“Se un popolo protesta e scende in piazza in piena pandemia è perché il suo governo è più pericoloso del virus”.
Il gruppo di lavoro America Latina della “Rete In Difesa Di – per i diritti e per chi li difende”, esprimendo forte preoccupazione e sdegno per la brutale repressione in corso in Colombia da parte delle forze armate della polizia contro i cittadini in manifestazione, chiede l’immediata sospensione delle violenze e il ripristino del rispetto dei diritti civili ed umani.
Dal 28 aprile, quando si è scatenata la reazione ultraviolenta del Governo di Ivan Duque contro manifestanti pacifici scesi nelle piazze in protesta per la riforma tributaria, sono 37 i morti accertati (fonte: Amnesty International), ma per sindacati e la Ong Indepaz potrebbero essere almeno 10 di più; 89 i dispersi, centinaia di feriti, arresti arbitrari e 11 casi denunciati di violenza sessuale su donne manifestanti da parte di poliziotti.
Particolarmente preoccupante la situazione nella città di Cali, uno dei teatri più sanguinosi degli scontri, dove dal 6 maggio una minga indigena organizzata dalla Guardia Indigena del Cric – il Consiglio Regionale Indigeno del Cauca – ha raggiunto i manifestanti per dare sostegno e protezione alla popolazione locale, mentre una missione di valutazione di osservatori internazionali – organizzata dalla Commissione di Pace del Congresso, dalla Germania, Regno Unito e Unione Europea – ha constatato l’effettivo utilizzo sproporzionato delle forza da parte degli squadroni antisommossa della Polizia colombiana (ESMAD) contro la popolazione.
Le Nazioni Unite, l’Unione Europea, e i principali governi del mondo, hanno condannato la violenza della polizia contro cittadine e cittadini scesi in piazza in maniera pacifica in queste settimane.
In Italia, due interrogazioni – una a firma della deputata PD Laura Boldrini, l’altra di Quartapelle e Delrio – chiedono al Governo italiano di esprimersi in una ferma condanna della repressione e il rispetto del diritto di manifestare dei cittadini colombiani. Governo che ad oggi – quasi unico in Europa – rimane in un silenzio assordante di fronte alla catastrofe umanitaria colombiana.
Nei primi cinque mesi del 2021 sono stati assassinati 60 attiviste ed attivisti per i diritti umani e ambientali, sindacalisti, leader comunitari ed indigeni, ex guerriglieri. Cifra che, dalla firma degli accordi di pace del 2016, sale a circa 1179 omicidi mirati. Un genocidio politico di dimensioni gravissime, che s’innesta fra le pieghe di una società piagata da impoverimento, corruzione, narcomafie, paramilitarismi ed espropriazione di beni comuni e dell’ambiente da parte di multinazionali, favorite da trattati commerciali che anche l’Unione Europea appoggia e che potrebbe significativamente non ratificare.
Ci uniamo alla richiesta urgente di smantellamento dell’ Escuadrón Móvil Antidisturbios (ESMAD), i gruppi antisommossa della Polizia nazionale riconosciuti come responsabili di innumerevoli violazioni, stupri e omicidi.
Con la campagna #ItaliaParla per #SosColombia, chiediamo che l’Italia, con il Governo Draghi e la Farnesina, parli in appoggio al popolo colombiano e contro l’impunità e chieda la fine immediata della repressione delle proteste.
Noi tutte e tutti esprimiamo appoggio e solidarietà al coraggioso popolo colombiano.
Italia, 12 maggio 2021,
Le Associazioni facenti parte del Gruppo America Latina
della Rete In Difesa Di
Con
- ARCI
- Centro Ricerca ed Elaborazione per la Democrazia – CRED/GIGI
- Cultura è Libertà
- Giuristi Democratici
- ISCOS CISL
- Survival International
- Un Ponte Per