Oggi Agitu non c’è più. Non c’è più la nostra amica, la nostra compagna che tante volte aveva mescolato i suoi cammini di lotta con i nostri. Ma la donna combattente c’è ancora, perché la sentiamo dentro.
Già molte parole sono state dette, scritte. E non è facile tirare fuori pensieri quando il dolore li annebbia.
Ma di una cosa siamo certi: c’è un motivo per cui Agitu la forte, la generosa, è arrivata fino a qui; c’è un senso profondo nella sua vita rinata in una delle nostre valli dure, la Valle dei Mocheni severa, incantata.
E quel motivo non lo lasciamo volare via, lo teniamo stretto fra le dita, perché è nostro dovere.
Ognuno porterà un pezzo, in questa triste storia, e quello che ci compete ha a che fare con l’immensa guerra che gli esseri umani hanno scatenato contro la madre terra: Agitu denunciava l’accaparramento delle terre da parte di multinazionali nella sua Africa e la siccità che costringeva le donne a faticare sempre di più. Denunciava gli aguzzini del suo popolo – le banche, i governi conniventi e corrotti . E intanto faceva fiorire la Capra Felice in Trentino. Cercava la concretezza nel progetto di recupero delle terre e nella costruzione di una società globale più giusta, ed è questa l’integrazione che voleva, che ragionava.
E gridava: “Nessuno parla delle condizioni che stanno sopportando le tribù in Etiopia: i contadini sono ridotti alla fame e non hanno più terre da coltivare”. E ancora: “Le donne rimaste sole, hanno dovuto mandare avanti intere comunità lavorando nei campi fino a 12 ore al giorno. Campi dove non c’è più una goccia d’acqua per la siccità tremenda che l’Africa sta soffrendo, e per i disequilibri ambientali che megaprogetti e fertilizzanti chimici stanno causando alla terra”.
Attorno a lei si creava comunità. La stessa di cui oggi noi facciamo parte, che cerca di trovare un centro, un nucleo, attorno a cui organizzarsi. Per calmierare lo stordimento della violenza, dell’atrocità, che è stata anche contro il suo essere donna.
Perché è stato femminicidio.
Ed è anche questo che dobbiamo prenderci sulle spalle.
L’OltrEconomia festival l’aveva sempre nel suo spazio, Agitu. Veniva col banchetto a vendere i formaggi; più spesso, saliva sul palco per raccontare delle lotte femministe necessarie.
Il femminismo lei lo camminava, ogni giorno, assieme alle sue capre in mezzo ad una vallata difficile. E lo condivideva, la costruiva insieme a noi, ogni volta che sorrideva.
In mezzo al flusso di retorica stucchevole che si sta sciogliendo attorno alla sua morte – dal quale nemmeno i peggiori vogliono rimanere fuori – cerchiamo di trovare i passi giusti. I prossimi giorni, i prossimi mesi, saranno importanti per questo.
In queste ore hanno ti chiamata visionaria, Agitu, e in questo cercheremo di stare: in quella visione ampia che teneva insieme il tuo essere pastora, il tuo essere attivista, il tuo essere così tanto e anche, per fortuna, il tuo essere nostra amica.