10 maggio 2021
“Se un popolo protesta e scende in piazza in piena pandemia è perchè il suo governo è più pericoloso del virus”.
di Marco Consolo –
Il 6 dicembre 1928 la Colombia si svegliò macchiata del sangue dei lavoratori delle piantagioni di banane. Lo sciopero andava avanti da quasi un mese e l’esercito intervenne a difesa degli interessi della United Fruit Company degli Stati Uniti (oggi Chiquita), provocando un massacro che ha dato origine al romanzo “Cento anni di Solitudine” di Gabriel García Márquez.
Oggi, le notizie e le immagini che ci arrivano dalla Colombia sono altrettanto drammatiche.
Dal 28 aprile, migliaia di colombiane-i sono scese-i in strada ininterrottamente per protestare contro le politiche della destra al governo. I principali protagonisti sono i giovani, insieme ad altre espressioni del movimento sindacale, settori civici, popolari, dei popoli originari, contadini e democratici che non resistono più all’arroganza del governo di Iván Duque e dell’uribismo.
Le ultime mobilitazioni sono iniziate con la presentazione da parte del governo di una riforma fiscale che colpiva milioni di famiglie impoverite da decenni di politiche neoliberali, e in assoluta precarietà come conseguenza della crisi sociale ed economica aggravata dalla pandemia. Di certo, la riforma era un pugno nell’occhio e ha provocato un immenso rifiuto e indignazione. Ma è stato solo il fattore scatenante, la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Quella che era iniziata come una protesta contro la riforma fiscale, si è trasformata in una rivolta popolare contro il governo.
Ecco perché le manifestazioni continuano, nonostante il governo sia stato costretto a ritirarla, promettendo modifiche. La mobilitazione di piazza ha obbligato alle dimissioni anche il potente Ministro delle Finanze, Alberto Carrasquilla, e non crede più alla parola del governo, non solo su questa riforma.
La Colombia è tra i 5 Paesi più diseguali del pianeta ed il secondo dell’America Latina, la regione più diseguale del mondo. La violenza è stato lo strumento privilegiato dell’accumulazione capitalista primaria, con le brutali politiche dell’oligarchia conservatrice e troglodita, che non ha mai sopportato neanche l’ombra dei temi sociali. Su 50 milioni di abitanti, il Paese ha 21 milioni di persone che vivono in povertà (il 42,5% della popolazione), e 7,47 milioni in povertà estrema. L’enorme debito sociale è ancor più marcato in campagna, con milioni di contadini poveri, in un Paese ricchissimo di petrolio, gas, carbone, smeraldi, oro…
Una disuguaglianza così marcata e prolungata spiega perché la Colombia è stata impantanata in una guerra civile che infuria a intermittenza sin dall’assassinio del caudillo liberale Jorge Eliécer Gaitán e dalla successiva devastazione della capitale nel 1948, conosciuta come “bogotazo”. Quell’omicidio oligarchico fu uno spartiacque della politica colombiana ed il popolo colombiano ha dovuto pagare un altissimo prezzo di sangue a causa dell’intolleranza dell’oligarchia. Il liberalismo, per salvare la vita, dovette rifugiarsi in montagna e preparare la propria difesa armata. Da allora, oligarchia e governo hanno sistematicamente fatto ricorso a misure inaccettabili, come la creazione di milizie paramilitari responsabili di crimini contro l’umanità; l’applicazione massiccia della tortura e l’esecuzione di “falsi positivi”; lo sfollamento forzato di milioni di colombiani per consegnare le loro terre ai latifondisti; da ultimo, il mancato rispetto degli accordi di pace con l’assassinio metodico di dirigenti sociali ed ex-combattenti delle FACR-EP (271 dalla firma degli accordi di pace). Nei pochi mesi del 2021 sono stati assassinati 60 dirigenti sociali, per un totale di 1179 omicidi dalla firma degli accordi di pace del 2016.
Alla base delle enormi mobilitazioni, c’è quindi la povertà crescente tra l’immensa corruzione e lo sfregio del potere, gli omicidi continui dei leader sociali e dei popoli originari, dei difensori dei diritti umani e il saccheggio dell’ambiente. Ci sono le fumigazioni con il glifosato, i massacri, gli attacchi militari violenti contro popoli originari, contadini e braccianti quando si mobilitano per esigere il rispetto dei propri diritti. C’é la disperazione di una gioventù senza un presente e tanto meno un futuro. E l’indignazione crescente per lo spudorato sequestro del potere da parte di settori politici legati a doppio filo alle mafie del narcotraffico. E c’è anche il tradimento dell’accordo di pace tra il governo colombiano e la guerriglia delle FARC-EP, che includeva molte delle richieste dei manifestanti. Accordi che i governi colombiani non hanno mai rispettato.
Per contrastare la pandemia, il governo Duque ha destinato solo un ridicolo 2,8% del PIL, di cui quasi la metà non è in spesa, ma assicurazione al credito per le banche private. E come ciliegina sulla torta, in piena pandemia una parte delle risorse recuperate con la riforma tributaria era destinata all’acquisto di 24 aerei da combattimento.
Tutto questo è esploso con forza e può crescere ancora nei prossimi giorni.
In questo scenario il governo e le elite hanno preso la decisione di schiacciare la ribellione popolare con sangue e piombo. La polizia e l’esercito stanno reagendo con la consueta ed arbitraria violenza omicida contro i manifestanti: ad oggi almeno 40 persone sono state assassinate dalle “forze dell’ordine”, sono più di mille gli arresti e centinaia i feriti (diversi agli occhi). Ci sono più di 400 desaparecidos, mentre aumentano le denunce di torture e violenze sessuali.
