Scritto il 25 Aprile 2024. Pubblicato in Noticias
Elizabeth Lòpez Canelas per Debates indìgenas
Uno dei principali debiti storici e sociali della Bolivia è legato all’impatto della tradizionale estrazione mineraria per la salute delle donne. Femminicidi, violenza fisica e psicologica, e contaminazione da mercurio sono le conseguenze più comuni. A sua volta, la mascolinizzazione delle comunità nelle nuove regioni minerarie, dovuta alla migrazione di lavoratori uomini, ha provocato l’aumento della tratta di persone, della prostituzione e dell’alcolismo in questi luoghi. Inoltre, nonostante la gravità del problema, non esistono studi sistematici sugli effetti dell’accumulazione di metalli pesanti nell’organismo per la salute.
Esiste un continuum patriarcale che i paesi del Sud globale hanno ereditato dall’epoca coloniale. E lo Stato Plurinazionale della Bolivia non fa eccezione. Questa eredità si manifesta nelle logiche estrattiviste imposte dalla visione delle politiche dello sviluppo degli Stati nazione.
Vista questa impostazione, i paesi latinoamericani puntano all’estrattivismo come unica possibilità per lo sviluppo.
Per le compagne del Colectivo Miradas Críticas del Territorio desde el Feminismo, l’attuale processo di espansione estrattiva porta con sé anche un processo di (ri)patriarcalizzazione dei territori. Questa dinamica riconfigura le relazioni di potere patriarcale, che si intersecano con il classismo e il colonialismo. Di conseguenza, le donne, in particolare le donne indigene, sono soggette alle dinamiche patriarcali in modo più aggressivo, soprattutto nei territori dove si trovano i siti estrattivi. Viene quindi sottolineata dalle compagne del collettivo l’importanza di evidenziare la necessità di prevedere un’analisi intersezionale per osservare le conseguenze dell’espansione estrattiva mineraria.
Questo continuum patriarcale si concretizza in tutti gli impatti ed effetti che derivano storicamente dall’incursione dell’estrazione mineraria, e che hanno ripercussioni per le comunità, il territorio e l’ambiente, e in modo differenziato anche per le donne.
Gli scarti della miniera attraversano la città di Huanuni. Foto: Elizabeth López Canelas
L’impatto della miniera sulle donne
Lo studio “Ámbitos de análisis e impactos de la minería en la vida de las mujeres: enfoque de derechos y perspectiva de género”, di Rosa Bermùdez, propone una classificazione degli impatti diretti della miniera sulla vita delle donne. Nonostante non si tratti di una classificazione esaustiva, le categorie raggruppano in modo semplice gli impatti storici e visibili dell’estrazione mineraria tradizionale in tutta l’America Latina:
1. Violenza di genere, violenza politica e violazione dei diritti umani
2. Espropriazione delle terre, insicurezza economica e alimentare, e la devalorizzazione del lavoro delle donne
3. Esclusione dello spazio di partecipazione sociale, la negazione dei diritti etnici e culturali delle donne;
4. Peggioramento delle condizioni di salute di donne e bambini
5. Disgregazione del tessuto sociale per la perdita di un contesto di protezione e sicurezza
Visto il carattere storico tradizionale dell’estrazione mineraria, come il caso della Bolivia, questi impatti sono stati naturalizzati nelle comunità che si trovano nella zona andina. Essendosi radicato l’immaginario di “regioni tradizionalmente minerarie”, esistono poche zone in cui si problematizza la presenza di questo tipo di impresa. I siti minerari tradizionali sono la dimostrazione chiara dell’abbandono statale e di una popolazione in costante ricerca di entrare nella miniera o ottenere qualche tipo di reddito economico che aiuti la loro magra economia.
Queste condizioni si possono riscontrare in diverse ricerche e documentazioni che rendono noti gli impatti della miniera per le donne indigene e contadine. Per esempio a Potosì, Oruro, La Paz e Cochabamba, la tradizionale attività mineraria registra debiti sociali e ambientali profondi: l’espropriazione delle terre, la contaminazione e perdita di fonti d’acqua e suolo, l’invisibilizzazione dei problemi di salute, l’impoverimento, la marginalizzazione delle donne e multiple forme di violenza istituzionalizzata.
I camion con i rifiuti minerari circolano senza alcun tipo di protezione. Foto: Elizabeth López Canelas
Tra violenza, tubercolosi e mercurio
In riferimento agli impatti differenti, un chiaro esempio è la miniera di Caracota, presso la comunità di Pokerani a Potosì, dove la Empresa Minera Unificada del Sur (EMUSA) è attiva dagli anni ’40. La compagnia ha espropriato terre e risorse naturali, trasformando la vita delle donne, sottoponendole a molteplici forme di violenza: economica, psicologica e fisica fino a lasciare impuniti casi di femminicidio. Tutto ciò rimane registrato nella memoria delle donne che continuano a cercare giustizia, e permette di impostare un modello machista e patriarcale dell’attività mineraria che si riproduce ancora oggi. L’estrazione mineraria è un’attività altamente contaminante. In modo “naturale” ha effetti in un numero indeterminato di persone che soffrono delle patologie classiche di questo lavoro, come la tubercolosi, la silicosi o una combinazione di entrambe. Inoltre, impatta sulla salute delle persone che abitano in territori circostanti: sono esposte a polveri tossiche, acque acide e gas dei macchinari utilizzati. Questo aspetto non solo mette in discussione le politiche legate alla salute nelle zone minerarie, ma anche l’invisibilizzazione intenzionale di coloro che sono stati indifferenti riguardo l’attività mineraria lungo la storia, finanziandone i costi reali.
