Maritza Quiroz: la prima donna defensora dei diritti umani assassinata in Colombia nel 2019

il: 16 Gennaio 2019

La leader Maritza Isabel Quiroz Leiva è la prima donna attivista assassinata nel 2019 in Colombia. Faceva parte della Mesa de Participación de Víctimas per la regione del Magdalena. Era una “richiedente terra”, un’esponente del movimento contadino che sta reclamando – così come previsto dagli Accordi di Pace siglati nel 2016 fra Governo colombiano e movimento guerrigliero FARC -EP – le terre che la guerra colombiana ha loro levato attraverso massicce operazioni di sfollamento forzato.

Maritza era madre di quattro figli, in prima linea da sempre per la difesa dei diritti della popolazione afrodiscendente del Caribe colombiano e per le donne vittime di sfollamento forzato. Secondo le ricostruzioni, è stata freddata a colpi di pistola mentre era nella sua fattoria, nella vereda San Isidro, insieme al figlio di 22 anni. Ha aperto la porta e le hanno sparato, con due colpi è caduta a terra. Maritza, la prima donna leaderessa ammazzata nel 2019. Ma ad oggi sono già nove i referenti di movimenti e comunità caduti in maniera violenta in Colombia in queste prime due settimane dell’anno.

A guardare le foto di questa donna minuta, vecchia come una donna contadina che ha lottato tutta la vita può essere a sessant’anni, ci si chiede come possa essere possibile una violenza così cieca: ma com’è stato possibile che ammazzassero Berta Caceres sotto gli occhi del mondo, o il sorriso di Marielle Franco in Brasile? C’è evidentemente in gioco altro, troppo lontano dall’umanità, troppo feroce perchè possa essere compreso. Ma che deve essere combattuto.

La polizia cade dalle nuvole, afferma che non erano arrivate segnalazioni di pericolo verso la persona di Maritza. La Corte Constitucional invece aveva richiesto con insistenza l’anno scorso una qualche protezione speciale per l’incolumità di questa donna sessantenne, piccola e forte, perchè erano note le minacce di cui era oggetto. Aveva una storia complicata, Maritza, come tanti defensores colombiani e come quasi tutti gli afrodiscendenti: era dovuta scappare dal suo villaggio di origine, Palmor, nella Sierra Nevada, perchè le avevano ammazzato il marito. Era sfollata con i figli nel quartiere de Las Malvinas a Santa Marta. Ma era una donna che amava stare nella natura: con una certa regolarità se ne andava nella piccola finca che le era stata data dal governo da condividere con altre donne vittime della violenza, e dove è morta. Aveva sessant’anni, ed era riuscita a far studiare i suoi figli.

Sono molti i messaggi di indignazione e cordoglio che dal 5 gennaio – il giorno dell’assassinio di Maritza – sono arrivati da ogni parte della Colombia

QUI IL COMUNICATO CONGIUNTO DELLA RED NACIONAL
DE MUJERES DEFENSORAS

Dal 24 novembre 2016, secondo il ricercatore del Centro de Investigación y Educación –Cinep Federico Giraldo, sono stati 31 i morti ammazzati nella regione caribena perchè esponenti di movimenti per la difesa dei diritti umani ed ambientali

Victoria Sandino , rappresentante delle donne fariane (ex guerrigliere delle FARC -EP) e protagonista della costruzione degli Accordi di Pace, a proposito dell’uccisione di maritza Quiroz ha scritto in un tweet: ” Stiamo continuando a contare i morti mentre lo Stato e le sue istituzioni ignorano nella maniera più fredda il massacro che si sta compiendo ai danni del popolo”

Victoria Sandino ( a dx) mentre partecipa agli accordi di pace a Cuba nel 2016

Molte le voci che si levano critiche verso il governo del neopresidente della Repubblica Ivan Duque, che lo accusano di non tenere sufficientemente conto della tragedia che la Colombia e le ed i difensori di diritti umani stanno vivendo, mentre le cifre che incrociano i dati della defensoria del Pueblo, dell’Onu e del movimento politico Marcha Patriotica, parlano di almeno 400 leader asassinati dalla firma degli accordi di pace.