In Colombia non si ferma la strage di attiviste: ammazzata una leader comunitaria a Mapiripan

il: 2 Aprile 2018

Le testimonianze dei residenti dicono che presunti componenti dei dissidenti delle FARC sono arrivati a casa della leader e le hanno sparato in testa davanti a tutta la sua famiglia. Il corpo senza vita di Maria Helena è stato trasportato alla città di Villavicencio. La donna faceva parte del programma per la sostituzione volontaria delle coltivazioni, risultato degli Accordi di Pace tra la fazione di guerriglia delle FARC e il governo colombiano. Maria Helena indagava sulle irregolarità dell’acquisizione delle terre in vigore. Nella stessa comunità, lo scorso 2 dicembre è stato assassinato il leader comunitario Arturo Mena. E nella stessa zona, Yaku un anno fa partecipava ad una missione umanitaria a Mapiripan nella zona di coltivazione intensiva di palma africana, accompagnando con PBI una famiglia sfollata dal paramilitarismo, potendo valutare l’altissima incidenza di violenza e impunità della zona. 

Il comunicato della  Coordinadora Nacional de Cultivadores de Coca, Amapola y Marihuana -Coccam

La Coordinadora Nacional de Cultivadores de Coca, Amapola y Marihuana -Coccam- è una piattaforma che coordina i contadini produttori di coltivazioni dichiarate illecite. La  lideresa María Magdalena Cruz coordinava il movimento in questa regione delle pianure orientali (Regione colombiana del Meta). Sicari incappucciati hanno compiuto una vera e propria esecuzione, ammazzandola di fronte a marito e figlio nella loro fattoria.I testimoni hanno detto alla stampa che da tempo Maria Magdalena denunciava di essere minacciata di morte “ma le autorità non hanno prestato alcuna attenzione al fatto”.

La situazione di attacchi, persecuzioni e assassinii a lieder sociali in Colombia sta di nuovo registrando una recrudescenza in questi primi mesi del 2018: secondo la  Defensoría del Pueblo in Colombia sono stati 282 líderes sociales e difensori dei diritti umani uccisi in due anni, ma è un dato sicuramente al ribasso, mentre almeno 500 vivono sotto minaccia.

Il programma Somos Defensores nell’annuale rapporto sulle aggressioni contro difensori di diritti umani in Colombia, avverte che la violenza contro gli attivisti ha mietuto almeno 106 persone nel 2017, fra cui 32 piccoli coltivatori che promuovevano la sostituzione di coltivazioni illecite.

La Coordinadora Nacional de Cultivadores de Coca, Amapola y Marihuana denuncia la totale assenza di garanzia da parte del governo per chi partecipa al programma  (Programa Nacional Integral de Sustitución de Cultivos de Uso Ilícito – PNIS): la previsione del Governo di incidere  – grazie anche all’appoggio danaroso degli Usa che con Trump hanno deciso di dedicare ben 390 milioni di dollari alla “lotta alla droga” –  sugli oltre 150.000 ettari di coltivazione di coca a meno di 50.000 (con 50.000 sradicati forzatamente dall’esercito ed altrettanti per sostituzione volontaria) ha ricevuto una forte battuta d’arresto: dei 183 municipi dove si concentrano i campi, il Governo ha incluso 32 municipi dove si concentra il 52% del totale delle areee coltivate, e dove il gruppo guerrigliero delle FARC avevano il maggiore controllo. 54.000 famiglie delle 180.000 coinvolte si sono unite al processo, ma non c’è alcuna garanzia per loro.

“Senza garanzia, nè sicurezza o controllo giuridico, le comunità non potranno uscire dal narcotraffico”, denuncia la Coccam. Una situazione che, come dimostra il triste omicidio di Magdalena, si accanisce particolarmente sulle donne coltivatrici di coca, particolarmente esposte in un contesto di povertà e violenza.

Di fronte alla delicata situazione della strage dei Human Rights Defenders in Colombia, la Commissione Interamericana dei Diritti Umani ha chiesto al governo di Juan Manuel Santos di agire con urgenza.