Neoestrattivismo e violenza di Stato: difendere i difensori in America Latina

il: 22 Giugno 2021

di Aldo Orellana Lopez

“A La Guajira stiamo resistendo per non consegnare neanche un metro di terra in pù”, ha spiegato Samuel Arregocés, membro del Consejo Comunitario de Negros Ancestrales de Tabaco in Colombia. “Questo carbone è carbone di sangue, carbone di lacrime, carbone di necessità”, “Ecco perché stiamo resistendo contro il modello estrattivo1 imposto da questo paese”, afferma. La sua esperienza di vita ci mostra la realtà dell’estrattivismo in America Latina e la violenza che lo accompagna.

Nell’agosto 2001, 400 famiglie della comunità di Tabaco furono sgomberate con la forza per far posto allo sfruttamento del carbone della più grande miniera di carbone a cielo aperto dell’America Latina, El Cerrejón, attualmente di proprietà dei giganti Anglo American, BH e Glencore. Prima dello sgombero, la comunità fu vittima di un taglio dei servizi, le loro case furono bruciate, il cimitero distrutto e la loro libera circolazionefu vietata. Le case delle famiglie furono distrutte con veicoli pesanti scortati dalla polizia colombiana.

L’estrazione del carbone a La Guajira ha riubicato più di 25 comunità indigene Wayúu e afro-discendenti e ha prosciugato e deviato più di 20 corsi d’acqua. Le organizzazioni subiscono anche continue minacce per la difesa del loro territorio. “Noi che abbiamo guidato queste lotte siamo stati oggetto di molestie. Siamo stati persino perseguitati da persone sconosciute “, afferma Samuel.

L’America Latina è considerata il “luogo più pericoloso per i difensori del territorio”. I dati di Global Witness indicano che nel 2019, 148 dei 212 omicidi di difensori della terra e dell’ambiente nel mondo sono avvenuti in America Latina. Questi omicidi e altri tipi di minacce e intimidazioni si sono verificati in contesti di conflitti minerari, di estrazione petrolifera e principalmente nell’ambiente dell’attività agricola.

Ciò che accade con El Cerrejón e le comunità ne La Guajira è un esempio di ciò che Eduardo Gudynas ha descritto come Extrahecciones2, riferendosi alla “appropriazione delle risorse naturali” in modo violento, attraverso la violazione dei diritti umani e della natura. “Ci sono molti esempi in cui l’estrazione ha portato a queste violazioni, come il danno alla salute dovuto alla contaminazione, lo spostamento forzato delle comunità e altri, fino ad arrivare all’omicidio dei leaders”, dice Gudynas.

All’inizio del 21° secolo, i prezzi elevati delle materie prime a livello internazionale incentivarono l’aumento delle attività estrattive destinate all’esportazione. Questo cosiddetto “super ciclo” ha generato una maggiore pressione sui territori e sulle comunità. Aumentarono le resistenze soprattutto da parte dei movimenti indigeni e contadini, ma anche quelle nell città da parte delle organizzazioni della società civile. I livelli di conflitto aumentarono in tutta la regione, così come la repressione da parte delle forze dello Stato, nonché la criminalizzazione della protesta e l’assassinio di leaders ambientali e sociali. Maristella Svampa ha definito questo periodo come l’era del “neoextrattivismo”.3
 

L’era del Neoestrattivismo

Il “neoestrattivismo” è un modello di accumulazione basato sull’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali e che implica l’allargamento delle “frontiere dell’estrattivismo” verso nuovi territori. Questo periodo è caratterizzato da quello che Svampa ha definito il “consenso delle Commodities” 4, un “nuovo ordine economico e politico” sostenuto dal “boom” dei prezzi delle materie prime e dall’aumento della domanda globale delle risorse.

L’evoluzione dei prezzi delle materie prime è stata costante durante i primi anni del nuovo millennio. Il petrolio nel 2008 arrivò a circa 150 dollari al barile, poi la crisi finanziaria fece sì che scendesse sotto i 40 dollari. A partire dal 2009, il prezzo tornò a recuperare di nuovo fino a superare la barriera dei 100 dollari. Dal 2014 il prezzo è sceso ben al di sotto dei 100 dollari, fino al suo clamoroso crollo durante la pandemia del Covid-19. Analoga performance hanno avuto i minerali, mantenendo in questo periodo prezzi elevati.

