Donne, acqua, terra e energia non sono merci! Contro la violenza estrattivista patriarcale le donne si organizzano

il: 15 Maggio 2023

“Non con i territori in cui le donne versano lacrime di dolore e di paura. Non con territori in cui le donne abbassano lo sguardo perché sono state umiliate al punto da perdere la brillantezza degli occhi. La lotta che conduciamo come popoli indigeni non potrà avanzare finché continueremo a essere violate in mille e uno modi”.

Dichiarazione, Donne indigene CRIC

Oggi, 25 novembre 2022, Giornata per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, vogliamo commemorare la lotta delle donne che difendono le loro vite, le loro comunità e i loro territori dalla violenza esercitata dal modello estrattivista patriarcale, nonché richiamare l’urgenza di riconoscere gli impatti differenziati che questo modello ha su di loro e la necessità di rafforzare la loro partecipazione politica affinché siano ascoltate le loro richieste e i loro punti di vista su una società basata su giustizia ambientale, sociale e di genere. Ciò richiede di amplificare la riflessione sulle nozioni di violenza contro le donne, dando maggiore visibilità alla violenza ambientale e territoriale, riconoscendo da una prospettiva intersezionale le diverse esperienze delle donne come indigene, contadine, afrodiscendenti, abitanti delle città, ragazze, anziane, trans e/o lesbiche nei loro territori.

Il modello estrattivista patriarcale imposto attraverso i mega progetti minerari ed energetici, le centrali idroelettriche, l’agrobusiness, tra le altre forme di sfruttamento della natura, è responsabile di molteplici forme di violenza. L’espropriazione, l’inquinamento ambientale, il degrado e la distruzione dei territori, la deforestazione e la perdita di biodiversità colpiscono l’umanità e gli ecosistemi, con impatti specifici sulle donne. Come parte della strategia del modello estrattivista di appropriazione dei beni comuni, dei corpi e dei modi di vita delle donne, il lavoro di riproduzione della vita, storicamente svolto dalle donne, è stato reso invisibile e sottovalutato. 

Le faccende domestiche, come la produzione di cibo per il sostentamento delle famiglie e delle comunità, stanno diventando sempre più dispendiose nei territori in cui i suoli e le acque sono stati degradati dall’estrattivismo, il che implica un sovraccarico di lavoro per le donne. Allo stesso modo, poiché la maggior parte di loro si occupa della gestione dell’acqua in famiglia, sono direttamente esposte all’acqua contaminata e sono più a rischio di soffrire di molteplici malattie. A sua volta, l’aumento delle malattie e il deterioramento delle condizioni di salute delle comunità che vivono in aree con inquinamento ambientale sovraccarica le donne nel loro ruolo storico di caregiver, causando loro maggiore stanchezza e danni fisici ed emotivi. L’invisibilità di questi compiti e del loro impatto è stata la chiave per l’appropriazione di questi lavori di cura da parte del capitale, che li ha utilizzati per sostenere il modello produttivo-estrattivista ancorato nei territori.  Questa ignoranza non è solo un segno dell’ingiustizia di un modello insostenibile, ma anche una delle chiavi per rendere efficace questa appropriazione.

La sovrapposizione di questa violenza è esacerbata dalla violenza politica contro le donne, alle quali vengono negati gli spazi di partecipazione, riducendo il loro ruolo al lavoro domestico e di cura. Questa situazione rafforza gli stereotipi di genere e la tradizionale divisione tra sfera privata e pubblica, dove invece di rivendicare la centralità del lavoro di cura per la vita e insistere sulla sua equa distribuzione, alle donne vengono assegnati compiti domestici e privati come unico spazio possibile per loro, riducendo il loro margine di partecipazione alla sfera pubblica. Confinandole in queste mansioni, sempre più faticose a causa degli impatti dell’estrattivismo, vengono private dell’accesso a informazioni rilevanti sul destino dei loro territori e delle loro vite, e la voce e il processo decisionale si concentrano nelle mani di figure maschili. Questa violazione del loro diritto alla partecipazione politica avviene in molteplici modi ed è esercitata da molteplici attori mascolinizzati, esacerbando il legame tra estrattivismo e patriarcato. 