In questi territori, è allarmante il fatto che si registri la presenza di metalli pesanti nei corpi di donne che non sono minatrici, ciò significa che sono diventate recettrici passive. Le popolazioni Uru Chipaya, le donne contadine che vivono vicino alla Fundición de Vinto a Oruro, le donne Wenayek e il popolo Leco nel nord dell’Amazzonia registrano la presenza di concentrazioni di mercurio molto più alte dei limiti considerati massini nei corpi delle donne, dei loro figli e figlie e nella stesso ambiente naturale. Ciò costituisce un grave crimine ambientale, equiparabile a un genocidio per la sistematica inazione dei governi in carica.
Nel caso del Nord dell’Amazzonia, studi realizzati in 36 comunità delle popolazioni Ese Ejjas, Tsimanes, Mosetenes, Leco, Uchopiamona e Tacana dimostrano che il 74.5% delle 302 persone analizzate presentavano livelli di mercurio che superavano il livello massimo stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS). In questo, la Defensorìa del Pueblo a Potosì sta accompagnando cittadine e cittadini di una popolazione vicina a Cerro Rico di Potosì per denunciare la presenza di piombo in uomini, donne, bambini e bambine di queste zone.
Tratta di donne e prostituzione
Questi casi dimostrano la visione coloniale, patriarcale e misogina dell’estrattivismo sui corpi delle donne indigene e campesine. Malgrado gli studi scientifici e le denunce, non sono state realizzate azioni per frenare l’espansione mineraria e ancor meno sono state prese misure per rimediare in tradizionali siti minerari, come il caso di Potosì.
Parallelamente, le zone di miniera non tradizionale, come il nord amazzonico di La Paz, pongono un altro problema che trasforma la struttura sociale: i nuovi insediamenti minerari provocano un’accelerazione della mascolinizzazione delle comunità, a causa della migrazione di grandi numeri di uomini, che fanno uso di alcol e richiedono servizi sessuali. La discussione di questa problematica è stato un tema ricorrente in Bolivia negli ultimi 10 anni, come anche in zone di estrazione mineraria del Perù e del Brasile.
C’è stato l’aumento della presenza dei bar e di centri legati al commercio sessuale relazionato anche alla prostituzione infantile e la tratta di donne. Inoltre, sono aumentate le malattie sessualmente trasmissibili e sono stati registrati maggiori livelli di violenza sessuale, fisica, psicologica ed economica nei confronti delle donne. Nonostante esista una grande quantità di resoconti e report giornalistici sulla tratta di persone e la prostituzione, non ci sono documenti sistematici che danno prova della gravità del tema.
Questa situazione, che è un effetto diretto dell’attività mineraria, non è riconosciuta come tale dagli uomini e ancora meno dalle autorità locali e nazionali. Di conseguenza, le donne delle comunità vivono una situazione di vulnerabilità permanente.
Gli scarti della miniera attraversano la città di Huanuni. Foto: Elizabeth López Canelas
Una matrice coloniale e patriarcale
Mentre le politiche di sviluppo sono estrattiviste e patriarcali, i governi che le promuovono si concentrano sul fornire cifre sull’importanza di parlare degli ingressi economici per la crescita del paese. Nel frattempo, l’impatto più significativo nel corso della storia è relativo alla usurpazione e contaminazione delle fonti d’acqua dolce. Senza dubbio, è quello che genera più impunità.
A sua volta, queste attività non considerano le esternalità provocate, cioè gli impatti secondari, i quali non sono attribuiti alla miniera. Contrariamente a quello che sostiene il governo e l’industria, le esternalità non sono solamente ambientali: includono anche il mutamento o la distruzione della composizione sociale delle comunità locali; l’aumento della violenza; la tratta e il traffico di donne per il commercio sessuale; la devalorizzazione del lavoro delle donne; e le malattie provocate per l’uso di materiali chimici. Questi effetti, di cui nessuno si fa carico, si traducono in una passività sociale che genera un debito storico, inesauribile e incommensurabile.
Le storie narrate danno voce ad un problema più grande, che è alla base stessa di uno stato estrattivista: la sua matrice coloniale e patriarcale. Questo concetto non è circoscritto alla esclusione e discriminazione delle donne, ma si rifà alla costruzione di gerarchie di potere plasmate in élite che controllano e beneficiano di meccanismi legali, economici, culturali, sociali e simbolici per sostenere il loro privilegio.
Nel caso della Bolivia, la élite mineraria si fonda nei privilegi coloniali e machisti che sono l’essenza della struttura dello Stato Plurinazionale. La dimostrazione più evidente dei privilegi dell’estrattivismo minerario si scorge anche nelle leggi che lo proteggono e garantiscono il suo investimento economico, le sue attività e l’impunità.
L’estrattivismo minerario continua a confermare la tesi per cui le donne e la natura sono soggetti di conquista, dominazione e usurpazione.
Come nell’epoca coloniale, sembra che il nostro ruolo sia essere soggetti passivi di queste politiche della morte. Ciononostante, da differenti luoghi, le donne assumono la difesa attiva dei nostri corpi e territori.
Articolo consultabile al link: https://www.iwgia.org/es/noticias/5498-mujeres-ante-el-legado-patriarcal-y-colonial-del-extractivismo-minero.html