Questo fenomeno è stato ben accolto da tutti i Paesi dell’America Latina, che hanno visto nell’estrazione e nell’esportazione delle risorse naturali, come una nuova “opportunità” di sviluppo.

Gran parte dei frutti di questo periodo è stato utilizzato per aumentare la spesa pubblica per ridurre i livelli di povertà. Nonostante le differenze tra i paesi, a livello generale, le politiche redistributive e sociali hanno fatto sì che tra il 2002 e il 2011 l’America Latina abbia ridotto la povertà dal 44% al 31,4% e la povertà estrema dal 19,4% al 12,3%.

In questa nuova fase estrattiva, la Cina ha giocato un ruolo importante. La sua crescita come potenza l’ha resa un’importante acquirente di vari tipi di materie prime, principalmente minerali, idrocarburi, prodotti agroalimentari, ecc. La Cina ha relazioni commerciali praticamente con tutti i paesi della regione, dai governi conservatori d’impostazione neoliberista, fino ai governi progressisti della cosiddetta “marea rosa”. Più dell’80% di ciò che l’America Latina esporta in Cina sono prodotti primari o con scarso valore aggiunto, in cambio vengono importati manufatti di ogni genere.

Anche gli investimenti cinesi sono aumentati nella regione. Dal 2010 al 2015, gli investimenti diretti dalla Cina hanno superato i 64 miliardi di dollari. L’Osservatorio Latinoamericano per gli Investimenti: “gli investimenti diretti esteri cinesi sono costituiti dalle sue grandi imprese”, in aree legate ad attività estrattive, mega dighe, infrastrutture, ecc. Inoltre, la Cina è diventata un’importante fonte di indebitamento per i paesi della regione, risorse destinate principalmente a promuovere progetti estrattivi.

La variazione dei prezzi internazionali e la crescita dell’economia cinese è andata condizionando i bilanci dei governi della regione. Intorno al 2010 si è cominciato a dare impulso a più progetti relazionati principalmente alla mega-estrazione mineraria, allo sfruttamento di idrocarburi convenzionali e non convenzionali, all’espansione dell’agrobusiness e alla costruzione di mega dighe. Inoltre, è stata promossa la costruzione di infrastrutture legate all’estrattivismo, come ad esempio strade per la facilitazione dell’export. Il calo dei prezzi delle materie prime del 2013 e 2014, non ha fatto altro che esacerbare l’intensificazione ed espansione dell’estrazione di risorse, al fine di compensare questa riduzione dei prezzi. Di conseguenza, ci sono stati più conflitti socio-ambientali e repressione violenta verso le comunità nelle zone di estrazione.

Secondo i dati dell’Osservatorio sui conflitti ambientali, nel 2010 si verificarono 120 conflitti minerari che coinvolsero 150 comunità della regione. Nel febbraio 2014 il numero dei conflitti salì a 198, con 297 comunità colpite e 207 progetti coinvolti. Nel gennaio 2017 si registrarono 217 conflitti, che coinvolsero 227 progetti e 331 comunità. I paesi con il maggior numero di conflitti sono Perù, Messico, Cile, Argentina, Brasile, Colombia ed Ecuador.

Anche i dati riguardanti gli omicidi dei leaders ambientalisti in questo periodo furono allarmanti. Global Witness afferma che tra il 2002 e il 2013 si registrarono 908 omicidi in tutto il mondo, di cui 760 in America Latina. Durante il 2016, più della metà dei 200 omicidi di attivisti si verificarono in questa regione. L’ultimo rapporto di questa organizzazione indica che 148 dei 212 omicidi di difensori della terra e dell’ambiente in tutto il mondo sono avvenuti in America Latina.

