L’appello del movimento francese Nuit debout, “domenica 15 maggio occupiamo le piazze in tutto il mondo”, rimbalza ovunque. E anche in Italia la notte del 15 maggio sarà luminosa in molte città. Di seguito, l’appello in italiano, inglese, spagnolo e francese: “Il 15 maggio passiamo all’azione! Nei nostri quartieri, villaggi e città… Il 15 maggio, occupiamo piazze dappertutto nel mondo, per un #GlobalDebout”
Un fine settimana di raccolta firme eccezionale per avvicinarsi all’obiettivo delle 500.000 firme a quesito. Una mobilitazione generale che abbraccerà anche il movimento europeo Nuit Debout, che da settimane sta crescendo a ritmi incredibili in tutto il Vecchio Continente.
Sei quesiti referendari, una petizione popolare, centinaia di attivisti e di attiviste, decine di adesioni da realtà e associazioni,1.000 banchetti in tutta Italia: è questa la portata del Firma Day, in calendario il 14 e 15 Maggio prossimi.
Oltre 30.000 persone hanno partecipato sabato 7 maggio a Roma alla riuscitissima manifestazione nazionale promossa dalla Campagna Stop TTIP, una rete di oltre 250 associazioni e di 70 comitati locali. Una piazza plurale, allegra e determinata, che riassumeva in sé l’ampia composizione sociale che, in oltre due anni di lavoro nei territori, si è aggregata intorno a questa battaglia: c’erano i produttori agricoli e le piccole imprese, i sindaci di diversi Comuni, le reti dell’altra economia, del commercio solidale e del
“Siamo ostaggi del nostro benessere, per questo i migranti ci fanno paura, … la modernità produce immigrazione: il progresso economico riduce la forza lavoro e produce persone “inutili”. Che andranno sempre dove ci sono prospettive di pane e di acqua potabile” (Bauman)
Intervista di Yaku ad Alex Zanotelli durante la manifestazione a Roma del 7 maggio contro il Trattato transatlantico di libero commercio e gli investimenti TTIP tra l’Unione Europea e gli USA
il Consiglio di Stato diffonde il parere in merito al decreto sui servizi pubblici locali, attuativo della Legge Madia: si ammette che il decreto vieta la gestione pubblica e limita quella diretta anche tramite società a totale capitale pubblico. Ciò non conduce però i giudici a denunciare la conseguente contraddizione con l’esito referendario e con la stessa delega.