1.900.000 firme per l’acqua pubblica in Europa

il: 22 Novembre 2013

All’inizio del mese di settembre si è conclusa, in tutti i Paesi dell’Unione Europea, la campagna di raccolta delle firme per l’Iniziativa dei Cittadini Europei – ICE, finalizzata al fatto di sancire che l’acqua è bene comune e diritto umano universale e che il servizio idrico non può essere privatizzato.

Siamo arrivati ad un risultato straordinario, con più di 1 milione e 900.000 firme raccolte in tutt’Europa, 1 milione e 200.000 nella sola Germania, superando di molto il traguardo di 1 milione di firme per dichiarare valida l’ICE, e raggiungendo la soglia minima in ben 13 Paesi, quando ciò era richiesto in un minimo di 7 Paesi.

Anche in Italia, pur scontando la difficoltà che abbiamo toccato con mano nella costruzione della campagna – e cioè il fatto che l’Europa è vissuta come distante e “matrigna”, quella che ispira le politiche di austerità – e anche il dato che il movimento per l’acqua, nel suo insieme, è soprattutto concentrato per ottenere il rispetto dell’esito dei referendum di 2 anni e mezzo fa, abbiamo oltrepassato la soglia minima di validità, depositando al Ministero dell’Interno 67.000 firme, 12.000 in più delle 55.000 necessarie.

Questo risultato, che fa sì che l’ ICE sull’acqua pubblica sia la prima in assoluto che arriva a compimento, ci parla di parecchi ragionamenti, che riguardano sia il sindacato – visto che il soggetto che formalmente ha promosso tale iniziativa è stato EPSU, il sindacato europeo dei servizi pubblici – sia il movimento per l’acqua nella sua dimensione continentale. Per stare all’essenziale, mi limito a proporre tre ordini di considerazioni.

La prima si basa sulla constatazione, per noi non nuova, che solo la costruzione di una coalizione larga e inclusiva, frutto di sensibilità e di esperienze diverse, prodotta da soggettività differenti, come quelle provenienti dal mondo sindacale, da quello associativo e dall’auto-organizzazione dei cittadini è in grado di realizzare un risultato così importante e certamente non scontato.Ne sanno qualcosa i protagonisti della raccolta delle firme in Germania, che sono stati capaci di mettere in campo una mobilitazione sociale forte e diffusa, replicando il risultato che noi abbiamo visto agire nel corso della nostra campagna referendaria, così come è evidente che non si capirebbero ritrosie o incertezze nel dare gambe a quella che può essere una reale Rete europea di tutti i movimenti per l’acqua.

In secondo luogo, il successo dell’ICE esplicita e rafforza l’ idea che l’alternativa alle attuali scelte provenienti dall’Unione Europea a trazione tedesca, contrassegnate dall’ossessione della riduzione del deficit e del debito pubblico e dall’impostazione neoliberista della centralità del mercato e della finanza, non può reggersi solo sulla riproposizione del “vecchio modello sociale europeo”, ma ne richiede un aggiornamento profondo dove componente essenziale è la cultura del contrasto alle privatizzazioni e della difesa dei beni comuni, a partire dall’acqua: occorre vedere che questa, assieme ad una nuova idea del valore del lavoro, diventa uno dei pilastri di questa possibile innovazione.

Il terzo ragionamento verte sullo strumento stesso dell’ICE: esso è certamente imperfetto, lascia troppi margini di discrezionalità alla Commissione Europea e non consente una piena corrispondenza tra le intenzioni dei promotori e gli effetti che si vogliono produrre. E’ però altrettanto importante vedere come l’ICE, attualmente, costituisca l’unica parvenza di democrazia diretta in Europa e che il fatto di averlo utilizzato rimarca ulteriormente il nesso stretto che esiste tra cultura dei beni comuni e democrazia. Detto in altri termini, non è possibile non riflettere sul dato che la battaglia per i beni comuni è battaglia per l’affermazione e l’espansione della democrazia e parte integrante di quell’aggiornamento del modello europeo cui abbiamo appena fatto riferimento.Ora si apre la fase del controllo delle firme fino al 10 dicembre e, poi, entro i primi 10 giorni di marzo la Commissione Europea dovrà pronunciarsi su come intende rispondere alle questioni avanzate con l’ICE. Questa scadenza richiede, da parte nostra, un lavoro in almeno due direzioni. Da una parte, è essenziale, nel confronto con la Commissione Europea, delineare con maggior precisione le proposte da avanzare perché le questioni poste dall’ICE si possano affermare.

Da questo punto di vista, per rendere l’idea, occorre far sì che il principio del diritto all’acqua si traduca nella fissazione della garanzia universale del quantitativo minimo vitale dei 50 litri giornalieri pro-capite in tutt’Europa, che ancor oggi vede diversi milioni di persone sprovviste dei servizi igienico-sanitari; che l’idea del contrasto alla privatizzazione del servizio idrico si incardini in una norma generale, da far vivere poi nella legislazione dei singoli Stati membri; che l’enunciazione che l’acqua e il servizio idrico non devono essere materia di trattati internazionali soggiacenti alle logiche di mercato si trasformi in un impegno vincolante per l’intera Unione Europea.

Dall’altra, si tratta di sostenere queste intenzioni anche con la mobilitazione e le necessarie forme di pressione: in questo senso, aver deciso che il prossimo 10 dicembre, giornata internazionale dei diritti umani, sia, in Europa, un momento di iniziativa e mobilitazione per l’acqua pubblica e a sostegno dell’ICE, mi pare un fatto significativo e da costruire in termini adeguati.Infine, non possiamo prescindere dal fatto che, nella primavere del prossimo anno, si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo.

Non si può sottostare alla logica per cui questa prossima scadenza si giocherà nella finta alternativa tra europeismo e populismo, come si appresta a propagandare il governo Letta. In realtà, occorre chiarire che il tema di fondo è quello dell’alternativa tra le attuali politiche recessive e neoliberiste e una svolta profonda che metta al centro i temi del lavoro e dei beni comuni come nuovo paradigma per l’Europa che vogliamo costruire. Che, in questo senso, il dibattito tra la permanenza o meno dell’Euro rischia di essere fuorviante e decisamente povero rispetto allo scontro vero che è in campo. Mentre sostenere e lavorare perché l’acqua e i beni comuni siano sottratti al mercato, costituiscano un serio punto di riferimento per la costruzione di un’altra Europa, ottengano risposte coerenti con quanto richiesto con l’Iniziativa dei Cittadini Europei significa senz’altro tracciare una rotta che parla del futuro, della democrazia e dell’Europa sociale.

 Corrado Oddi Granello di Sabbia