Questo periodo di “riprimarizzazione dell’economia” nella regione, ha esacerbato le “dinamiche di privazione e di esproprio di terre, risorse e territori”, considerati “aree di sacrificio” per il progresso. Questo processo risponde a un modello che si va riproducendo dal periodo coloniale, epoca in cui la regione svolgeva il ruolo di fornitore di materie prime al mondo. Nell’attualità, ogni paese, a seconda della sua specialità, estrae ed esporta una gran varietà di materie prime. E proprio come avveniva nelle colonie, questa estrazione avviene in modo violento e distruggendo i territori. Gli operatori di questo estrattivismo capitalista sono principalmente società transnazionali, in società con l’apparato statale, che svolge un ruolo di sicurezza e facilitazione di condizioni economiche proiettate all’apertura degli investimenti esteri a questo tipo di attività.

Dottrina economica e di sicurezza, privatizzazione della forza pubblica, ruolo dello Stato nell’era della globalizzazione transnazionale

Nell’era del neoestrattivismo, uno dei ruoli principali dello Stato, in quanto agente che detiene il monopolio dell’uso della forza pubblica, è quello di garantire la sicurezza del capitale transnazionale impegnato in operazioni estrattive.

Negli ultimi decenni, diversi governi della regione hanno creato e rafforzato nuove unità di polizia progettate per controllare le manifestazioni e intervenire nei conflitti socio-ambientali. Una di queste forze è l’ Escuadrón Móvil Antidisturbios (ESMAD), una unità di polizia creata nel 1999, incaricata di “controllare disordini, folle, blocchi, assistenza agli sgomberi di spazi pubblici o privati, che si verifichino in aree urbane o rurali del territorio nazionale”.

Questa unità è diventata famosa per la brutalità con cui opera, soprattutto contro le comunità indigene e contadine che resistono allo sgombero delle loro terre per lasciare il posto allo sfruttamento minerario e petrolifero e alla costruzione di mega dighe. I loro interventi si svolgono nel quadro di conflitti socio-ambientali. Il 25% dei conflitti registrati in Colombia tra il 2001 e il 2011 avevano a che fare con il petrolio, l’oro e il carbone.

L’ESMAD è stata incaricata di sgomberare la comunità Tabaco di Samuel Arregocés nel 2001. Anche molte altre comunità che si oppongono ai progetti estrattivi hanno subito attacchi dall’ESMAD. È una “forza di polizia segnata da 20 anni di gravi violazioni dei diritti umani”, afferma il Collettivo degli avvocati José Alvear Restrepo (CAJAR). “34 persone hanno perso la vita per mano dell’ESMAD nell’ambito delle proteste sociali”, “sistematicamente le sue vittime sono sottoposte a torture, trattamenti crudeli, disumani e degradanti”. “A questa sistematica violazione dei diritti umani si aggiunge l’impunità sistematica che lo copre. Non esiste neanche una sentenza di condanna per gli omicidi e le torture attuate”.

Un rapporto dell’ONG Temblores afferma che l’ESMAD contava 1.352 dipendenti nel 2006, cifra che è salita a 3.328 nel 2018. Il suo budget è di circa 13 milioni di pesos colombiani, circa 3,5 milioni di dollari. Il CAJAR afferma che lo stato colombiano ha stanziato tra il 2001 e il 2018 la somma di circa 23 milioni di dollari per il suo funzionamento.

Si tratta di un caso che illustra il modo in cui la forza pubblica “opera di propria iniziativa” in situazioni di conflitto ed è funzionale all’estrattivismo. Tuttavia, la blindatura delle operazioni estrattive e delle società transnazionali che le gestiscono va oltre. In Perù, ad esempio, l’organizzazione Earth Rights International (ERI) segnala che la legge “autorizza la Polizia Nazionale a stipulare accordi con società private affinché gli agenti di polizia possano fornire i loro servizi come agenti di sicurezza privati nelle strutture e nelle aree di influenza di progetti estrattivi, in cambio di un corrispettivo economico”. Secondo questa organizzazione, fino al 2019 sono stati firmati 138 contratti tra il 1995 e il 2018. Di questi, 109 sono stati firmati prima del 2017. Fino al 2019, risultavano in vigore ancora 29 di questi contratti.

