Acqua Diritto Umano in Europa

il: 1 Marzo 2014

Lunedì 17 Febbraio si sono svolti a Bruxelles due importanti incontri fra istituzioni europee e promotori dell’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) sul diritto umano all’acqua e ai servizi igienico-sanitari: in mattinata la nostra delegazione è stata ascoltata dalla Commissione europea e nel pomeriggio abbiamo avuto un’audizione pubblica al Parlamento Europeo. 

Nelle delegazione che ha incontrato la Commissione – circa 20 persone di tutta Europa, in rappresentanza dei principali soggetti promotori a partire da EPSU – eravamo presenti per l’Italia Corrado Oddi ed io (Rosa Pavanelli, per quanto italiana, rappresentava Public Service International, di cui è la nuova Presidente).

La delegazione della Commissione Europea, molto corposa, era guidata dal vicepresidente della Commissione Europea Šefčovič (commissario alle relazioni interistituzionali) ed erano presenti ben 12 direttori generali, con relativi collaboratori. Insomma, si farebbe prima a dire quale direzione generale non era rappresentata alla riunione e comunque le principali c’erano tutte: la DG mercato interno e servizi, la DG ambiente, la DG commercio, la DG  sviluppo e cooperazione, la DG occupazione e affari sociali, la DG giustizia, la DG salute e via di questo passo. Questo perchè le “richieste” contenute nella nostra ICE investono diversi settori e competenze, ma anche, inutile negarlo, perchè la Commissione non ha affatto sottovalutato l’importanza della nostra iniziativa (come peraltro il passo indietro del Commissario Barnier sulla direttiva Concessioni ci aveva già segnalato a giugno).

Che la Commissione abbia preso seriamente l’ICE lo ha dimostrato l’estrema attenzione con cui siamo stati ascoltati: forse troppo abituati allo “stile italiano” – via vai di funzionari e politici in sala, disattenzione generale, gente che legge il giornale, che chiacchiera amabilmente etc – siamo rimasti molto stupiti del fatto che in 3 ore e mezza non sia volata una mosca in sala, non sia squillato un cellulare, nessuno abbia lasciato la stanza neanche per un minuto nè abbia scambiato una parola con il vicino e che la discussione sia stata seguita da tutti secondo per secondo. Altra notazione: tutti avevano letto e studiato con precisione la nostra ICE e le nostre richieste, tanto che i loro interventi sono stati molto precisi e documentati, anche quelli “critici”, tendenti a sottolineare i punti deboli della nostra proposta.

 La discussione si è svolta secondo questa struttura: introduzione e saluti del vicepresidente della Commissione Europea cui sono seguite un’ introduzione generale all’ ICE e tre specifiche introduzioni alle 3 principali richieste ivi contenute. Dopo ogni nostro intervento seguivano le domande da parte della Commissione e le nostre repliche. Trattandosi di un’audizione eravamo ovviamente noi a dover parlare, illustrando le nostre proposte e spiegando cosa ci attendevamo da loro. La Commissione non si è espressa – dovrà darci una prima risposta ufficiale il 20 marzo – ma da alcune domande e considerazioni che ci hanno rivolto è possibile in parte evincere l’atteggiamento che terranno, cosa su ci tornerò dopo.

Per quanto riguarda l’introduzione di Šefčovič, direi che è stata trionfale: giornata storica per l’Unione Europea, siete la prima ICE (sulle 22 registrate) che è riuscita ad arrivare sul tavolo della Commissione superando tutte le oggettive difficoltà di un simile percorso, incredibile il modo in cui siete riusciti a raccogliere un simile numero di firme in così tanti paesi UE. Attraverso l’ICE è possibile democratizzare l’unione e avere la partecipazione dei cittadini alla definizione delle politiche europee: insomma, si tratta di un salto decisivo nella storia dell’integrazione, finalmente abbiamo la democrazia transnazionale dal basso (e altre considerazioni di questo tenore).

Noi abbiamo ribattuto che tutto questo lo vedremo solo quando le nostre richieste saranno effettivamente accolte e il diritto umano all’acqua davvero riconosciuto a tutti, impedendo ogni forma di liberalizzazione e impedendo l’applicazione delle regole del mercato al settore dei servizi idrici e igienico-sanitari.

 Le nostre introduzioni sono state molto articolate e sono entrate nei particolari delle diverse richieste contenute nell’ICE (come le nostre repliche). Non sto ovviamente qui a riportare tutta la discussione per filo e per segno, trattandosi di molte questioni peraltro a voi note. I nodi principali ovviamente erano i tre che ben sapete: primo, obbligare le istituzioni europee e gli stati membri ad assicurare effettivamente a tutti gli abitanti il diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico sanitari, riconoscendo questo diritto tanto formalmente quanto nelle concrete politiche adottate dall’UE e dagli stati membri; secondo, la gestione dei servizi idrici non deve essere soggetta alle regole del mercato interno e deve essere esclusa dai processi di liberalizzazione; terzo, l’Unione Europea deve adoperarsi affinchè il diritto all’acqua e ai servizi igienico sanitari sia un diritto globale, facendo della promozione del diritto all’accesso universale all’acqua potabile ai servizi sanitari una parte fondamentale delle politiche europee di sviluppo e cooperazione. Assieme anche all a promozione dei parteriati pubblico-pubblico. Tutto questo significa anche esclusione dei servizi idrici da tutti i negoziati internazionali di libero commercio (TTIP, CETA etc).

