G20, L’OMBRA DELLA SIRIA SUL VERTICE DI SAN PIETROBURGO

il: 9 Settembre 2013

Fino a qualche settimana fa sarebbe dovuto essere il “solito” G20, in cui si parla di questioni economico-finanziarie. Invece il probabile intervento militare americano in Siria ha conquistato la ribalta, al di là dei contenuti formali dell’agenda dei lavori. Come confermato dagli incontri dell’altra notte, nessuno intende recedere dalle proprie posizion

i, ovvero la maggioranza dei paesi del G20, Russia in testa, non ha nessuna intenzione di avallare i piani americani.

Sugli altri temi le divisioni sono meno nette, ma di certo si prospetta una spaccatura tra le realtà più sviluppate e gli emergenti (ovvero il BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) sulle revisioni delle quote di potere nell’ambito del Fondo monetario internazionale. Le nuove potenze vorrebbero contare di più, quelle “vecchie” non intendono recedere di un passo. Visioni abbastanza antitetiche esistono anche sulle politiche monetarie. Fino a oggi gli Usa si sono distinti come “creatori di


denaro” senza troppi limiti, ma potrebbero chiudere i rubinetti della Fed in maniera improvvisa, provocando ulteriori problemi ai paesi in via di sviluppo. Si aggiunga che le prospettive economiche sembrano diventare più fosche proprio per i paesi emergenti, a fronte della ripresina che si prospetta negli Usa e in Nord Europa.

Meglio dovrebbe andare sulla questione della lotta all’elusione e all’evasione fiscale, con una sorta di istituzionalizzazione dello scambio automatico di informazioni tra paesi ma non il tanto auspicato dalla società civile “country by country reporting” da parte delle multinazionali (la presentazione dei bilanci paese per paese e non in maniera aggregata, come accade ora). Aspettiamoci poi tanta retorica sullo sviluppo post-crisi, sulla creazione di posti di lavoro (non si capisce bene come) e sul sostegno alla ripresa. Anche se la volontà di mettere fine alle politiche di austerità ed il rigore in Europa non emerge. Più in concreto, ci sarà un ulteriore conferma della volontà di spingere un po’ in tutto il pianeta il mantra delle grandi infrastrutture.

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