Giganti transnazionali come Anglo American, BHP, Glencore, Southern o Newmont, sono proprietari delle società in attività che negli ultimi anni hanno firmato accordi con la polizia. Le aziende forniscono supporto logistico alla polizia, servizi di base, apparecchiature di comunicazione, alimentazione, veicoli, internet, cancelleria e varie altre voci. Secondo l’ERI, tra il 2010 e il 2018 la Polizia ha incassato più di 12 milioni e 200 mila dollari in servizi di sicurezza.

La maggior parte degli interventi della polizia avviene in contesti di conflitto, cosa molto comune in Perù. Secondo la Defensoría del Pueblo del Perú, a dicembre 2020, si sono registrati 197 conflitti, di cui 129 (65%) erano conflitti socio-ambientali.

L’ERI afferma che in Perù c’è una “privatizzazione delle funzioni di polizia”, una “strumentalizzazione dei contratti, come strategia dello Stato per garantire il normale sviluppo delle attività estrattive, nel quadro della sua politica estrattiva”. Ciò ha comportato in Perù un aumento dei conflitti e delle violazioni dei diritti umani e delle comunità.

Questa dottrina securitaria risponde a una dottrina economica e a un’agenda di apertura agli investimenti e alla flessibilizzazione delle normative ambientali che viene dagli anni ’90 e che si è rafforzata nell’era del ‘commodities consensus’. Si tratta di una tendenza regionale, dove paesi come Perù e Colombia rappresentano casi emblematici.

Due decenni fa, in Colombia è stata attuata la cosiddetta politica di “sicurezza democratica” e della “fiducia degli investitori”, che consiste nell’apertura economica e nel rafforzamento della sicurezza degli investimenti stranieri. In questa logica sono nati nel Paese i cosiddetti “battaglioni minerari, energetici e stradali”, integrati dalle forze armate colombiane. Il loro compito è proteggere da qualsiasi attacco le attività estrattive, le infrastrutture e le importanti vie di comunicazione. Per fare ciò, intere aree vengono militarizzate e le aree sensibili vengono pattugliate, anche se le imprese hanno facoltà di assumere servizi di sicurezza dai battaglioni.

Nel 2014 è venuta alla luce l’esistenza di accordi di sicurezza tra le società estrattive e i battaglioni minerari energetici. Il governo colombiano ha giustificato questa pratica con l’esistenza del conflitto armato interno. Investigazioni da parte dell’organizzazione colombiana Tierra Digna, confermano che fino al 2015 esistevano almeno 21 Batallones Especiales Energéticos y Viales in Colombia e che tra il 2010 e il 2013 sono stati firmati 103 contratti, in base ai quali le compagnie hanno consegnato per i battaglioni la somma di circa 12 miliardi di dollari allo Stato.

L’obiettivo finale è “rafforzare le forze armate su tutto il territorio nazionale, oltre ad espandere il settore minerario-energetico per farlo diventare il più rappresentativo dell’economia”. Si tratta di “una politica di sicurezza per l’estrattivismo”, afferma l’organizzazione colombiana Tierra Digna.

Indubbiamente, tutta questa impalcatura legale economica è possibile attraverso la cooptzione corporativa dello Stato, un meccanismo attraverso il quale le imprese transnazionali esercitano un’influenza per attuare normative che le avvantaggiano in diversi settori, dalla flessibilità delle normative ambientali, alle leggi sulla sicurezza. “Legislazione per l’espropriazione”, afferma il professor Miller Dussán, dell’Associazione delle Persone Danneggiate dalla Mega Diga di Quimbo (ASOQUIMBO) in Colombia.

È anche possibile collocare questo quadro politico, economico e giuridico in quella che William Robinson ha chiamato la “fase transnazionale del capitalismo mondiale”, caratterizzata dall’emergere di un “capitale veramente transnazionale” e dall’integrazione dei paesi nel “sistema globalizzato di produzione e finanza” e ai “circuiti globali di accumulazione”. In questa fase sorge lo “Stato transnazionale”, uno stato incaricato di generare le condizioni per l’accumulazione globalizzata, promuovere quadri normativi legali che facilitano l’accumulazione, finanziare le infrastrutture di cui ha bisogno il capitale transnazionale e diventare uno strumento di coercizione e controllo.

