INSORGIAMO. Tutte e tutti a Firenze il 26 marzo

il: 21 Marzo 2022

FIRENZE 26 MARZO MANIFESTAZIONE NAZIONALE

FIRENZE 26 MARZO

MANIFESTAZIONE NAZIONALE

ORE 14:30 PIAZZA VITTORIO VENETO – LATO PARCO CASCINE

25-26 marzo: per questo, per altro, per tutto. Insorgere con Gkn in una giornata di volontà collettiva

Il 26 marzo a Firenze – in collegamento con lo sciopero globale del clima del 25 marzo – il Collettivo di Fabbrica Gkn e il Gruppo di Supporto Insorgiamo lanciano una nuova data di insorgenza. E’ una scadenza di lotta “per noi”, perché la vertenza Gkn è tutt’altro che conclusa, la reindustrializzazione è tutta solo sulla carta. E sarà in ogni caso un processo lungo, dagli esiti incerti e verificabili solo nel tempo.

Abbiamo ottenuto finora solo una vittoria parziale, che va resa irreversibile e generalizzata. E tutt’oggi rischiamo di essere dentro un nuovo calcolo. Non ci hanno sconfitto i licenziamenti in tronco, ora rischiamo il logoramento da ammortizzatore sociale, incertezza e attesa. Un cassaintegrato dentro una fabbrica ferma è potenzialmente solo un licenziato alla moviola.

Per portare a termine la nostra lotta dobbiamo continuare a cambiare i rapporti di forza nel paese. E se cambiano, cambiano a favore di tutti e tutte. Per questo sarà anche una scadenza di lotta “con noi”, “per i vostri problemi”, perché Gkn deve aprire un precedente virtuoso. Non c’è fabbrica salva in un paese che non lo è. Nessuno si salva da solo.

Vogliamo sconfiggere tutte le delocalizzazioni, rimettere al centro la questione salariale, il carovita e bollette, la riduzione d’orario a parità di salario, l’abolizione del precariato, rivendicare un polo pubblico per la mobilità sostenibile. E rimettere al centro la condizione di lavoratori e lavoratrici incontrate in questi mesi, che siano del settore pubblico o privato, di quello industriale o scolastico, di trasporti, sanità, spettacolo, informazione, fissi, precari, in appalto, autonomi, migranti.

Ed è una giornata in cui convergono lotta contro la guerra, ambientale, sociale, transfemminista, per i diritti civili, di chi ha disabilità, delle reti di economia solidale e mutualistica e quelle di solidarietà internazionale. Perché abbiamo imparato che tutto si tiene, tutto si influenza. Solo in questa convergenza, solo appiccicati, tiene botta e si forma quella classe dirigente dal basso che può rilanciare il paese. Questa convergenza è chiamata a farsi maggioranza sociale e classe dirigente.

Il 26 marzo vuole essere una data radicale, in grado di andare alla radice dei processi, e fuori dall’emergenza.

A settembre ci siamo mobilitati con forza ma per un’urgenza imposta dai licenziamenti dichiarati da un fondo finanziario. Eppure quei licenziamenti non erano nati in un giorno solo; erano il risultato di processi decennali di arretramento dei diritti, di crisi sistemica e di finanziarizzazione dell’economia. E quei processi non sono di certo spariti, semmai peggiorati. Non bisogna sentire solo il rumore dell’albero che cade ma cogliere il suono del sottobosco che cresce.

Noi vi chiamiamo di nuovo in piazza, al di là dell’emergenza di mobilitarsi solo quando scade il contratto, l’appalto, si annunciano licenziamenti, delocalizzazioni, zone rosse e guerre. Fuori dallo stato emergenziale, per andare alla radice dei processi che lo causano. Per smettere di avere una agenda imposta da altri e costruirne una imposta dalla nostra volontà. Per questo, per altro, per tutto, #insorgiamo.

per approfondire leggi:

Convergenza delle lotte per l’alternativa di società

di Monica Di Sisto

Non c’è pace nella crisi permanente. E se la crisi è indotta da un modello di sviluppo estrattivo, polarizzato tra capitalismi di stato e capitalismi liberali di mercato, in un pianeta con risorse limitate e in esaurimento, la guerra permanente, ibrida o classica, sarà assicurata.

La tre giorni della Società della Cura, a Roma dal 25 al 27 febbraio scorsi, si è dedicata a cucire narrazioni e pratiche di movimenti e associazioni, a livello nazionale, verso una primavera ancora più sfidante per le scelte di governi e imprese a livello globale.

