le organizzazioni indigene CRIDEC e CRIHU, come il CRIC, hanno nel tempo accumulato una serie di accordi disattesi che li obbligano alla mobilitazione. Inoltre sono stati uniti per creare un documento che è stato presentato durante questa protesta.

Abbiamo sollecitato un dialogo aperto e pubblico con il presidente per sapere come avrebbe agito il governo nei confronti dei nostri diritti economici, sociali e culturali, nel rispetto della nostra cultura e dei nostri processi decisionali. Non abbiamo ancora ottenuto nessuna risposta.

La Colombia e la comunità internazionale stanno aspettando di vedere quale sarà la risposta di questo governo alle mobilitazioni sociali: ci sarà dialogo con i contadini e gli indigeni, intesi però come attori politici e sociali, o sarà usata la violenza fisica e lo screditamento a nemici della patria? Solo il presidente Duque può decidere quale scenario intraprendere.

Ogni disgrazia, ogni ferito, ogni morto, ogni bugia ripetuta all’infinito per convertirla in verità, mostrano al mondo qual è la direzione intrapresa dalla democrazia in Colombia. La nostra protesta sarà seme di resistenza che chiamerà sempre più colombiani e colombiane ad unirsi alla lotta per la vita, i diritti umani, la giustizia, la democrazia e la pace.

Traduzione a cura di Yaku Onlus

Testo originale