Nell’era del capitale transazionale, esiste un potere sovranazionale che esercita un potere “de facto” sulla sovranità statale. Si tratta di una struttura normativa globale basata su un’ampia rete di accordi di libero scambio e di protezione degli investimenti, che di fatto governa e regola il commercio e l’economia globale. È la “Lex Mercatoria”, che sta plasmando un nuovo ordinamento economico e giuridico a livello globale a favore del capitale transnazionale.

L’approfondimento di questa fase del capitalismo mondiale ha portato con sé un nuovo ciclo di espansione estensiva e intensiva del capitale transnazionale, che cerca di penetrare in spazi e territori che prima rimanevano fuori dalla zona di accumulazione. Questa nuova “ondata di espropriazione” si è tradotta in una maggiore attività estrattiva, che produce resistenze dai territori e una maggiore conflittualità, repressione e violenza da parte dello Stato transnazionale. Questo è ciò che Robinson chiama “accumulazione militarizzata” o “accumulazione da repressione”.

(1. Continua)

Traduzione a cura di Giorgio Tinelli


NOTE:

1 Eduardo Gudynas definisce “Estrattivismo” come “un particolare tipo di estrazione di risorse naturali, in grande volume o ad alta intensità, di cui il 50% o più, è destinato all’esportazione, come materie prime senza lavorazione o con lavorazioni minime. Comprende sia le fasi di sfruttamento, sia le precedenti di esplorazione, scoperta, ecc., sia le fasi successive, come la chiusura e l’abbandono dei siti di appropriazione». https://www.researchgate.net/publication/281748932_Extracciones_Extractivismo_y_Extrahecciones_Un_marco_conceptual_sobre_la_apropiacion_de_recursos_naturales
2 Secondo Eduardo Gudynas: “Per identificare queste particolari situazioni si propone un nuovo termine: “extraher”, e il suo derivato “extraection”. Questa parola trae origine dalla parola latina “extrahere”, dove “ex” significa fuori, e “trahere” si riferisce al togliere e trascinare verso se stessi. Pertanto, extraher è qui presentato per riferirsi all’atto di prendere o togliere con violenza o dove le risorse naturali sono “sradicate”, sia dalle comunità che dalla Natura. https://www.researchgate.net/publication/281748932_Extracciones_Extractivismo_y_Extrahecciones_Un_marco_conceptual_sobre_la_apropiacion_de_recursos_naturales
3 Nel suo lavoro Maristella Svampa afferma: “Il neoestrattivismo evolutivo contempla attività tradizionalmente considerate tali (estrazione e sfruttamento di idrocarburi) e quelle legate al nuovo sistema agroalimentare, come l’agrobusiness o la produzione di biocarburanti. Comprende anche quei progetti infrastrutturali” https://nuso.org/articulo/consenso-de-los-commodities-y-lenguajes-de-valoracion-en-america-latina/
4 Nel suo lavoro Maristella Svampa descrive le Commodities come: “”prodotti indifferenziati i cui prezzi sono fissati a livello internazionale”, o come “prodotti di fabbricazione, disponibilità e domanda globali, che hanno una fascia di prezzo internazionale e non richiedono tecnologie avanzate per la loro fabbricazione e perseguimento” . Entrambe le definizioni vanno dalle materie prime sfuse ai prodotti semilavorati o industriali. Nel caso dell’America Latina, la domanda di materie prime è concentrata nei prodotti alimentari, come mais, soia e grano, oltre che in idrocarburi (gas e petrolio), metalli e minerali (rame, oro, argento, stagno, bauxite, zinco, tra gli altri) ”https://nuso.org/articulo/consenso-de-los-commodities-y-lenguajes-de-valoracion-en-america-latina/

https://ecor.network/articoli/neoestrattivismo-e-violenza-di-stato-difendere-i-difensori-in-america-latina/