L’indebolimento della voce e della visione delle donne mina la loro autonomia e impedisce che le decisioni prese sui territori incorporino le conoscenze che hanno acquisito nel loro ruolo di curatrici, ostacolando una pianificazione territoriale che metta al centro la riproduzione della vita e la riparazione dei loro diritti violati. In questo modo, le politiche e le procedure ambientali pubbliche mancano di una prospettiva di genere, ignorando i rischi differenziali a cui le donne sono esposte nello sviluppo di progetti estrattivisti e dando la priorità al profitto rispetto ai beni comuni. Allo stesso tempo, le donne che denunciano gli impatti delle attività estrattive o che cercano spazi di leadership per difendere le loro comunità e i loro territori sono spesso individuate e stigmatizzate, anche dai membri delle loro stesse comunità, intensificando la violenza. 

Nonostante l’intensificarsi di questa violenza, le donne e le loro organizzazioni hanno messo in campo una serie di resistenze, proposte e alternative a questo modello politico ed economico di morte. In particolare, vediamo che le organizzazioni femminili stanno mettendo al centro la discussione sulla cura della vita, una concetto che implica una difesa dei territori basata sul riconoscimento dell’interdipendenza, cioè di come influiamo e ci relazioniamo con gli altri, umani e non umani. Questo riconoscimento le invita a riflettere sulle relazioni all’interno delle organizzazioni sociali e sulle loro strutture patriarcali, motivo per cui uno degli obiettivi delle loro agende è trasformare queste modalità di relazione negli spazi organizzativi, esaltando il posto dell’affettività nella costruzione delle collettività.

Questo stesso senso di interdipendenza e corresponsabilità le porta, in molti casi, a mettere in discussione le dinamiche di corruzione e i patti patriarcali in cui le imprese estrattive negoziano con i leader delle comunità maschili per la vendita delle terre. La socializzazione delle donne a ruoli di cura le incoraggia ad anteporre il benessere delle loro famiglie al profitto o agli interessi privati. Ciò è dimostrato anche dalle loro lotte contro i molteplici impatti sulla salute dei progetti estrattivi, riattivando allo stesso tempo le loro conoscenze per curare e riparare i loro corpi, mantenendo la cura dei beni comuni. 

In questo modo, grazie alla promozione dei legami tra le donne, tramite spazi di formazione, azioni giudiziarie e comunicative, denunce, advocacy con i decisori, processi comunitari di gestione dell’acqua, riconoscimento territoriale, salvaguardia delle sementi autoctone, lavori agricoli e produttivi tradizionali, proposte di cura collettiva ed esaltazione dei beni comuni, questi incontri promuovono una resistenza quotidiana al modello estrattivo, costruendo e proponendo alternative al sistema egemonico. 

La possibilità di riconoscere e rafforzare la loro autonomia e influenza richiede la ridistribuzione del lavoro di cura, per ampliare le possibilità di partecipazione delle donne, rivalutando al contempo il lavoro essenziale per il sostentamento della vita. Noi di Censat Agua Viva sosteniamo che è urgente riconoscere l’impegno delle donne nella difesa dei loro territori, l’impatto differenziato che in questi contesti si esercita sui loro corpi e le alternative che hanno costruito nella loro vita quotidiana. 

Le donne continueranno a dichiarare: le donne, l’acqua, la terra e l’energia non sono merce! La lotta per l’ambiente deve andare di pari passo con la lotta contro la violenza sulle donne, così come il confronto con la violenza nei contesti estrattivi e il degrado ambientale.

Link all’articolo originale: https://censat.org/mujeres-agua-tierra-y-energia-no-somos-mercancia-contra-la-violencia-patriarcal-extractivista-las-mujeres-se-organizan/