 

Le domande della Commissione sono state numerose; alcune, per la verità, sono state allo stesso tempo dei brevissimi “interventi”, dai quali credo si possano dedurre alcuni elelementi utili. Primo, nessuno si è posto in esplicita posizione di attacco nei nostri confronti, anzi, il tono era mellifluo. Il senso generale dei loro interventi si muoveva attorno a questo leit motiv: voi chiedete quello che c’è già nelle attuali norme e direttive, l’acqua “di fatto” è già un diritto umano nella UE, nella direttiva quadro acqua (WFD 2000/60) è detto esplicitamente che l’acqua non è una merce, il commissario Barnier lo ha ripetuto anche recentemente in occasione della discussione sulla direttiva concessioni ecc (esprimendo con ciò la posizione di tutta la Commissione).

E poi: la Commissione non si sogna neppure lontanamente di imporre la liberalizzazione dei servizi idrici; nè l’acqua nè i servizi idrici (come tutti gli altri servizi fondamentali) sono oggetto degli accordi di libero commercio (non lo sarà assolutamente nel TTIP etc). Insomma, siamo d’accordo su tutto, lo facciamo già, le attuali norme e direttive sono perfettamente in armonia con le vostre richieste e così via. Questa linea dell’ “immobilismo” tattico potrebbe portare la Commissione a darci il 20 marzo una risposta molto generica, in cui, a parole, si dice con noi e vicina alle nostre istanze, senza dover elaborare nessuna direttiva ad hoc nè integrare le attuali norme nel senso da noi richiesto.

 Le nostre risposte le potete immaginare, le accenno per sommi capi: abbiamo ribadito come l’acqua oggi non sia affatto un diritto umano nell’UE, molti abitanti (specialmente i più poveri) non hanno accesso ad acqua potabile e servizi igienico sanitari e in più stanno aumentando i casi di distacco da parte delle aziende privatizzate per coloro che non possono pagare. Abbiamo fatto notare come la Troika (e quindi la Commissione stessa) stia imponendo la liberalizzazione dei servizi idrici, come dimostra il caso lampante del memorandum in Grecia.

Abbiamo dunque ribadito che noi vogliamo che siano riconosciute nero su bianco le nostre richieste, a partire dal diritto all’acqua in termini di accesso realmente universale ai servizi (che significa anche rendere impossibili i distacchi, stanziare fondi ad hoc per garantire copertura davvero universale del servizio etc), non applicazione regole mercato interno, sottrazione acqua da ogni tentativo presente e futuro di liberalizzazione. Abbiamo ribadito che queste richieste devono tradursi in una nuova iniziativa legislativa o in precise integrazioni alle norme attuali.

Ovviamente la Commissione ha cercato (intelligentemente, dal loro punto di vista) di spingerci verso un terreno “scivoloso”, ossia di portare la discussione sul terreno esplicito della privatizzazione, per poter chiudere lì e dire semplicemente “la questione non rientra nelle nostre competenze, su questo dovete fare iniziative nazionali perchè la competenza è degli stati membri, non nostra”. Un punto sul quale – sia in Commissione, sia poi al Parlamento Europeo – hanno cercato di trascinarci più volte, in modo da poter mettere la cosa nel cassetto (come sapete nell’unione vige formalmente il principio di neutralità rispetto alla proprietà pubblica o privata del gestore del servizio idrico, come noi stessi abbiamo più volte ribadito nel corso della campagna referendaria a chi ripeteva, in cattiva fede, “la privatizzazione ce la impone l’Europa”). Noi abbiamo altrettanto intelligentemente insistito sulle tre nostre richeste, perfettamente in linea con le competenze UE, dato che il non-imporre nè liberalizzazione nè regole del mercato interno al settore, e il non escludere nessuno dall’accesso all’acqua sono richieste che non esulano affatto dalle competenze UE. (Per inciso, è probabile che il 20 marzo ci risponderanno che sì, di certo non imporranno mai la liberalizzazione a nessuno stato membro ma che, quando un paese abbia deciso di privatizzare il servizio idrico, allora dovranno essere applicate le regole del mercato interno etc etc).

Naturalmente per inciso abbiamo sottolineato, anche al parlamento Europeo, che i cittadini ogni volta che hanno potuto esprimersi (referendum italiano, Berlino e Madrid) hanno detto un chiaro e schiacciante no alle privatizzazioni dei servizi idrici.

Alla fine delle 3 ore e mezza direi comunque che il messaggio è arrivato molto chiaro e per la Commissione sarà quantomeno imbarazzante perseguire la strategia che forse avevano in mente all’inizio, ossia limitarsi a far uscire una dichiarazione generica di condivisione dei principi, senza alcuna ricaduta successiva sul piano legislativo (perdipiù, dopo aver posto così tanta enfasi sull’ apertura storica alla partecipazione dei cittadini nella definizione delle priorità della Commissione e delle politiche europee…).

