QUALE TRANSIZIONE, QUALE PACE?

il: 18 Marzo 2022

Mercoledì 23 marzo alle ore 18:00 al LEA – Laboratoria Ecologista Autogestita – Berta Caceres, la nuova occupazione dei movimenti nel cuore della Caffarella, un appello e invito alle realtà sociali ed ecologiste romane verso il Climate Strike del 25 Marzo a Roma.

Il comunicato:

-Crediamo sia importante costruire un momento pubblico di questo tipo a due giorni dal climate strike e dal corteo GKN per confrontarci e costruire insieme un intervento che sia capace di includere più visioni e posizioni, senza ridurle né appiattirle sotto la bandiera della pace e del nostro comune amore per la Terra e, nonostante tutto, per l’umanità.-Attraversiamo queste piazze come Rete Ecosistemica Romana, con i nostri corpi e le nostre parole, perché vogliamo portare qui le nostre domande, delusioni e rivendicazioni, che suoneranno più dure di quelle dei “giovani del clima”.Così i politici che ci governano amano chiamare le nostre compagne e compagni in lotta per il futuro di tutti. Politici che millantano saggezza e competenza che comprano da consulenti privati ben avvezzi ai meccanismi della finanza speculativa. Politici in maggioranza bianchi, CIS e privilegiati che sono influenzati – quando non direttamente manovrati – da altri soggetti senza coraggio ma pieni di potere che difendono, a dir loro, la stabilità, il PIL e i posti di lavoro.La nostra presenza è variegata, le istanze delle molte anime e realtà che compongono la Rete sono molteplici e le nostre pratiche vanno dal transfemminismo all’antispecismo. Abbiamo una consapevolezza condivisa e vorremmo che fosse palese anche in questo contesto: non c’è un capitalismo giusto così come non esistono guerre per riportare la pace. La giustizia sociale e climatica che rivendichiamo mette in crisi e in discussione il capitalismo, il liberismo economico e il profitto accumulato attraverso la privatizzazione delle risorse naturali e dei beni comuni. La giustizia sociale e climatica che rivendichiamo pretende un cambio di paradigma che riteniamo inderogabile.Non crediamo a questa transizione ecologica, che maschera malamente gli interessi delle lobbies industriali con una manovra di mistificazione politica senza precedenti. Critichiamo l’uso del Recovery Fund per un “Green New Deal” che riempie le tasche delle solite imprese che da sempre sono in prima linea nella speculazione finanziaria, nella cementificazione e nello sviluppo tecnologico che di verde ha solo l’etichetta. Critichiamo le detrazioni e gli incentivi per l’efficientamento energetico, un’occasione dilapidata in nuove caldaie a gas, infissi e facciate riverniciate di vita breve. Risorse che potrebbero sostenere massivamente azioni a lungo termine più decisive per l’autoproduzione e autoconsumo di energia, per il recupero di aree da destinare all’edilizia popolare, per l’adozione di sistemi low-tech ad alta efficienza e per i sistemi di edilizia passiva (zero consumi) e attiva (produce più energia di quel che consuma).Milioni di euro che oggi sono deviati verso l’autonomia energetica fossile, verso il ritorno al carbone a all’armamento militare.Vediamo con chiarezza come ogni decisione è presa in nome dello sviluppo (quello economico e di pochi) e non in nome del bene comune. Ci opponiamo alla visione sviluppista, estrattivista, consumista e patriarcale del vostro sistema e veniamo con un’alternativa che siamo pronte a conquistare e difendere con i nostri corpi.La Laboratoria Ecologista Transfemminista “Berta Caceres” è la concretizzazione di un sogno nato durante il Climate Camp per il G20 a Roma, confluito nella Rete Ecosistemica Romana.Il nostro obiettivo non è una Transizione, ma una Rivoluzione Rigenerativa che supporti l’economia di sussistenza, l’unica davvero in grado di attivare le economie circolari, la solidarietà tra persone e comunità e la salvaguardia dei territori e degli ecosistemi, sia umani che animali e ambientali dalle metropoli alle campagne. Vogliamo incentivi all’autoproduzione e all’autoconsumo di cibo, energia e per il diritto alla casa, persino all’autocostruzione, purché affrontate come dimensioni collettive e non piegate all’egoismo, alla privatizzazione, al profitto.Siamo da sempre e resteremo antifasciste, anticapitaliste, transfemministe e intersezionali. Siamo dalla parte delle categorie che questo sistema malato e distruttivo considera improduttive, non allineate, inefficienti. Siamo dalla parte delle popolazioni che vivono e muoiono nelle zone di conflitto: in Ucraina, in Siria, in Rojava, in Honduras, ovunque nel mondo e nelle nostre città. Viviamo accanto a loro nei margini e nelle pieghe che questo sistema vuole eliminare e cancellare per far avanzare nuovi muri e recinzioni. Viviamo per elaborare insieme a loro le strategie per affrontare i conflitti e trasformarli in nuove forme di collaborazione. Per prepararci al declino inevitabile del capitalismo, immaginando e praticando nuove forme di democrazia e partecipazione. Siamo in ascolto e agiamo con cura e responsabilità, ci addentriamo nei territori indigeni delle comunità, sia vicine che lontane, per apprendere il significato della cura e del mutuo supporto.