La constatazione di abitare un mondo polarizzato e in guerra ha piegato il programma, e ha spostato in piazza una delle cinque sessioni di discussione, quella sulla situazione internazionale, per consentire di partecipare al primo dei presidi per la pace e il cessate il fuoco dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Dopo due anni di pandemia non è stato semplice, anche mentalmente, affrontare l’idea che ci si dovesse dare la priorità di fare i conti con uno strumento di sintesi geopolitica così primitivo come una guerra. Ma anche con una modalità vecchia, violenta, a suo modo rassegnata e impotente di viverla come la narrativa bellicista, l’invio di armi, e le false contrapposizioni tra patrioti e presunti disertori, sempre servite a accelerare le velleità imperialiste del capitalismo fossile.

La domanda che le partecipanti e i partecipanti alla tre giorni si sono posti, affrontando i temi della crisi climatica, del lavoro e della nuova economia utile per affrontarla, di una nuova interpretazione della democrazia nel segno della partecipazione e della redistribuzione, a partire dai territori, e di come leggere e assicurare la promozione di diritti sociali universali, ha attraversato letture, visioni e pratiche molto diverse, per capire come costruire l’opposizione sociale avviando una nuova stagione di mobilitazioni.

La guerra, con ancora maggiore evidenza della pandemia e del riscaldamento del pianeta, ha dimostrato l’insostenibilità della dipendenza di un Paese come il nostro da poche imprese – e Paesi – nell’approvvigionamento energetico da fonti prevalentemente fossili. Una vecchia battaglia di movimenti vecchi, come quello antinuclearista, e nuovissimi, come Fridays for future e Extinction rebellion, rimasta irrisolta da parte di governi nazionali e europei. E che oggi ci presenta il conto con bollette salatissime.

Le governance nazionale e europea che fanno? Piegano gli strumenti di misurazione della transizione ecologica alla loro incapacità di cambiare, inserendo nucleare e gas tra le energie della transizione, e, sotto la spinta di nuove economie di guerra, ci incamminano dritti nel passato riaccendendo centrali a carbone, nucleari e diversificando i dittatori-fornitori del solito vecchio gas. Dragando ancora più risorse pubbliche verso queste politiche insostenibili e coprendone i costi alle aziende, ma non a lavoratrici e lavoratori, che nel frattempo perdono il posto a centinaia per l’insostenibilità di un contesto instabile come quello cui ci siamo condannati.

Lo stesso Pnrr accresce il debito pubblico, catapultando nei territori molti progetti rimasti nel cassetto di amministrazioni pubbliche e private perché ingiustificabili e inutili per i loro abitanti. Il tutto, oggi, con il ricatto ancora più stringente dell’economia di guerra. E imponendo modifiche legislative profonde, come il decreto concorrenza, che, a valle di una pandemia affrontata sulle fragili gambe dei servizi pubblici fiaccati da vent’anni di austerity, definisce il mercato come via prioritaria per l’affidamento di gestione dei servizi pubblici locali. Obbligando gli enti locali che vorranno gestirli in proprio a giustificare il perché della propria scelta davanti all’Antitrust, che valuterà la legittimità della decisione presa.

Le realtà che hanno dato vita alla Società della Cura – oltre 450 tra comitati, sindacati, associazioni – lo hanno fatto credendo che, a fronte di questi vicoli ciechi, ci fosse la necessità di una convergenza delle lotte per porre la sfida al livello più alto: l’alternativa di società. La scelta è quella di praticare insieme il conflitto culturale e sociale che ci si presenta: lo abbiamo fatto manifestando insieme per la pace, lo vogliamo fare ancora insieme il 25 e 26 marzo, partecipando allo sciopero per il clima indetto in tutte le città del mondo dai Fridays for future per poi ritrovarci il giorno dopo a Firenze per insorgere, insieme ai lavoratori della Gkn. Consapevoli, come loro, che non si possa salvare una sola fabbrica in un Paese che non è ‘salvo’, dove scuola, sanità, diritti sono in grave sofferenza.

Ma manifestare non basterà: ogni progetto, cantiere, decreto, dovrà diventare la nostra palestra democratica, uno spazio dove insieme si ragiona, ci si mobilita, si qualifica – quando possibile – l’intervento o ci si oppone. Una classe dirigente diffusa, potenzialmente globale, al servizio di una fase drammatica, che deve trovare forza e idee per piegare e cambiare questa nuova “normalità” traumatica cui vorrebbero condannarci.

https://www.sinistrasindacale.it/index.php/periodico-sinistra-sindacale/numero-05-2022/2304-convergenza-delle-lotte-per-l-alternativa-di-societa-di-monica-di-sisto?fbclid=IwAR2lJFMj2jRliUS4deU40_BbeRojQiGV-a6MdhjwgMCxKq5DvkNAUy6RUS4