Infine, qualche parola sull’audizione pomeridiana al Parlamento Europeo, per quanto abbia meno valore dal punto di vista pratico (anche se ha ovviamente grande valore dal punto di vista simbolico). La sala era stracolma: circa 400 persone fra attivisti dell’acqua, europarlamentari, membri e funzionari della Commissione (quasi tutti i presenti alla riunione mattutina sono tornati nel pomeriggio, a partire dal vicepresidente della Commissione). Nota di “vergogna” assoluta: nessun europarlamentare italiano era in sala (con l’eccezione del silente Carlo Casini, ahimè mio conterraneo).

Per il dibattito pomeridiano era attesa molta più “polemica” rispetto alla mattina, dato che erano previsti gli interventi di europarlamentari di tutti i gruppi politici (compresi quelli a favore delle liberalizzazioni, delle privatizzazioni, dell’austerità e delle peggiori nefandezze del tempo presente). Così effettivamente è stato, dato che ai parlamentari che supportavano l’ICE si sono alternati parlamentari neoliberisti, anche se fortemente impreparati (e che portavano argomenti molto meno raffinati e appropriati di quelli sollevati nella mattina per metterci “in difficoltà”). Si è trattato più di uno show che di una discussione nel merito, che però ha dato modo di illustrare nuovamente i contenuti dell’ICE. Anche la discussione pomeridiana è stata articolata in 3 sessioni corrispondenti alle tre domande principali e ha introdotto e presieduto un eurodeputato tedesco (fortemente a favore dell’ICE, che aveva peraltro firmato), pure con toni elogiativi rispetto all’impresa “storica”, che apre una nuova pagina nella UE etc.

Il principale argomento contro di noi è stato quello per cui l’intenzione recondita della nostra ICE è quella di spingere la Commissione ad invadere le competenze degli stati membri obbligandola a fare quel che non può fare (ossia imporre la gestione pubblica e bandire in tutta Europa la privatizzazione), d’altra parte “l’importante è il controllo pubblico”, come ha ripetuto un’ eurodepuata francese nota per essere al soldo di Suez. Noi siamo stati bravi nel ribadire le tre domande fondamentali perfettamente legittime e in linea con le competenze UE e nel ribadire che oggi l’unica invasione di campo illegittima è quella di direzione contraria, ossia quella esercitata dalla Commissione sui paesi più colpiti dalla crisi, là dove viene imposta la “liberalizzazione” dei servizi idrici dall’alto. Questo ha aiutato a far capire anche ai più duri di comprendonio cosa significa in concreto la nostra richiesta di bandire esplicitamente ogni liberalizzazione del settore attraverso iniziative della Commissione.

Due note finali, non positive. Il penultimo intervento – quasi conclusivo – è stato fatto da uno dei funzionari più importanti della Commissione, presente anche la mattina, ossia il direttore generale del “mercato interno e servizi” (i famosi funzionari “che restano” e danno la linea). Se dovessi tradurre il senso recondito di una parte del suo ragionamento, rivolto alla Commissione, direi più o meno questo: siete una Commissione sostanzialmente dimissionaria, fra breve sarete sostituiti, non azzardatevi a fare nulla, tanto le direttive ci sono già e più o meno prevedono quanto loro ci chiedono. Può darsi che sia stata una mia percezione ma a me è suonato così.

L’ultimo intervento è stato persino peggiore: il vicepresidente Šefčovič, che la mattina era stato neutro e per certi versi trionfale e lodativo, ha deciso (con poca intelligenza tattica, quantomeno) di “rispondere” ai molteplici attacchi ricevuti nel corso dell’audizione rispetto alle disastrose politiche di austerità adottate in questi anni, con conseguenti massacri sociali. Ha quindi concluso con una terribile e maldestra  “difesa d’ufficio” delle politiche della Commissione, dell’austerità e dei suoi benefici effetti sulla Grecia. Rispetto all’ICE sull’acqua ha tenuto a sottolineare la laboriosità dell’impegno che attende la Commissione, dato che le nostre richieste toccano vari campi e quindi ben 12 direzioni generali dovranno lavorare assieme per produrre una risposta alle nostre domande, risposta che giungerà entro il 20 marzo.

 Al di là di quello che ci risponderà la Commissione a fine mese, la nostra ICE ha effettivamente un’innegabile “portata storica”. Ha portato nel cuore dell’Europa dell’austerità il principio non negoziabile della centalità dei diritti di tutti, e l’esigenza del popolo europeo di sottrarre l’acqua – paradigma dei beni comuni – alla sfera del mercato. Si tratta, non dimentichiamolo, della prima ICE a giungere sul tavolo della Commissione e il contributo del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua è stato determinante: mi pare il miglior modo per augurare a tutt* una buona Assemblea Nazionale.

Tommaso Fattori – Forum Italiano Movimenti per l’Acqua

Leggi anche l’articolo di Corrado Oddi sul Manifesto