Acquedotti comunitari in Colombia

il: 10 Marzo 2016

Per gli Arahuacos l’acqua è origine, vita, intimità, verginità. L’acqua è, nella cosmogonia di questa popolazione indigena della Sierra Nevada, in Colombia, rappresentata da un serpente che vive nel fondale deberitolla laguna Atinaboba: laguna e serpente sono un unico essere, e le sue manifestazioni vengono interpretate dagli sciamani con segreti rituali. La cosmogonia Arahuaca incentra ogni suo passaggio fondamentale nell’acqua, in ogni sua forma; nei tempi antichi i suoi adepti collocarono enormi pietre lungo la Sierra, per segnare i punti energetici di scambio fra le acque sotterranee. Poi ci sono i Koguis, per cui la Madre è il mare; poi gli Yagui, per cui gli uomini apparirono dalle prime gocce d’acqua che il dio Tupana mandò sulla Terra;e i Nasa, e gli U’wa…

L’acqua in Colombia è spiritualità, magia e naturalmente vita. E’ uno dei Paesi con maggiori riserve idriche al mondo. E per questo che è classificato come uno dei territori più appetibili per le holding finanziarie legate allo sfruttamento delle risorse. “La Colombia dispone di una delle maggiori varietà di ecosistemi al mondo, oltre a risorse naturali quali una vasta gamma di coltivazioni, riserve energetiche (carbone, petrolio, oro, platino, smeraldi), risorse ittiche e legname”, si legge anche sul sito che la Farnesina dedica ai Mercati Esteri, nella sezione “dove investire”.

Di fatto in Colombia metà della popolazione – circa 25 milioni su 44 – non può accedere ad acqua potabile. L’acqua è sottratta all’utilizzo delle comunità più povere per le privatizzazioni dei sistemi idrici, per accaparramento da parte delle imprese estrattive, per l’agroindustria che necessità enormi quantità d’acqua per le coltivazioni intensive.COLOMBIA_U'WA 643

Le  conseguenze sanitarie, alimentari, economiche, sono drammatiche. Le politiche energetiche degli ultimi due presidenti della repubblica – Alvaro Uribe e l’attuale Manuel Santos, già ministro del governo Uribe – hanno aumentato straordinariamente il divario fra ricchi e poveri. La cosiddetta “locomotora minera”, l’economia estrattivista che ha dato in concessione il 45% dei terreni più fertili alle multinazionali minerarie e fossili, ha creato un bacino di sfollamenti forzati che conta fra i 7 e i 10 milioni di persone, cacciate con la violenza dai propri territori e privati dell’identità collettiva.

L’appoggio agli acquedotti comunitari che Yaku insieme ad altre realtà colombiane sostiene da circa 5 anni, s’inserisce nel percorso che la Comision Intereclesial Justicia y Paz  – organizzazione per i diritti umani attiva da quasi 30 anni in Colombia – sviluppa per soccorrere, sostenere, reintegrare, gli sfollati interni del Paese. Questo tipo di collaborazione ha nome di “Acqua, Giustizia e Pace”, e parte dal concetto che attorno all’acqua si possa riorganizzare la vita comunitaria, ricostruirne l’identità, sviluppare virtuosamente meccanismi di autogestione e partecipazione. Questa rete conta una trentina di acquedotti fra il Sud Ovest del Paese e la regione del Meta, dove la mano paramilitare ha sfollato contadinvisita acquedotto suce (23)i, indigeni, afrodiscendenti. Gli acquedotti comunitari a livello nazionale rappresentano una realtà che dà da bere a circa 4 milioni di persone. Hanno statuti che i oppongono allo smantellamento del pubblico, difendono il patrimonio di pratiche comunitarie ed ancestrali, si ispirano a principi solidaristici anche nel calcolo delle tariffe; nei settori rurali servono fino al 40% della popolazione, in quelli urbani fino al 20%. Sono entità complesse e costituiscono di fatto il settore sociale della gestione pubblica dell’acqua in Colombia. Possono essere imprese comunitarie, familiari o rionali, con legittimità sociale e forme di organizzazione e livelli di formalizzazione diverse per le loro competenze settoriali e territoriali; sono associati alla cura delle fonti d’acqua, dei boschi, a progetti educativi (il progetto di cui sopra è connesso infatti al sostegno delle scuole indigene e comunitarie presenti sui territori), alla valorizzazione del ruolo della donna. Noi stessi abbiamo incontrato tante donne con storie di violenza, di abbandono o semplicemente di solitudine, che  – scese in campo contro l’accaparramento di acqua e terra da parte di società straniere e di attori armati – hanno trovato negli acquedotti comunitari un ruolo politico riconosciuto dalla propria comunità: molte studiano, imparano, si realizzano, nella gestione di quell’acqua che per prime hanno difeso in nome dei figli, della necessità di cibo, in nome della vita stessa.

francesca caprini *www.yaku.eu