Hanno bisogno di infondere paura, terrore, di disarticolare il movimento popolare. Abbondano i video dove la stessa polizia e gli squadroni della morte paramilitari realizzano azioni di saccheggio e caos per presentare i manifestanti come vandali e giustificarne la repressione. Come in Cile o in Ecuador, anche il governo colombiano accusa fantomatici agenti cubani o venezuelani di sobillare le proteste, che vedrebbero anche una presenza della guerriglia.
La verità è che lo spargimento di sangue è causato da una elite vorace e dai suoi guardiani. Il governo narco-paramilitare di Ivan Duque (e del suo mentore, l’ex-presidente narco-paramilitare Alvaro Uribe) ha portato la guerra nelle città colombiane contro il suo popolo, che vuole cambiamenti radicali.
La repressione del governo sperimenta una strategia di nuovi modelli di “guerra a bassa intensità” e di presa militare delle città, come se fossimo di fronte a una insurrezione. Applica così, la vecchia “Dottrina della Sicurezza Nazionale” made in Usa, contro i settori popolari percepiti come “nemico interno”.
Per rimanere al potere, governo e oligarchia hanno sponsorizzato il paramilitarismo e le mafie criminali trasformando il Paese nel primo produttore mondiale di cocaina, hanno collaborato con le mafie per infiltrarsi nelle istituzioni fino a contaminarle ampiamente con la cosiddetta “para-politica”; hanno aumentato enormemente le spese militari per trasformare la loro patria in un “Paese falco”, nel più fedele alleato degli Stati Uniti, compromettendone la sovranità con la segretissima presenza di assessori israeliani, l’installazione della Drug Enforcement Administration (DEA), di basi militari statunitensi e NATO, di cui la Colombia è “socio globale” dal 2018. Da anni, governo e oligarchia ospitano, addestrano e finanziano le aggressioni armate contro Paesi vicini, come nel caso della Repubblica Bolivariana del Venezuela, anche con le recenti provocazioni alla frontiera.
Sulla base dei dati del Registro Unico delle Vittime, degli oltre 9 milioni di vittime del conflitto armato in Colombia, 8.116.483 sono vittime dello spostamento forzato. “La metà di queste cifre (4.094.127) corrisponde a persone che hanno dovuto essere sfollate dai loro territori e comunità durante (e come conseguenza) della politica di sicurezza democratica (2002-2010)” di Uribe, di cui è nota la posizione contraria al processo di pace. Le cifre più moderate parlano di oltre 85mila desaparecidos, più del totale delle dittature in Cile, Uruguay, Brasile e Argentina.
Il coraggioso popolo colombiano lotta quindi contro le forze di un’oligarchia interna criminale, abituata all’uso illegittimo e massiccio della violenza e sostenuta dalle truppe di occupazione imperiali.
Ad aprile 2021, l’indice di disapprovazione dell’attuale governo era del 63,2%, ma la risposta criminale del governo alle proteste va oltre questa fase. L’oligarchia sa che questo malcontento è un pericolo crescente per i suoi interessi, anche elettorali, perchè questo grande movimento può sconfiggere i partiti del sistema nelle elezioni presidenziali, parlamentari e regionali del 2022. Insieme alla mobilitazione sociale, è nato un fronte elettorale unitario delle sinistre, legato alla lotta sociale. Mentre il candidato delle sinistre, Gustavo Petro, rimane alto nei sondaggi, l’Uribismo non è in grado di trovare un candidato, e somiglia sempre più a uno zombie politico, attaccato alla poltrona grazie alla violenza repressiva. Lo stesso Uribe ha diverse denunce per crimini contro l’umanità, così come un procedimento davanti alla Corte Penale Internazionale per 6.402 “falsi positivi” (omicidi di civili ingannati con la promessa di un lavoro e ammazzati facendoli passare per guerriglieri) commessi durante la sua amministrazione.
Nel frattempo, dalla resistenza e dalla lotta popolare in corso, emergono nuove espressioni e dirigenti democratici, specialmente giovani e donne. Ampiezza, unità, mobilitazione e organizzazione sono elementi vitali per avanzare, e per sconfiggere i tentativi di divisione, le provocazioni e i sabotaggi di vario genere promossi dalla Presidenza della Repubblica.
Il governo Duque deve dare risposte immediate alle richieste più urgenti delle mobilitazioni: salute, educazione, welfare, reddito universale di emergenza, riforma agraria, ecc.
Ci uniamo alla richiesta urgente di smantellamento dell’ Escuadrón Móvil Antidisturbios (ESMAD), vero e proprio squadrone della morte, così come alla riforma strutturale delle forze di polizia, che contano sulla complicità della Procura Generale, dell’Ufficio del Procuratore e dell’Ombudsman, vergognosamente piegati al servizio del governo e a favore dell’impunità.
Gli omicidi e le altre violazioni dei diritti umani verificatisi nel contesto dello sciopero nazionale non possono rimanere impuniti. Esigiamo la fine immediata della repressione, e tutte le misure per assicurare verità, giustizia e riparazione alle vittime.
Cosa aspetta la Unione Europea ed il governo italiano a sospendere l’”Accordo di libero commercio” tra UE e Colombia ? Il nostro parlamento è ancora in tempo a non ratificarlo.
Invece del silenzio complice, il governo italiano deve inoltre sospendere immediatamente tutti gli accordi militari e i contratti del settore difesa con il governo omicida di Duque.
Oggi bisogna fermare i massacri, non c’è tempo da perdere.